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Dieta cinese e alimenti yin e yang

Creato il 17 ottobre 2011 da Chiaramarina

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In questo post vedremo una dieta cinese basata sugli alimenti yin e yang.

L’approccio scientifico e biologico verso cui la società occidentale è almeno da due secoli orientata ci ha abituati a un approccio alimentare che non può prescindere da concetti quali “calorie”, “rapporto proteico”, “concentrazione di grassi” et cetera et cetera. Il nostro rapporto con i cibi, specialmente rispetto a diete, dimagranti e non, si trasforma così in qualcosa di prettamente biochimico. Questa deriva non è da considerarsi comunque assoluta, o comunque irreversibile, visto che in tante parti del mondo, l’alimentazione continua a sopravvivere e ad essere considerata attraverso categorie più “umane” e non per questo meno valide o oggettive. Cito il caso della cucina cinese, indissolubilmente legata alla millenaria sapienza della medicina tradizionale. Qui le categorie di riferimento sono ancora “sensibili”: quelle di gusto, odore, sapore, colore e, soprattutto, l’idea fondamentale di biunivocità del rapporto cibo-organismo. Alla base di questa tradizione c’è il pensiero taoista che drammatizza la vita e i fondamenti dell’esistenza in una dialettica oppositiva caratterizzata dallo Yin e dal Yang. Queste due realtà spirituali e categoriali si oppongono e si compenetrano come contrari necessari: lato in ombra della collina (Yin) e il lato soleggiato della collina (Yang). Da una parte vi è ciò che è notturno, femminile, freddo, introverso e reattivo, dall’altro l’elemento solare, maschile, caldo, estroverso e attivo. Ed è così che per la dieta cinese i cibi devono rispecchiare ed assecondare la dinamica dialettica dell’universo e ricercare la complementarità. Gli alimenti yin, femminili, umidi e teneri e rinfrescanti, sono i legumi e i frutti. Gli alimenti yang, maschili, fritti, caldi, speziati e energetici (proteici), sono le carni e i fritti. Il pasto cinese deve armonizzare i gusti e promuovere equilibrio tra il freddo e il caldo, attraverso il medium del riso. Le pietanze così non sono  portate in successione ordinale (come ad esempio in Italia, il primo, il secondo…), ma vengono servite tutte insieme. Ciò facilita e permette la ricerca di equilibrio, basata sulla compresenza e l’alternanza dei cinque sapori di base: il dolce, il salato, l’acido, l’amaro e il piccante. Naturalmente i ristoranti cinesi trapiantati in occidente, penalizzati dalla ricerca di contenere i costi di gestione e la volontà di assecondare il gusto “diverso” dei clienti, mortifica la propria varietà e l’intrinseca complessità della sua sostanza, standardizzando e contaminando il proprio essere. Ciò nonostante il loro successo indica quanto la cucina cinese riesca ad affascinare e divertire palati non educati “filosoficamente” all’approccio asiatico e dimostra il valore di una tradizione antichissima che comparativamente potrebbe aiutare la nostra cucina a distaccarsi da penalizzanti logiche “scientifiche”, per contrarsi ancora sulla sostanza e sul senso (sociale, storico, culturale) attraverso cui è nata e si è sviluppata.


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