Digital News Report 2015

Creato il 16 giugno 2015 da Pedroelrey

Il Reu­ters Insti­tute for the Study of Jour­na­lism ha rila­sciato i risul­tati della quarta edi­zione del suo stu­dio annuale “Digi­tal News Report”, stu­dio sulle abi­tu­dini di con­sumo dell’informazione online/digitale in 12 nazioni, Ita­lia com­presa, basato su 20mila inter­vi­ste ad altret­tanti con­su­ma­tori di noti­zie online e focus group con­dotti online ed inte­grato con i con­tri­buti di auto­rità del set­tore quali Emily Bell.

Lo stu­dio, con­dotto tra gen­naio e feb­braio di quest’anno, prende in con­si­de­ra­zione sola­mente coloro che con­su­mano infor­ma­zione e che hanno accesso ad inter­net. Per quanto riguarda spe­ci­fi­ca­ta­mente il nostro Paese si tratta della nazione con la minor pene­tra­zione della Rete tra le dieci prese in con­si­de­ra­zione come mostra la sezione dedi­cata alla meto­do­lo­gia della ricerca. È esclusa quindi poco meno della metà della popo­la­zione italiana.

Il rap­porto si com­pone di 112 pagine. Come di abi­tu­dine, se il tema vi inte­ressa, che sia a titolo per­so­nale o pro­fes­sio­nale, con­si­glio cal­da­mente la let­tura inte­grale dello stu­dio al di là della mia per­so­nale sin­tesi ed inter­pre­ta­zione. Se siete di fretta invece, potete leg­gere la scheda di sin­tesi con focus al sistema media­tico dell’Italia e guar­dare il video sot­to­stante che sin­te­tizza in meno di due minuti i risul­tati prin­ci­pali a livello globale.

In 6 dei 12 Paesi presi in con­si­de­ra­zione dallo stu­dio il con­sumo d’informazione online, inclu­sivo dei social, supera quello tele­vi­sivo. Così non è per quanto riguarda l’Italia dove invece la tele­vi­sione regna sovrana. Il gra­fico sot­to­stante riporta il det­ta­glio di cia­scuna nazione. Si tratta dell’ennesima evi­denza, se neces­sa­rio, che rifarsi ad espe­rienze inter­na­zio­nali non sem­pre fun­ziona viste le pro­fonde differenze.

L’Italia una delle nazioni con il più basso indice di fidu­cia sull’informazione con solo il 35% delle per­sone che rispon­dono posi­ti­va­mente alla  domanda “I think you can trust most news most of the time”.

È con­fer­mato ampia­mente l’utilizzo dei social come fonte dalla quale appren­dere le noti­zie. Sono ovvia­mente Face­book e Twit­ter i due prin­ci­pali social con il primo — con un’audience molto ampia e gene­ra­li­sta — che viene usato pre­va­len­te­mente per altri scopi, a comin­ciare dal rela­zio­narsi con amici/conoscenti, ed il secondo che invece è uti­liz­zato da un pub­blico più spe­cia­liz­zato alla ricerca degli ultimi svi­luppi, delle novità, anche in campo informativo.

In cre­scita anche l’utilizzo di Wha­tsApp con l’Italia al terzo posto su 12 per l’utilizzo dell’applicazione di mes­sag­gi­stica istan­ta­nea per rice­vere noti­zie. In cre­scita anche la frui­zione di video come fonte d’informazione sia in gene­rale che in spe­ci­fico rife­ri­mento al nostro Paese.

Le noti­zie sono sem­pre più unbran­ded e la search ed i social diven­gono pre­po­ten­te­mente la porta d’ingresso ai siti web delle testate. In Ita­lia la search è la fonte di accesso alle noti­zie per il 66% dei rispon­denti [ancora con­vinti di voler fare la “guerra santa” a Goo­gle?], i social il 33%, men­tre l’accesso diretto ai new­sbrand è pra­ti­cato solo da un quinto delle persone.

Le noti­zie unbran­ded, senza marca distin­tiva, sono la deri­vata di una poli­tica scel­le­rata di gestione della marca con online che ha carat­te­ri­sti­che com­ples­si­va­mente non con­grue con quelle dell’omologa ver­sione car­ta­cea; in par­ti­co­lare in Ita­lia dove sono nette le dif­fe­renze. Per un pugno di click si svende la marca.

