Mi nascondo
per sentire il ticchettio del vento sulle mie vertebre
sulle mie parole che diventano fiumi di pece profumata
su strade sinuose seducenti
ricordate da un moribondo ad ogni angolo
Solitudini come caos
che diventa rumore da troppa gente
che si affaccia alla finestra del suo stesso medesimo
inarcate dalle profezie di sorrisi poco smaglianti
in mezzo al fumo di un bicchiere spento da tempo
Mi nascondo
dal rumore dei passi che si allontanano
da quelli che non sanno dove andare
mi sorprendo scoperto e inutile
dietro le tende di un palco gremito di sospiri
Mi avvolgo compiaciuto del mio esser stato tra voi
senza contar i morti del benessere disperato
della follia acuta delle capriole finite nel fondo dei ricordi
di quando per sorridere
ci bastava sognare noi stessi
e un ginocchio sbucciato
dietro porte senza orecchie