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Dietro le quinte

Creato il 26 ottobre 2011 da Marco4pres

Articolo che è il seguito dei post:

Arlecchino e Pulcinella (tattiche del Partito di Repubblica)

i Repubblichini (strategie e obiettivi dietro il Partito di Repubblica)

Tav,Storia dimenticata, Privatizzazioni… (dove nasce e perché l’opposizione “di sinistra” italiana è eterodiretta)

Cosa sta accadendo oggi?

Quello che muove la politica estera americana è principalmente la necessità di controllare le fonti energetiche del pianeta. Quando dico politica estera intendo operazioni diplomatiche, operazioni di guerra, operazioni di intelligence, operazioni finanziarie.

Non è un mistero (vedi wikileaks) che gli americani non hanno affatto visto di buon occhio la politica ENI.

ENI infatti è socio al 50% con Gazprom nell’affare del gasdotto  Southstream, che dovrebbe approvviginare l’europa con il gas russo, e che si contrappone al gasdotto Nabucco, sponsorizzato dagli americani e unione europea e che viene dal Caspio.

Inoltre Eni svolge attività in Iran. Altra attività del tutto sgradita agli Usa.

Inoltre, nell’accordo Eni-Gazprom c’è la possibilità per Eni di accedere ai giacimenti russi, per i russi di accedere ai giacimenti di Eni in Libia.

Questa situazione, era prevedibile ma wikileaks lo ha mostrato a chiare lettere, era molto invisa agli americani, che hanno effettuato pressioni su Berlusconi, e hanno individuato Tremonti come possibile alleato per via di certe prese di posizione contro Scaroni (presidente ENI).

Berlusconi si è specchiato nella sua amicizia con Putin e con Gheddafi, prendendosi il merito degli accordi.

In realtà, per tutto ciò che riguarda l’energia, è l’ENI, e soltanto l’ENI, il detentore esclusivo e storico di ogni iniziativa della politica estera italiana. Anche i colossi UniCredit, Impregilo e Finmeccanica, per i loro affari in Libia, si sono agganciati alla cordata dell’ENI.

Il petrolio Libico è costato la vita ad Enrico Mattei. Sono 50 anni che le imprese americane + British Petroleum fanno al guerra ad Eni per il petrolio libico. Anche il colpo di stato che portò al potere Gheddafi, rovesciando re Idris, che era un fantoccio italiano, fu favorita dalle rivali americane. Poi Eni comunque recuperò il terreno anche con Gheddafi.

Eni, ricordo, è controllata dallo Stato. E’ fortemente in attivo. E’ azienda strategica, trattandosi di energia.

Per inciso: Eni in questi giorni, è nell’occhio del mirino per quanto attiene le privatizzazioni. Ovvero vogliono venderla. Poi vedremo chi, vuole venderla.

In questi decenni l’ENI ha usato la sua potenza finanziaria per imporre i propri affari ai governi di turno lasciando loro la vetrina mediatica, una vetrina di cui Berlusconi ha abusato più di tutti perché costituiva l’unico modo per mascherare la sua pochezza. Ma la politica dell’ENI da tempo sta mostrando la corda, poiché risulta evidente che un governo fantoccio di servitù coloniale agli USA non soltanto non può difendere gli affari dell’ente in questi momenti di crisi acuta, ma addirittura costituisce un nemico in più.

Infatti, la guerra in Libia della Nato ne è stata la prova. Berlusconi debolissimo si è dovuto piegare alle imposizioni americane, per Eni la guerra contro Gheddafi è stato ed è un disastro.

Berlusconi giorni fa lo ha dichiarato: la guerra mi è stata imposta da Napolitano.

