2009: Dieci inverni di Valerio Mieli
Presentato al Festival di Venezia del 2009 (edizione 66), è stato unanimemente accolto positivamente da parte della critica:
“Tono deciso, finezza di tocco, atmosfera un po’ fuori dal mondo e dal tempo, capacità di portare avanti una storia dove non accade quasi nulla” (Repubblica), “…un film pensato, realizzato con cura, ben interpretato, studiato nella combinazione produttiva: storia d’amore originale e intelligente” (L’Espresso”, “Toccante e non retorico” (Il Corriere della Sera), “…una commedia sentimentale che, più che italiana, sembra francese grazie a una sceneggiatura quasi perfetta e a due attori magnifici che si portano sulle spalle il film” (Ciak).
“Camilla lascia il paese d’origine e si trasferisce a Venezia per frequentare l’università. Sul vaporetto incontra Silvestro: il sorriso chiaro, le idee molto meno. Un po’ per fato e un po’ per intenzione, il ragazzo perde l’ultima corsa della sera e passa la notte insieme a lei. È l’inizio di un amore che chiederà dieci anni per riconoscersi come tale. In mezzo scorrono l’amicizia, la paura, il dubbio, le impennate di orgoglio, l’incredulità”, così Marianna Cappi sintetizza questa opera prima di Valerio Mieli. Si stenta a credere che sia un debutto tanta è la bravura nel mandare avanti una storia non facile da narrare e che in altre mani avrebbe forse corso il rischio di cadere nello stucchevole o nel volgare, nel cerebralismo più accentuato o nel sentimentalismo più facile (“Valerio Mieli dimostra come non sia un miraggio sfuggire alla tragica morsa tra falso d’autore e sbracamento populista” osserva giustamente Valerio Caprara su Il Mattino).
Uno spaccato di vita reale, con le sue contraddizioni e le sue ambiguità, in cui più di uno spettatore potrà riconoscersi. Un sincero ritratto di una gioventù che lentamente matura e prende coscienza del proprio essere. L’abilità del regista è proprio nel far apparire tutto naturale e non artificioso (anche perché “non ci sono «eroi», nessuno ha torto o ragione. I due ragazzi sono a tratti antipatici, sgradevoli, confusi. Con la naturalezza, a volte surreale, che appartiene alla vita” scrive Cristina Piccino su Il Manifesto).
Formalmente impeccabile, Dieci inverni è un film anomalo per la nostra cinematografia che tende a banalizzare una cosa seria come l’amore, a sollecitare il cattivo gusto, a inchinarsi alla impazienza e alla superficialità di parte del pubblico. Un’opera tenera e delicata, dalle mille sfumature, che vede la prestazione di due straordinari attori, Isabella Ragonese e Michele Riondino, massimamente convincenti e accattivanti.
Un lavoro che coinvolge e che fa sperare sulle sorti del nostro cinema.
p.s.
Il punto di partenza del film è stato il saggio di regia al centro sperimentale che Valerio Mieli ha scritto (finalista al Premio Solinas 2007).
scheda, premi e riconoscimenti
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