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La trama (con parole mie): John McClane, tornato definitivamente a New York dopo la separazione dalla moglie, alterna gli incarichi in polizia con il controllo della figlia adolescente appena sbarcata al college. Quando gli viene ordinato di rintracciare un giovane hacker coinvolto a sua insaputa in un intrigo orchestrato da un ex dipendente del Governo deciso a vendicarsi il poliziotto per eccellenza degli action movies si trova al centro di una lotta per la sopravvivenza - sua e del ragazzo - che lo porterà a scontrarsi ancora una volta con un apparente terrorista deciso, invece, a cercare la sua rivalsa colpendo gli Usa dove fa più male: nel portafoglio.Il tutto cercando di portare a casa la pelle ed evitare che la figlia finisca coinvolta nella lotta, o peggio, in una storia con il suo involontario protetto Matt Farrell.
Quando, non troppo tempo fa, ho affrontato la saga dedicata a Rambo, tornando ad apprezzare uno degli action heroes più importanti della storia del genere e sdoganando, di fatto, il suo valore soprattutto a livello di intrattenimento, non pensavo che mi sarei trovato così presto nella stessa situazione: e invece, il buon vecchio John McClane - e Bruce Willis, che presta al poliziotto volto, cuore ed una robusta dose di palle - e la quadrilogia di Die hard sono riusciti in un'impresa che, francamente, non pensavo sarebbe stata possibile.
Così come per l'icona - o almeno una delle icone - della filmografia di Sly, anche in questo caso occorre da subito affermare il valore assoluto del primo episodio rispetto ai successivi, eppure, osservando il complesso dei quattro film, va riconosciuto alle avventure di McClane un livello qualitativo che mediamente risulta molto alto anche negli episodi meno riusciti, complici effetti sempre all'altezza, un ritmo invidiabile ed una mai doma autoironia che si propaga dal protagonista a tutti gli aspetti delle pellicole stesse.
Anche quest'ultimo - almeno per il momento - episodio della serie, decisamente troppo sottovalutato dalla critica e da una parte dei fan hardcore dei precedenti, mostra una brillantezza non comune nelle produzioni action made in Usa, e senza far apparire ridicolo un non più di primo pelo Bruce Willis mette in campo situazioni al limite della fantascienza con lo stesso spirito di alcuni supercult come True lies, regalando momenti magici agli appassionati ma riservandosi di sorprendere qualunque spettatore non mostri pregiudizi rispetto a qualche sana esplosione come si deve.
In questo senso, si potrebbe azzardare addirittura una sorta di metafora associando all'audience il personaggio di Matt Farrell, giovane hacker d'improvviso proiettato nel mondo tutto machismo, battute a raffica e proiettili di McClane, neanche fosse stato costretto ad imbarcarsi in una corsa all'ultimo respiro su una montagna russa costruita su misura sulla mascella d'acciaio del suo durissimo eroe, senza dubbio uno dei simboli più importanti del panorama delle tamarrate degli ultimi vent'anni - e più -.
Len Wiseman certo non sarà John McTiernan, eppure mostra muscoli inaspettati per il regista di schifezze come Underworld, e lascia ben sperare per il remake di Atto di forza, ormai in fase di post produzione, senza contare un valore aggiunto per ogni fordiano che si rispetti: la presenza di Kevin Smith nel ruolo di nerdissimo hacker pronto a "correre" in aiuto di McClane e Farrell.
Tutto il resto è pane per i denti di ogni fan del genere e della serie, dal complicato piano che prevede la consueta rapina mascherata da attacco terroristico ai siparietti che il vecchio John regala a prescindere da chi si trovi di fronte, dai criminali pronti a fargli la pelle alla figlia mossa dal desiderio d'indipendenza - eppure clamorosamente simile al padre -, contando sull'ottima spalla fornita da Justin Long/Matt Farrell.
Ma è inutile girarci intorno: Die hard è una serie con i controcazzi, e guai a voi se non mettete da parte ambizioni autoriali e puzza sotto il naso rispetto all'action per spararvela tutta d'un fiato accompagnandola a patatine, birrone gelato e rigoroso ed obbligatorio rutto libero.
Non ve ne pentirete.
MrFord
"Some folks are born made to wave the flag
ooh, they're red, white and blue
and when the band plays "Hail to the chief"
ooh, they point the cannon at you, Lord
it ain't me, it ain't me, I ain't no senator's son, son
it ain't me, it ain't me; I ain't no fortunate one, no."Creedence Clearwater Revival - "Fortunate son" -
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