E’ vero. Lo ricordiamo tutti. D’altro canto, uno che nel ’56, quando l’Urss invase l’Ungheria dichiarò:

l’intervento sovietico ha evitato che nel cuore d’Europa si creasse un focolaio di provocazioni e ha impedito che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, contribuendo in maniera decisiva a salvare la pace nel mondo

è comprensibile che possa dichiarare:

occorre un impegno che è necessario per la pace, per la solidarietà e per i diritti e la libertà dei popoli”; e poi continua: “la pace è ancora un obiettivo difficile; in Europa l’abbiamo costruita e consolidata, ma non è così nel resto del mondo”…(…)… l’Italia è un membro importante della Comunità internazionale e della Alleanza atlantica e non può non dare il proprio contributo alla soluzione della crisi libica; il nostro Paese non può sottrarsi alle sue responsabilità”

Ovvero che gli risulti facile pensare all’opzione bombe per esportare la pace.

Ma perché è così pronto a mettere la sua autorevole voce di Presidente della Repubblica al servizio degli interessi anglo-americani?

Perché Napolitano è da sempre uomo degli americani. Primo e per molto tempo unico comunista italiano ad ottenere il visto per gli Usa, di ritorno fondò la corrente dei Miglioristi, che mentre Berlinguer cercava la terza via, proponeva posizioni filo atlantiche, liberiste in economia. Gli Usa avevano trovato l’interlocutore privilegiato che cercavano.

Da alcuni “report” del 2009 recapitati alla Segreteria di Stato americana dall’ambasciata USA in Italia, si identifica Napolitano come l’unico interlocutore possibile nella “frastagliata” politica italiana e si elogia la sua figura: “un moderato, europeista e con un forte legame Transatlantico, è serio, un intellettuale, un’eminenza grigia. Un punto di riferimento morale nell’arena politica spesso frastagliata. Un interlocutore privilegiato”. Non mancano le accuse all’immobilismo del governo sulle “riforme” economiche, e ancora elogi all’intraprendenza del fido George: “quando Napolitano spinge a favore di “riforme economiche internazionali” per affrontare la crisi globale dell’economia, il governo italiano offre uno stimolo modesto alla crescita”. Poi sulla politica estera italiana: “il governo italiano qualche volta è stato un giocatore riluttante, ma Napolitano non rinuncia ai suoi principi, avendo collocato l’Italia nel ruolo di miglior amico di Israele in Europa”. (citazioni da “Giorgino Napolitano: una cariatide Yankee e guerrafondaia al Quirinale)

Berlusconi si allinea, obtorto collo, con la Lega che lo tira da una parte e gli americani-napolitano dall’altra.

Obama-Sarkozy-Napolitano e Berlusconi che non ha la forza di opporsi. Oggi Sarkozy tratta con il figlio di Gheddafi, e l’ENI in libia è fottuta. Grazie Napolitano!

(LaPresse/AP) - “Il Governo italiano deve dimenticarsi del petrolio libico e non considerare alcun accordo firmato in passato. Eni dovrà guardare altrove per il suo business”. Così il premier del governo di Tripoli, Al-Baghdadi Al-Mahmoudi.

Ma andiamo avanti.

Arriva la batosta delle elezioni. Il terreno gli sfugge sotto i piedi. Il sistema di potere tenuto insieme dal suo potere finanziario e dalla voracità dei lanzichenecchi di cui è circondato scricchiola sempre più forte. Le norme ad personam non bastano più a tenere lontane le sentenze. Arriva la batosta del lodo mondadori. I suoi vecchi nemici spingono sull’acceleratore. La situazione libica lo ha molto indebolito, lui si lamenta con Obama, ma quello ha le sue gatte da pelare.

C’è chi dice che oggi gli faccia anche comodo, che l’attenzione dei mercati e dei media si puntata sull’Italia, mentre gli Usa stanno messi sempre peggio.

Ma chi sono i suoi vecchi nemici?

Agli americani non importa, lo abbiamo letto anche su wikileaks, cosa faccia Berlusconi.  A patto che non leda i loro interessi.  Anzi, prediligono una leadership debole, in qualsiasi paese satellite, piuttosto che una forte.  Lo disprezzano a livello personale, ma politicamente va benissimo per gli Usa, un premier italiano così ricattabile.

