Difesa delle coppie gay: su Vanity Fair Raoul Bova ci cova

Creato il 20 marzo 2012 da Dejavu
Firmatario insieme ad altri nomi noti - Alessandro Benetton, Don Luigi Ciotti, Paola Concia, Geppi Cucciari, Milena Gabanelli, Marco Materazzi, Mina, La Pina, Roberto Saviano, Francesco Vezzoli - di una lettera indirizzata al Ministro per le pari opportunità Elsa Fornero per rivendicare l'uguaglianza delle coppie di fatto a quelle sposate, qualunque ne sia l'orientamento sessuale, Raoul Bova si apre spontaneamente alle pagine di Vanity Fair.
No, non si spoglia ma mette a nudo il suo pensiero sull'omosessualità e sul suo rapporto con l'argomento, dando delle risposte dalle quali traspare una grande ampiezza di vedute, capaci persino di conciliarlo con la religione.
Quando ha scoperto che esisteva l’omosessualità?
«Intorno ai sedici anni, quando mi accorsi che il mio migliore amico era innamorato di un ragazzo, mentre a me interessavano le ragazze. Non cambiò nulla nella mia amicizia per lui e nel bene che gli volevo: troppe le cose che avevamo in comune perché quell’unica differenza avesse importanza».
Sul modo in cui è riuscito a non farsi condizionare dai pregiudizi, Bova spiega:  «Nel mio caso, mi hanno aiutato molto i viaggi all’estero e la conoscenza di persone che venivano da culture meno conservatrici e machiste della nostra. Ma sono serviti anche le letture e il cinema. E non mi riferisco solo a film che raccontano storie gay, come quelli di Almodóvar. Mi riferisco a qualunque film ti faccia riflettere sulla necessità di permettere a tutti di integrarsi e avere gli stessi diritti. Qualunque film sugli ebrei, gli afroamericani, i diversamente abili. Non è questione di gusti sessuali diversi dai miei, è questione di fratellanza universale e cristiana. Gesù considerava suoi figli anche gli assassini, come si fa a non rispettare un fratello essere umano semplicemente perché è omosessuale?».
Sul coming out di un personaggio famoso, Bova spiega: «Penso che, se ancora c’è chi sente il bisogno di gridarlo al mondo, vuol dire che l’uguaglianza è lontana. Io non mi presento dicendo: “Piacere, sono Raoul Bova, eterosessuale».
E sull'eventualità di un ruolo gay al cinema?
«Certo. Non è mai capitata la sceneggiatura giusta, ma se arrivasse, perché no?».E se uno dei suoi figli, tra qualche anno, venisse a dirle: «Papà, sono gay»?
«Penserei che se ha deciso di parlarne con me, di concedermi la sua fiducia su un aspetto così intimo della sua vita, è segno che, come padre, ho fatto un buon lavoro». 
Abbiamo capito che Raoul Bova, finita l'intervista, è già corso a casa a sgarfare nei diari dei figli...



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