Diffamazione delle religioni e persecuzione delle persone
Creato il 14 maggio 2011 da Jitsumu
Il 25 Marzo 2010 il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha approvato la Risoluzione sulla Diffamazione delle Religioni, promossa dall’Organizzazione degli Stati Islamici (Oic), un’organizzazione intergovernativa costituta da 57 stati con popolazione a maggioranza islamica, che sta operando da diversi anni mediante le strutture delle Nazioni Unite per promuovere e ratificare questo documento. L’iniziale campagna per la Risoluzione aveva come obiettivo specifico la difesa dalla “diffamazione dell’Islam”, un tema sentito dalla comunità musulmana soprattutto a causa dell’islamofobia scatenata dagli attentati dell’11 settembre 2001. In seguito, però, era stata ripresentata da questa organizzazione come generica “diffamazione delle religioni” per godere di maggior sostegno. Fino al 2010 l’Islam era l’unica confessione di cui si faceva menzione nelle risoluzioni approvate dal Consiglio per i Diritti Umani e dall’Assemblea Generale dell’ONU. Nel marzo 2010 è stata poi introdotta e approvata con una ristretta maggioranza dal Consiglio per i Diritti Umani una nuova versione che fa riferimento una sola volta all’antisemitismo e alla cristianofobia: ma la protezione dell’Islam è ancora l’obiettivo chiaro della risoluzione. Si è quindi pervenuti a quella che è una dichiarazione influente, sebbene formalmente non vincolante, che nel nome della tolleranza religiosa condanna parole, azioni, comportamenti e opinioni che denigrino qualsiasi religione. Ma nella pratica, la Risoluzione fornisce copertura a diverse leggi del mondo islamico che limitano la libertà di religione e di libera espressione, una su tutte la terribile legge sulla blasfemia del Pakistan. Essa ha come effetto principale quello di limitare le libertà fondamentali e minare il diritto alla libertà religiosa. La Risoluzione sulla Diffamazione delle Religioni, presentata alle Nazioni Unite, cerca di criminalizzare parole o azioni contro una determinata religione, in particolar modo contro l’Islam. Sebbene i fautori giustifichino il concetto di “diffamazione della religione” per incoraggiare la tolleranza e proteggere la pratica della religione, di fatto la Risoluzione promuove l’intolleranza e le violazioni della libertà di religione e della libertà di parola per le minoranze religiose nei paesi a maggioranza musulmana. La cosa grave è che la Risoluzione sulla Diffamazione delle Religioni ha l’effetto di fornire legittimità internazionale a tutte quelle leggi nazionali che puniscono la blasfemia o diversamente bandiscono la critica alla religione. A conti fatti viene usata esclusivamente per difendere l'Islam a danno delle altre confessioni. Questa risoluzione ha legittimato governi repressivi ed estremisti religiosi alla soppressione e punizione di qualsiasi espressione loro reputino offensiva o inaccettabile verso la loro setta o religione di appartenenza. Riveste in pratica la persecuzione di un mantello di rispettabilità. Per esempio la succitata legge sulla blasfemia in alcuni paesi è stata usata per giustificare azioni di limitazione nei confronti del dissenso civile, impedendo la critica di strutture politiche e limitando la libertà di parola delle fedi minoritarie, dei membri dissidenti della fede di maggioranza e di persone religiose in genere. Sotto queste legislazioni, sono stati imputati reati criminali contro individui per aver diffamato, denigrato, insultato, offeso, disprezzato, bestemmiato l’Islam, col risultato di grossolane violazioni dei diritti umani. Dal diritto di libero culto alla possibilità di condividere fedi diverse o di manifestare a limite il proprio ateismo, la Risoluzione sulla Diffamazione delle Religioni minaccia di giustificare la persecuzione. Di fatto essa impedisce la libertà di religione e pertanto, in ultima analisi, inibisce la formazione di una società veramente civilizzata. Per Reporters senza frontiere "alcuni stati membri stanno stabilendo un meccanismo che ha il mero scopo di proibire critiche sulle religioni, su tutte l'Islam. Un processo pericoloso che andrebbe fermato. Il rispetto della libertà d'espressione è fondamentale quanto il rispetto della libertà religiosa. L'uno non esiste senza l'altro". Secondo l'organizzazione satira, opinioni e altre attività intellettuali legate alla libertà di pensiero sarebbero così messe in discussione. Il rischio reale è che il concetto di blasfemia venga usato sempre più per scopi politici in modo da bandire ogni dibattito su laicità e riforme. Un caso evidente è quello della giornalista afgana Mohageg Nassab che è stata condannata a morte "per aver insultato l'islam" dopo che il suo quotidiano, Women's Rights, aveva lanciato un appello contro la lapidazione delle donne. Del resto il Consiglio dei diritti umani dell'Onu è stato spesso criticato perché è diventato un riflesso degli interessi dei paesi islamici africani, asiatici e mediorientali che coalizzandosi possono controllarne l'agenda.
Fortunatamente poche settimane fa, nel marzo del 2011, in seguito alla campagna di Porte Aperte Internazionale “Free to believe” e all’assidua attività diplomatica dei loro collaboratori nelle sedi delle Nazioni Unite, il Consiglio per i Diritti Umani dell'ONU ha adottato un’importante Risoluzione presentata dal Pakistan in nome dell’Organizzazione della Conferenza Islamica. Questa Risoluzione rappresenta un primo passo importante nella demolizione dell’odioso concetto di “diffamazione delle religioni”. La risoluzione adottata mira a “Combattere l’intolleranza, gli stereotipi negativi, la stigmatizzazione, la discriminazione, l’incitamento alla violenza e la violenza contro le persone sulla base del credo religioso”. Non più le religioni, ma finalmente le persone. Questo approccio abbandona il pericoloso concetto di diffamazione delle religioni, in passato portato avanti con insistenza dall’OIC stessa, un concetto che legittimava le temutissime leggi sulla blasfemia. La risoluzione si spinge a riaffermare il diritto alla libertà religiosa e di credo, includendovi il diritto ad adottare una religione per scelta personale e il diritto a esprimere liberamente le proprie opinioni in merito. Condanna inoltre ogni campagna d’odio religioso e riconosce che il dibattito pubblico di idee differenti può essere uno dei sistemi di protezione migliori contro le intolleranze religiose. Non possiamo dimenticare che le leggi contro la blasfemia nel mondo sono uno strumento di persecuzione. Proprio in Pakistan il 15 marzo 2011 Qamar David, un cristiano incarcerato proprio per mezzo di questa legge, è morto in prigione molto probabilmente assassinato. In Egitto, Maher El-Gohari è stato costretto a scappare in un altro stato dopo essersi convertito dall’islam al cristianesimo. Sono solo due casi recenti, diversi ma motivati dalla stessa intolleranza di fondo, intolleranza che le leggi sulla blasfemia fomentano e autorizzano. Durante i dibattiti in Consiglio su questa risoluzione, molte delegazioni hanno fatto riferimento agli assassini in Pakistan del governatore Salmaan Taseer e del ministro Shahbaz Bhatti, entrambi impegnati a favore delle minoranze in questo paese e contro la legge sulla blasfemia.
“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti” (Articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 1948).
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