Gradiscono però certamente un indebolimento dell’ENI.

Quindi non stanno certo ad opporsi se i nemici di Berlusconi promettono, fra le altre cose, lo smantellamento del settore energetico italiano.

Da una parte il Polo delle reti italiane, che unisca Terna e Snam Rete Gas scorporata da Eni, sul modello inglese. (Enrico Letta. Ci muoviamo sulla linea del colle)

Infatti Tremonti fa il giro delle opposizioni, mentre infuria il fuoco di fila dei “mercati” e inserisce nella manovra le parole magiche: privatizzazioni. eni. I “mercati” si calmano.

Allora, chi sono questi nemici di Berlusconi? Lo dice lui stesso, nel tempo:   grande finanza internazionale, partito di repubblica, partito dei giudici. Le cosiddette, sedicenti, opposizioni, giustamente non le prende nemmeno in considerazione.

A livello internazionale, un giornale che si è sempre contraddistinto per i suoi continui attacchi a Berlusconi è l’Economist. Questo giornale può essere giustamente definito la bibbia del liberismo mondiale. E’ strano che un capitalista come Berlusconi venga attaccato da un giornale come l’Economist (o Financial Times che è la stessa cosa).  A meno che non inquadriamo la questione dai primi anni 90, quando Berlusconi scese in politica, convinto che se non lo avesse fatto lo avrebbero sbranato e, forte delle sue televisioni e della sua mediocritas bongiorniana che lo poneva  così vicino al cuore degli italiani, vinse inaspettatamente le elezioni.

Il Secolo d’Italia, in un articolo del 13 giugno scorso, individua nei Rothschild, proprietari dell’Economist, i nemici di Berlusconi. Riporto una parte:

La rete mondiale dello Scudo Rosso
The Economist è di proprietà della famiglia più potente del pianeta, i Rothschild. I banchieri originari della Germania, controllano l’oro (e il suo prezzo, da sempre) e una serie di asset strategici da far tremare i polsi: nell’editoria hanno anche il Daily Telegraph e Libération, poi controllano British Petroleum, Rit Capital, Atticus Capital, Jnr Limited, la banca d’affari Nm Rothschild&Sons, Vanco, Trigranit, Rio Tinto. Sono presenti in De Beers (quella dei diamanti), British Telecom, France Telecom, Deutch Telekom, Alcatel, Eircom, Mannesmann, At&t, Bbc, Petro China, Petro Bras, Canal +, Vivendi, Aventis, Unilever, Royal Canin, Pfaff, Deutch Post. In Italia (dove arrivarono nel XIX secolo) sono presenti in Tiscali, Seat Pagine Gialle, Eni, Rai, Finmeccanica, oltre che ovviamente in quasi tutte le banche, da Intesa a Monte Paschi.
Fondata da Mayer Amschel Rothschild, (1744-1812), grazie ai suoi cinque figli la dinastia (tanto potente da ottenere il riconoscimento nobiliare) si è espansa da subito nel mondo: Amschel Mayer rimase a Francoforte, Salomon Mayer si piazzò a Vienna, Nathan Mayer a Londra, Calmann Mayer a Napoli, James Mayer a Parigi. Dei cinque rampolli il più promettente è Nathan: per dirne una, finanziò Wellington a Waterloo e vinse il contratto per i pagamenti dei tributi agli alleati europei. Lui è il fondatore della banca d’affari omonima, oggi leader in fusioni e acquisizioni. Nathan (che sposò Hannah Barent Cohen, figlia di uno dei più ricchi mercanti ebrei londinesi) divenne tanto facoltoso da essere una voce del Pil britannico, lo 0,62 per cento delle entrate dello Stato.
I Rothschild (scudo rosso, in tedesco, dall’insegna della bottega di un loro avo) sono i campioni assoluti del capitalismo e dominano la scena globale dall’Ottocento: hanno costruito le ferrovie di mezzo mondo; sono abilissimi nell’aggiudicarsi la ricostruzione post-bellica, a partire dalla Grande Guerra; hanno finanziato le banche centrali di diversi Paesi; controllano una rete finanziaria e di potere in continua espansione e sono in tutti i Cda che contano. Insomma, possono far vincere le elezioni presidenziali Usa al loro candidato come sono in grado di far cadere un governo troppo protezionista. Sono intoccabili, tanto che nell’era del gossip – dove siamo bombardati da immagini e informazioni sulla vita privata di tutti i vip, piccoli e grandi – di loro non si sa nulla. Se non quali aziende rientrano nella loro rete, basta andare sul sito di famiglia. Un dettaglio illuminante: forse sono talmente potenti da controllare persino i gossip? E questa, ovviamente, è una domanda retorica.
(…)  Il brand Economist è in realtà una macchina da guerra, che da anni boccia qualsiasi provvedimento dei vari governi Berlusconi, a prescindere. Perché, appunto, è in corso una guerra contro di noi. Qui sono in gioco la strategia energetica nazionale, i rapporti con la Russia, il ruolo chiave nel Mediterraneo, il debito sovrano e il suo rating. A meno che non arrivi un sinistro illuminato che privatizza pure il Colosseo. Allora viva l’Italia, titolerebbe l’Economist.

