Internet non è solo Emule e Facebook ma rappresenta anche il canale di comunicazione più democratico e libero della nostra era, scevro da condizionamenti politici e moraleggianti, fruibile ed accessibile da qualsiasi pc da qualsiasi parte del mondo.
Il 2010 si è chiuso con l’arresto di Julian Assange, fondatore del famoso e scomodo sito WikiLeaks, e con l’oscurantismo virtuale del governo cinese che ha fatto fare i bagagli a Google dal più esteso dei paesi asiatici abbandonando al proprio destino (on line) centinaia di migliaia di internauti cinesi.
E’ questo un segno che l’ideale di libertà d’informazione attribuito al web dà non poco fastidio ai potenti della Terra, governi e non solo, che non sono più disporsi a vedersi rompere le uova nel paniere da frotte di hacker cultori della verità.
In questo senso si inquadrano l’epurazione di Google dalla Cina e la battaglia mediatica e legale nei confronti di WikiLeaks che, negli ultimi giorni, ha prodotto un graduale ostracismo nei confronti del sito di Assange da parte degli istituti di credito operanti in rete quali PayPal ad esempio.
Tale comportamento punitivo ha fatto scattare all’attacco tutti gli hacker sostenitori di Assange che hanno intasato i siti in questione sommergendoli di richieste e mandandoli così in crash, con conseguente disagio causato a tutti gli ignari utenti che con questa battaglia non hanno nulla a che fare.
Il punto della questione è proprio questo: quanto tempo passerà prima che le lotte tra i potenti del web, le vendete e l’operato degli hacker e l’oscurantismo dei governi rovinino l’isola felice che attualmente è il web?