La Cassa Depositi e Prestiti sceglie la banca simbolo della speculazione, per comprare il 29,9% della società del gas
di Filippo Ghira
Rinascita
La Snam, la società che gestisce la distribuzione del gas in Italia, sta per avviarsi sul cammino che la porterà ad essere separata dall’Eni (che ne detiene il 51% delle azioni). Una svolta che ci è stata imposta dalla Commissione europea, dall’Antitrust europeo ed italiano con la scusa che bisogna offrire a tutti gli operatori del settore, non soltanto l’Italgas che è pubblica, uguali possibilità di accesso e alle stesse tariffe mentre, questa era l’accusa rivolta ad Eni, il controllo su Snam lo rendeva impraticabile. La svolta è stata sostenuta a spada tratta anche dalle compagnie petrolifere estere, statunitensi e anglo-olandesi, oltre a quelle francesi, che da un indebolimento dell’Eni, perché di questo si tratta, puntano a trarre notevoli vantaggi operativi sullo scacchiere energetico internazionale.
In tal modo infatti, la capacità contrattuale dell’Eni ne verrebbe fortemente ridimensionata. Si tratta insomma dell’ulteriore tappa dello storico attacco portato all’Eni di Enrico Mattei dalle allora Sette Sorelle (ora ridotte a quattro) che videro come punto di arrivo l’assassinio del presidente filo-arabo e la suo sostituzione con l’atlantico filo-Usa e filo-Israele Eugenio Cefis.
Negli ultimi anni, ad operare come cavallo di Troia tra gli azionisti di Eni, in funzione della vendita di Snam, è stato il fondo di investimento Usa Knight Winke che alla fine del 2011 ha portato dall’1% al 2% la sua quota azionaria complessiva. L’hedge fund Usa ha molto battuto su questo punto cercando di portarsi dietro i piccoli azionisti prospettando loro i maggiori dividendi che sul breve termine una separazione avrebbe comportato.
E sostenendo, pro forma, che dal punto di vista operativo l’Eni avrebbe incamerato non poche risorse finanziarie con le quali poter ridurre il debito e finanziare i propri investimenti e allargarsi sul mercati mondiali. Ma poi, siccome molto spesso le ciambelle non riescono con il buco, l’amministratore delegato di Knight Winke, venuto in Italia per partecipare all’assemblea dei soci di Eni per la presentazione del bilancio 2011, si è lasciato scappare, o meglio ha dichiarato senza mezzi termini, che i mercati finanziari, ossia Wall Street e la City londinese, per ritrovare la fiducia perduta sull’Italia, puntano più sulla separazione di Snam dall’Eni che sul risanamento dei conti pubblici e sulla riforma del mercato del lavoro attraverso, realizzata tramite massicce iniezioni di flessibilità e di precariato.
Tradotto in parole più semplici, quella tirata di Eric Knight significa: vendete la Snam oppure riprenderà la speculazione contro i vostri titoli di Stato, in particolare quelli decennali, i Btp, che scontano ogni giorno il confronto con i Bund tedeschi, considerati i più solidi dell’area dell’euro quanto a solvibilità e ad affidabilità sul lungo termine.
Un copione che si ripete. Nel 1992, il 2 giugno, vi fu la Crociera del Britannia quando all’Italia venne “consigliato” di varare le privatizzazioni. Poi in autunno vi fu la speculazione partita da Wall Street e dalla City contro la lira che venne svalutata e rese le privatizzazioni più convenienti per gli investitori anglofoni. Oggi la situazione per l’Italia è più grave che nel 1992. La nostra appartenenza al sistema dell’euro, l’entità del debito pubblico, quello nostro e di altri Paesi, la quasi bancarotta della Grecia, fanno temere effetti domino che potrebbero propagarsi da un Paese all’altro travolgendo in primo luogo un Paese come l’Italia che ha un debito pubblico del 120% e che ogni giorno deve trovare investitori ai quali vendere i titoli di nuova emissione. Se poi alle difficoltà fisiologiche si aggiunge il ruolo della speculazione, le cose si fanno più complicate.
Appare quindi incredibile la circostanza che per curare l’acquisto del 29,9% della Snam dall’Eni, la Cassa Depositi e Prestiti, alla quale il governo l’ha destinata, abbia scelto la Goldman Sachs, una banca che da sempre è nemica dell’Italia e che ha partecipato alle massicce speculazioni contro la lira venti anni fa e contro i nostri Btp negli ultimi anni. La banca guidata da Lloyd Blankfein (nella foto) ha sistematicamente perseguito l’obiettivo di fare crollare il valore di mercato dei nostri Btp ed obbligare il Tesoro ad aumentare gli interessi per rendere più appetibili le future emissioni.
In tal modo, ha più volte fatto saltare i piani finanziari dello Stato per i prossimi anni. Nonostante questi precedenti, la Cassa Depositi e Prestiti, che ricordiamolo è un istituto pubblico, visto che il suo primo azionista è il Tesoro con il 70% delle azioni, non ha trovato di che nominare advisor (significa consulente ma in inglese fa più fino) proprio la Goldman Sachs. Una banca che dal cittadino medio Usa viene associata alla più schifosa speculazione. La banca di affari e speculazioni che Barack Obama, il maggiordomo di Wall Street, ha salvato con prestiti per circa 10 miliardi di dollari, dalla bancarotta in cui stava precipitando in conseguenza dei suoi giochetti finanziari e dell’avidità dei propri dirigenti. Una banca che ha evidenziato la verità di quanto diceva Bertolt Brecht, che c’è una cosa molto peggiore che rapinare una banca, ed è quella di crearne una. Una banca che ha già svolto un ruolo sinistro nella nostra vita politica mettendo una mano e anzi due nelle vicende che hanno portato alla morte della Prima Repubblica e alla nascita della pseudo Seconda. In seguito all’avvio del processo di privatizzazioni, Goldman Sachs partecipò infatti alla privatizzazione di Eni e Telecom, incassando non poche e assai corpose provvigioni per l’opera prestata.
Una banca infine che gode di una incredibile rete di entrature nel sistema politico italiano. Molti sono coloro che hanno svolto consulenze a suo favore, senza tenere conto dell’appartenenza a partiti avversari. A testimoniare “marxianamente” che nell’epoca del trionfo della canaglia liberista la politica è sempre più una sovrastruttura priva di potere reale e con componenti intercambiabili a piacere. Come dimostrano i casi di Gianni Letta e Romano Prodi. Non parliamo poi di economisti e banchieri che con Goldman Sachs sono andati a braccetto. Come Mario Monti, che è stato consulente pure di Moody’s, un’altra società che con i suoi rating “mirati” ha speculato contro i nostri Btp. Altro consulente è stato il non compianto, almeno da noi, Tommaso Padoa Schioppa, quello dei “bamboccioni”. Ultimo e più eclatante il caso di Mario Draghi che dopo essere stato per tre anni vicepresidente per l’Europa della banca Usa, è approdato sulla poltrona di governatore della Banca d’Italia e poi a quella di presidente della Banca centrale europea. A dimostrazione che i tentacoli degli speculatori di Wall Street arrivano in tutti i Palazzi del potere finanziario e politico italiano