Anche British Petroleum.

Sapete come si definisce in giro la Goldman Sachs?  La banca dei Rothschild.

Il Secolo d’Italia vede il nemico, ma non capisce il perchè (e si becca subito l’accusa di antisemitismo dal sito israeliano di informazionecorretta che non linko perchè non voglio fargli pubblicità).  Infatti parla semplicemente del fatto che Berlusconi, nuovo ricco, non è visto di buon occhio dall’elite della finanza internazionale.

Figuriamoci. Questi fanno affari con chiunque, se gli fanno fare buoni affari.

Torniamo indietro al 92 quando Soros, per conto della Goldman Sachs attacca la lira con una serie di speculazioni che portano l’italia ad uscire dallo Sme e danno inizio all’epoca delle privatizzazioni (con il 30% di svalutazione le aziende divennero un ottimo affare!)

da questo articolo

Soros ebbe l’incarico, da parte dei banchieri anglo-americani, di attuare una serie di speculazioni, efficaci grazie alle informazioni che egli riceveva dall’élite finanziaria. Egli fece attacchi speculativi degli hedge funds per far crollare la lira. A causa di questi attacchi, il 5 novembre del 1993 la lira perse il 30% del suo valore, e anche negli anni successivi subì svalutazioni.

I complici italiani furono il ministro del Tesoro Piero Barucci, l’allora Direttore di Bankitalia Lamberto Dini e l’allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi. Altre responsabilità vanno all’allora capo del governo Giuliano Amato e al Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi. Alcune autorità italiane (come Dini) fecero il doppio gioco: denunciavano i pericoli ma in segreto appoggiavano gli speculatori.

Successivamente le privatizzazioni e liberalizzazioni vennero portate avanti da governi “di sinistra”, Prodi, D’Alema, Amato II.

Leggete questo documento molto interessante, dove si dimostra che:

1 – le liberalizzazioni portano ad un aumento dei prezzi;

2 – le liberalizzazioni portano alla distruzione di posti di lavoro ed all’abbassamento degli stipendi dei lavoratori e dei fatturati delle piccole imprese;

3 – la liberalizzazione-privatizzazione dell’impresa pubblica nel periodo 1992-2000 non è stata conseguenza dell’inefficienza economica;

4 – i processi di liberalizzazione-privatizzazione non hanno minimamente migliorato la capacità produttiva italiana;

5 – le liberalizzazioni favoriscono i concentramenti di capitale in poche ricchissime mani;

6 – il rendimento finanziario delle aziende privatizzate è stato peggiore rispetto alla generalità del mercato finanziario italiano.

