In ogni caso è del tutto evidente che l’assalto alla rivista satirica è stato preso come l’occasione che ci voleva per ripristinare la guerra di civiltà proprio nel momento in cui i prodotti mefitici della “civilisation” liberista cominciano ad essere contestati, a trovare sponde politiche e anche temuti successi elettorali. La stupidità messa in campo da tutti i media e da politici di livello emetico, è davvero uno spettacolo deprimente e avvilente: tutti si sono prestamente impadroniti dell’occasionale gergo anglosassone e parlano di foreign fitghers fingendo di sapere ciò di cui parlano e si riempiono la bocca di libertà d’espressione proprio mentre si preparano a reprimerla con leggi di regime.
Nessuno sembra domandarsi se ciò che è accaduto nella capitale francese trovi nello sfottò a Maometto solo il suo pretesto, ma non derivi dal fatto che ormai da 30 anni e passa l’Occidente abbia creato e armato gruppi integralisti a ripetizione per i suoi interessi, abbia appoggiato ogni anacronistica petro monarchia, fatto una guerra spietata ai pochi regimi laici e abbia persino reintrodotto la tortura. Se conti niente il fatto che l’80% dei conflitti in corso coinvolga il mondo islamico. Se l’innocente Francia dei vignettisti sia presente in Afganistan e in Irak al seguito degli Usa, abbia un forte zampino nella guerra in Siria contro Assad, abbia 2800 uomini in Mali, 1000 in Ciad, 1600 in Centroafrica, 950 in Gabon, altri 650 tra Costa d’Avorio e golfo di Aden, senza contare le guarnigioni fisse sparse da Gibuti al Senegal.
Ma di tutto questo, dell’immensa strage, è vietato parlare, a nessuno viene in mente l’idea che l’Isis non sia solo un fenomeno di potere terrorista, ma un tentativo di organizzazione autonoma del mondo arabo che non si fermerà certo al califfato di Al Baghdadi e che l’Occidente di marca americana cerca di contenere in fasce, preferendo, com’è ovvio, stati deboli, emiri del petrolio con i loro poteri medioevali, regimi fantoccio. Tutto questo, compresa la strage di Parigi, fa parte della geopolitica che rende comprensibili anche se non sopportabili, le lacrime di coccodrillo dalle quali siamo avvolti come in una doccia. Ma c’è molto di più in questa sequenza ipnotica e drammatica di 11 settembri: c’è lo sfruttamento del nemico a fini interni. Anzi la cinica creazione di un nemico, quale che sia, per evitare e deviare la reazione di popolazioni impoverite e date in pasto a un’oligarchia di ricchi. Meglio se si tratta di un nemico che sembri minacciare l’identità europea e occidentale, perché non solo questo sortirà effetti migliori, ma nasconderà il fatto che proprio il pensiero unico sta tagliando le radici dei valori faticosamente affermatisi in due secoli di lotte. Questi caratteri, progetti, idee, speranze sono stati svenduti al mercato, all’omologazione, resi un ricordo e un feticcio e dunque si ha bisogno di un nemico esterno che impedisca di riconoscere l’assenza pneumatica di una cultura che non sia l’ipocrisia stessa.
Quale civiltà vogliamo difendere coi referendum anti moschea, con gli strepiti contro Schengen, con i droni da far volare in medio oriente o con servi del padrone che scoprono la libertà di espressione? Può anche darsi che nonostante la melassa mediatica e complice l’impoverimento reale qualcuno si cominci a fare questa domanda e scopra che ci sono più cose in terra e in cielo dell’ultimo telefonino fabbricato da schiavi e comprato da aspiranti schiavi a prezzi spesso cento volte superiori al costo effettivo, ovvero la parte del ricco. Così, inventando e creando la guerra di civiltà, si può dare l’idea che una civiltà esista ancora. Che gli altri sono quelli che attentano a una libertà che stiamo perdendo.