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"Vuoi morire assiderato qui con me?"
Può un amore palesemente scritto nel destino dover attendere dieci anni prima di sbocciare pienamente ? Dopo " Harry ti presento Sally "e in attesa dell'imminente " un giorno " di Lone Scherfig con Anne Hathaway e Jake Gyllenhaall , nuove passioni lente ad esprimersi attraversano i "dieci inverni " di Valerio Mieli : ben lontano dal rischio di cadere nelle trappole delle più tremende commedie sentimentali , il luminoso esordio del regista romano è un racconto pulito e spontaneo , abile nel descrivere i quadri invernali del decennio che porta ai trent'anni senza la retorica e le convenzioni giovanili esasperate dai romanzi di Moccia , regalandoci un'esperienza intimamente coinvolgente e felicemente isolata dai più recenti trend di un cinema italiano quasi poco interessato a lavorare su un terreno più squisitamente emotivo senza prendersi in giro e cercare la risata .
è una Venezia malinconica quella in cui accettiamo piacevolmente di immergerci , assai più affascinante e suggestiva nel suo abito pallido e silente che nelle colorate e caotiche cartoline turistiche , preferendo a un rampante motoscafo o alla solita gondola in Canal Grande un vaporetto arrugginito dove un ragazzo con una buffa pianta e una ragazza che porta una strana lampada si incontrano per la prima volta in una fredda sera d'inverno ; dopo una prima castissima notte apparentemente senza seguito , le strade di Silvestro e Camilla iniziano a incrociarsi numerose volte per pochi attimi o per brevi periodi , in frammenti di vita in attesa come gelidi cristalli di neve .
Attraverso un cammino perennemente in fieri , fra frasi non dette e grandi speranze che cedono spesso alle piccole cattiverie e vendette della quotidianità , Camilla e Silvestro provano a cercare altre strade verso la felicità fingendo di poter rinnegare consapevolmente sé stessi : senza che il sole faccia mai capolino i due intraprendono carriere differenti , vivono altre storie e si dividono fra le calli deserte di Venezia e le rigide sere moscovite , in due città tanto diverse quanto abili entrambe a congelare i sentimenti . Quando le reciproche esperienze li hanno fatti finalmente crescere dandogli il coraggio di rischiare , l'incantesimo invernale finalmente può infrangersi e lasciare arrivare la primavera , con il sole che illumina gli sguardi e quella casetta dove da studenti avevano convissuto , sfiorandosi senza mai riuscire davvero a toccarsi e a bruciare .
Valerio Mieli costruisce dunque col suo saggio di diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma un film delicato e sospeso , una finestra sul mondo dei sentimenti che nella semplicità trova il suo punto di forza e che nonostante i tempi lenti e la fredda ambientazione non annoia e scalda il cuore , complice il suggestivo pianoforte di Francesco De Luca e Alessandro Forti e la surreale fotografia di Marco Onorato ; ottime le prove di Michele Riondino e Isabella Ragonese , bravissimi nel tratteggiare le storie di due personaggi immaturi e inesperti ma mai eccessivi o caricaturali , nelle cui umane insicurezze e reazioni sbagliate ma all’apparenza inevitabili è facile identificarsi : almeno una volta nella vita abbiamo sperato di trovare qualcuno che ci accompagnasse lungo il percorso , abbiamo pensato che si nascondesse lontano in qualche luogo remoto dove non siamo mai stati quando invece era lì , così vicino a noi , senza che riuscissimo a riconoscerlo .
leggi su Cinefilos : Dieci inverni
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