Praticamente punto per punto la storia italiana di questi ultimi anni.

Nello scenario di spoliazione prefigurato dopo la caduta del muro di Berlino, quando l’Italia smise di rappresentare un protettorato strategico Usa e divenne terra di conquista per gli speculatori internazionali, Berlusconi ha rappresentato l’interesse del capitalismo locale contro quello della finanza globalista.

Un capitalismo cialtrone e molto da repubblica delle banane, che poi ha trovato nel localismo della lega e nel nazionalismo di destra dei naturali alleati, raccogliticci quanto si vuole, ma che sono riusciti ad avere base popolare, a fronte della vuotezza di contenuti confessabili degli avversari politici.

Sia chiaro. Non credo che Berlusconi abbia fatto nulla per il paese, in questi anni. Un po’ perchè circondato da piccoli squali di cortile affaccendati ad ingrassare in ogni modo il loro portafoglio e il loro piccolo potere, un po’ perché effettivamente glielo hanno impedito in ogni modo, un po’ perché troppo preso con le sue troie e a difendersi dalle trame di palazzo.

Ma qui a questo punto stiamo distinguendo fra due diverse specie di criminali. Ma sempre di criminali parliamo.

Da un lato Goldman Sachs e i propri epigoni, in alcuni casi stipendiati, in altri soci di minoranza, quali De Benedetti e Scalfari (il partito di Repubblica), dall’altro quello che resta del capitalismo italiano, destinato ad essere spazzato via, smembrato, prosciugato, distrutto dal grande capitalismo, quello dei padroni del mondo.

Ma a questo punto sorgono delle domande:

-quando è stato, e perché, che esponenti della sinistra italiana stringono il patto col diavolo, ovvero il grande capitalismo internazionale di Rothschild – Goldman Sachs?

-perché Berlusconi per contro diventa il loro nemico elettivo? e, in subordine, perché in questi anni è rimasto tale?

Bisogna ipotizzare. Credo, relativamente alla prima domanda, che sia stato per naturale convergenza di interessi.

Per dare il via al saccheggio dell’Italia era necessario spazzare via buona parte di quella classe politica che nello statalismo era fortemente radicata: Dc, Psi, e partitini satelliti. L’alternativa naturale era ovviamente l’ex Pci, che attrasse verso di sé parte di quello che rimaneva della prima repubblica, fra cui notabili e boiardi di stato, come ad esempio, Amato e Prodi, ex socialista il primo, democristiano il secondo.

Proprio Prodi, che aveva vissuto e prosperato nello statalismo, diventa il campione delle liberalizzazione e delle privatizzazioni. C’è questo bell’articolo che fa la storia di quegli anni. Molto interessante da conoscere.

Gli esponenti dell’ex PC, muoiono dalla voglia di essere sdoganati agli occhi indagatori e increduli dei salotti buoni del capitalismo. Vogliono essere credibili nel loro liberismo. Rimasti privi di punti di riferimento, seppure alla lontana, nel crollo dell’URSS, una volta accettato il sistema che fino a poco prima combattevano e di cui supponevano esistesse un’alternativa, diventano più realisti del re, se così si può dire.

Sono disposti a tutto, pur di arrivare finalmente a quel potere che hanno agognato per decenni. Si lasciano volentieri guidare per mano nei meandri delle teorie liberiste. Soffrono di sudditanza verso i campioni del capitalismo internazionale. Stanno attenti a non usare parole che potrebbero collegarli al loro passato. Ricordate?  “di qualcosa di sinistra, D’Alema…”

E così costruiscono la loro nomenklatura dirigente di personaggi e teorie che nulla hanno a che vedere con la loro storia. E’ una vera e propria abiura, vuoi per convenienza, qualcuno, vuoi per confusione e sudditanza.