Come emerge distin­ta­mente dai dati Audi­web, il rap­porto con­ferma che i legacy media pre­val­gono su digi­tal born. In Ita­lia alla domanda su quale fonte d’informazione online sia stata uti­liz­zata nell’ultima set­ti­mana il 79% cita una testata tra­di­zio­nale e il 51% invece una all digi­tal. Tra i glo­bal new­sbrand nativi digi­tali Yahoo, MSN e Huf­f­Post sono i più citati ma restano comun­que rela­ti­va­mente mar­gi­nali, sem­pre al di sotto del 10% dei rispondenti.

L’infografica sotto ripor­tata rias­sume quali sono i new­sbrand ita­liani, online e offline, con la mag­gior pene­tra­zione a livello di uti­lizzo settimanale.

Il Reu­ters Insti­tute for the Study of Jour­na­lism seg­menta coloro che frui­scono d’informazione online in  tre tipo­lo­gie: i “casual users”, coloro che acce­dono all’informazione una volta al giorno o meno, che pesano il 34% del totale, i “daily brie­fers”, che come dice il nome acce­dono quo­ti­dia­na­mente all’informazione una o più volte nel corso della gior­nata e pesano il 45%, e i “news lovers”, per­sone che acce­dono all’informazione 5 o più volte nel corso della gior­nata e rap­pre­sen­tano il 21% del totale. In Ita­lia i “news lovers” sono il 17% e i “casual users” il 10%.

La frui­zione delle noti­zie si spalma abba­stanza uni­for­me­mente nell’arco della gior­nata con pic­chi alla mat­tina pre­sto ed in prima serata. L’accesso avviene pre­va­len­te­mente da casa, a pre­scin­dere dal device uti­liz­zato, circa un quarto lo fa dal lavoro e una parte mar­gi­nale invece men­tre è in movimento.

Le noti­zie nazio­nali, seguite da quelle inter­na­zio­nali e locali, sono al primo posto degli inte­ressi per tipo­lo­gia d’informazione in 10 nazioni su 12, ita­lia inclusa.

Nel nostro Paese il 51% degli inter­vi­stati afferma di aver pagato, di aver acqui­stato un gior­nale di carta. Per­cen­tuale che scende al 12% per quanto riguarda le news online/in for­mato digi­tale. Teo­ri­ca­mente l’Italia, dopo Dani­marca e Fin­lan­dia, è la nazione con la mag­gior pro­pen­sione al paga­mento delle noti­zie; vedendo le per­cen­tuali, net­ta­mente infe­riori, delle altre nazioni si capi­sce quanto neces­sa­ria sia un abbon­dante tara­tura tra dichia­rato e rea­liz­zato. In caso di dubbi basti vedere l’andamento effet­tivo delle ven­dite di copie digi­tali. La stra­grande mag­gio­ranza di coloro che pagano per le news online/digital, acqui­sta “one shot” [63%]. Ulte­riore ele­mento di rifles­sione come ho già avuto modo di sot­to­li­neare.

L’Italia è tra le nazioni in cui le per­sone hanno una mag­giore pro­pen­sione ad uti­liz­zare i social per la frui­zione d’informazione. I milioni di fan alle pagine delle diverse testate, per come ven­gono gestiti, non ser­vono ad altro che ad ali­men­tare i ricavi di Zuc­ker­berg & Co. Basti vedere, in assenza di altri dati o di uti­lizzo di piat­ta­forme spe­ci­fi­che di moni­to­rag­gio, il rap­porto tra numero di fan, pur con tutte le tara­ture sulla reach effet­tiva, e gli accessi com­ples­sivi al sito web cor­ri­spon­dente della testata o, peg­gio, la ven­dita di copie car­ta­cee, per veri­fi­care quanto labile sia la relazione.

Il rap­porto chia­ri­sce come a fronte di un incre­mento dell’uso dei social come punto di sco­perta della noti­zie non vi sia invece un incre­mento nella par­te­ci­pa­zione. I social sono più un fil­tro di sele­zione che non una fonte d’informazione. Le noti­zie si con­di­vi­dono e si com­men­tano ancora oggi “face-to-face”.

Credo che vada com­ple­ta­mente rivi­sto, ribal­tato l’approccio. È meglio avere cen­ti­naia di migliaia di per­sone delle quali non si sa nulla, che non leg­gono e che com­men­tano a caso e fuori luogo o è meglio ridurre la quan­tità e sta­bi­lire una rela­zione, creare enga­ge­ment con coloro che interessano?

Per­so­nal­mente non credo pos­sano esserci dubbi sul pre­fe­rire la seconda scelta. Per un’ecologia dei social media ini­ziate, ini­ziamo, ad abbat­tere la fan base ed a capire cosa inte­ressa ai nostri let­tori, a misu­rare più il click trough che altri para­me­tri, a rela­zio­narci con loro, come ho già avuto modo di dire.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :