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"Die Handere Heimat - Chronik Einer Sehnsucht" Prime impressioni sull'ultimo Reitz

Creato il 26 novembre 2013 da Samuelesestieri


Incollo qui le prime impressioni di post-visione di ormai alcuni mesi fa riguardo all'ultimo capolavoro di Edgard Reitz visto al festival di Venezia.
Sehnsuct è una parola tedesca che sta ad indicare quella passione struggente, malattia dolorosa o spinta vitale di chi anela a un oltre indefinito ma è impossibilitato a raggiungerlo: autentica, dolente passione romantica che s'impossessa di corpo e mente e conduce letteralmente alla rovina (perché l'uomo in fondo è quella coscienza infelice troppo fragile, troppo piccola per il mondo che la circonda).
Tapanama è una parola indiana che significa "ritorno alla fine del tempo". Ed è il tempo ad interessare ad Edgar Reitz che dilata e ipnotizza, scolpisce e indaga. Il tempo delle ragazze che si rotolavano nude sull'erba sotto lo sguardo di chi aveva appena scoperto il primo amore. Il tempo della festa, tra passi di danza e fiumi di vino riconquistato. Il tempo dello sguardo e di qualche dolce, spensierata parola, prima del rimpianto di tutto ciò che sarebbe potuto essere ma non è stato.

Ecco allora "Die andere Heimat - Chronik einer Sehnsuct" ("Home from Home - Chronicle of a Vision"), opera immensa di cinema puro, esperienza ineguagliabile che vive di visioni infinite e bagliori lontani.
Questo è il cinema, viene da dire, perché Reitz, oltre a essere un grandissimo narratore di storie (e di Storia), è regista di spazi infiniti ma anche cantore dell'uomo e dei suoi limiti, della fragile potenza del sogno e di quell'infinita indecifrabile nostalgia: nostalgia per mondi straordinari, quelli letti sui libri o immaginati nel sonno, per le grandi avventure e per i viaggi sterminati. Nostalgia, dolce e tremenda, per tutto ciò che c'è ma è da un'altra parte, lontano troppo lontano. Nostalgia per quei luoghi che sembra di conoscere da sempre, per quella vita mai vissuta ma sempre adorata.
Insieme al capolavoro definitivo di Tsai, ecco l'altro film irraggiungibile del festival di Venezia (e, mentre piangi per quattro ore speri che tutto questo possa non finire mai: l'immagine resiste ai titoli di coda e ritorna nella mente). Enorme.


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