E poi c’è quel Berlusconi che li accusa di essere comunisti. Ma cosa devono fare per dimostrare di non esserlo più? Ci si impegnano allo spasimo.

Ne vediamo, in questi lustri, le conseguenze. Diventano se non partner affidabili, degli utili idioti per gli interessi  Goldman Sachs. D’altro canto questi quando iniziano a far girare soldi fanno ridere anche molti di questi politici ex pci.  E il patto scellerato è suggellato.

La seconda domanda è: perché NON Berlusconi? Non sarebbe stato logico come alleato naturale?

Sicuramente si. E però bisognerebbe conoscere gli interessi delle effettive forze in campo in quegli anni.

Berlusconi entrò in politica per difendersi, dopo che i suoi protettori politici erano stati spazzati via da mani pulite. Temeva, a ragione, di essere il prossimo della lista.  Si trovò a rappresentare gli interessi di quella che una volta si sarebbe chiamata borghesia, piccola e media imprenditoria. Interessi localistici contrapposti a quelli del grande capitalismo internazionale.

In pratica, Berlusconi e i suoi alleati, pascolavano nello stesso campo che faceva gola a GS et similia. Erano sostanzialmente dei concorrenti. Mentre i suoi avversari politici, il cosiddetto centrosinistra, si accontentavano delle briciole. Appalti per le imprese controllate. Mettere i piedi in qualche consiglio di amministrazione delle banche (“abbiamo una banca? ” ricordate Fassino?) o di assicurazioni. E qualche ricca prebenda per farsi la barca.

E perchè, nel tempo, sapendo della natura pericolosa dei suoi nemici, Berlusconi non è riuscito ad arrivare ad un compromesso?

Ci ha provato. Dopotutto Gianni Letta è egli stesso membro di GS.  Ma, e qui il fallimento dell’uomo politico Berlusconi, il sistema di potere che ha messo in piedi, gli uomini di cui si è circondato, non glielo hanno permesso.

Probabilmente si è anche sopravvalutato.

E ora,  nonostante i tentativi di allinearsi, sembra sia ormai all’angolo.

….

In questi giorni riviviamo esattamente, quasi con lo stesso copione, quello che è accaduto nel 92. Gli uomini Goldman Sachs in italia, o occupano posti di potere, o gestiscono network di informazione, o rappresentano l’opposizione in parlamento.

Lo scopo, oggi come allora, è predare il Paese. Portarci al livello della Grecia e oltre. Prendersi tutto quello che è vendibile.  E’ interessante, questo articolo su come funzioni la speculazione di Goldman Sachs. Loro hanno lo scopo di fare soldi. Se questo provoca milioni di vittime non è affar loro.

L’attacco speculativo è stato assolutamente pretestuoso. In Europa, Spagna, Belgio e Irlanda stanno ben peggio dell’Italia. Ma in Italia abbiamo un governo debole, e un opposizione in mano agli speculatori.

Già questo governo con questa manovra che dissanguerà le tasche degli italiani ha aperto la strada a nuove privatizzazioni. Il successivo, quello degli eredi di Prodi, come ha detto Enrico Letta, avvierà un grandioso programma di liberalizzazioni e privatizzazioni. E’ un miracolo, dice Napolitano.

Non ci resta che sperare in un nuovo 94. Quando l’outsider sconvolse, per un momento, i loro piani.

Sperando che questa volta sia qualcuno migliore. Che sia espressione dell’indignazione popolare e non dei miliardi di un satiro egomaniacale, volto a difesa dei suoi interessi.

Fonte: Buzz&m


Filed under: Parole Altrui Tagged: British Petroleum, ENI, Enrico Letta, Enrico Mattei, Gazprom, Giorgio Napolitano, Goldman Sachs, Lamberto Dini, Libia, Mario Draghi, Petrolio, Romano Prodi, Rothschild, Silvio Berlusconi, The Economist, UniCredit

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