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Dido and Aeneas di Henry Purcell (dir. Richard Hickox)

Creato il 25 gennaio 2014 da Spaceoddity
Dido and Aeneas di Henry Purcell (dir. Richard Hickox)Dido and Aeneas (1688?) di Henry Purcell (Westminster, 1659 - Londra, 1695) è, forse, l'opera più breve del repertorio che goda ancora di una certa popolarità e, sicuramente, è un unicum nel panorama dei cartelloni barocchi delle grandi città (se si escludono festival e manifestazioni specialistiche). Nel catalogo del suo autore porta il numero 626 - come il Requiem di Mozart, per intenderci - a testimoniare un genio fertile e instancabile, ma credo che nessun altro titolo vanti la fortuna di questa piccola gemma. Il libretto dell'irlandese Nahum Tate condensa il quarto libro dell'Eneide virgiliana, dallo scoppio della passione di Didone fino alla morte della regina cartaginese, senza che l'eroe troiano possa far altro che obbedire prima alla freccia di Eros, poi agli ordini che Giove gli impartisce tramite Mercurio. Le battute sono dense ed evocative, si dà ampio spazio ai momenti corali e lo stile è di un'eleganza insolita perfino per Purcell.
Per le sue qualità, Dido and Aeneas di Purcell gode delle più diverse trasposizioni (anni fa, nelle gloriose estati palermitane del tempo che fu, ne vidi una stupenda per teatro di figura). L'edizione di cui parliamo qui è un film girato all'Hampton Court House, dove si pensa che sia stata rappresentata la prima volta come spettacolo di corte (la derivazione dal masque - una specie di intermezzo dei palazzi del potere - per noi italiani non è del tutto trasparente). Il regista Peter Maniura ha giocato le sue carte puntando sulle tinte calde del rosso, del mattone, del fuoco, quasi ad alludere che l'eroe troiano, nel fondare Roma, La Città, si sia lasciato dietro solo fiamme, uomini, donne e altre città che bruciano. E non c'è dubbio sul fatto che lo spettacolo è stato registrato per la sua componente visiva, più che per i suoi pur pregevoli meriti musicali.
Cominciamo, per esempio, dal protagonista maschile. Karl Daymond, basso, nel ruolo di Enea, si presenta con pubblicitario sex appeal, volentieri si scopre e si mostra come un attore nel pieno del suo successo tra i paparazzi. La sua voce non è indimenticabile, ma nel ruolo funziona e convince in fondo più che nell'articolata armatura di oggetti che lo sovraccarica un po' quando non è nudo. Per carità, Enea è il prototipo dell'antieroe, l'anti-Ulisse e l'anti-Achille insieme, l'erede dell'idea geniale di Apollonio Rodio per Giasone, ma l'involontaria comicità di certe pose mi sembra davvero eccessiva.Dido and Aeneas di Henry Purcell (dir. Richard Hickox) Di contro, la Didone di Mara Ewing - interprete eccellente - è avara di mimica facciale e la passione non sembra toccarla, anche a considerare la monarchica compostezza che ci si aspetta da lei.
Misurata e molto brava sotto ogni aspetto la Belinda di Rebecca Evans, che sa accendersi di gioia e cantare con gusto. Via via che ci allontaniamo dai ruoli principali, sulla musica finisce con il prevalere una regia incapace di decidersi tra descrittivismo a ogni costo (anche soporifero) e tentativi - per altro, riusciti - di creare un'armonia cromatica, con una fotografia buona e inquadrature anche belle, per quanto un po' posticce. 55 minuti di opera sono già insufficienti a descrivere l'ambiente di corte inglese del '600 - o ancor più le "sale" cartaginesi dove si sarebbero svolti gli eventi narrati - per tentare una sintesi tra diverse e antitetiche istanze artistiche. Sul piano dell'altra "regia", quella che in un'opera conta ancor più, alle prese con il Collegium Musicum 90, la bacchetta di Richard Hickox (non di quelle a me più congeniali) trova qui un equilibrio che altrove mi pare gli manchi: il suono è brillante e bello e spesso si distinguono anche interessanti soluzioni timbriche. Da vedere, senz'altro, anche per la scarsità di edizioni video alternative, ma non credo che si possa considerare questa produzione un punto di riferimento nella regia d'opera.

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