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DIMETTERSI E' IL MENO PEGGIO PER PENTONE: questo è l'incipit dell'invito che il gruppo di minoranza di Alternativa Democratica ha fatto agli amministratori di maggioranza e in particolar modo al sindaco Raffaele Mirenzi. Quattro fogli per dire che non si è mantenuta nessune delle promesse fatte durante la campagna elettorale e ad inizio legislatura. Le accuse sono quelle soprattutto di inoperosità che secondo la minoranza non ha permesso al paese di uscire dalla pessima situazione in cui si trova. Non c'è stata inoltre per Alternativa Democratica quella riappacificazione sociale tanta sbandierata. Dalle tante accuse vengono in parte scagionati alcuni assessori che almeno inizialmente avevano cercato di dare il loro contributo e che invece sono stati "inibiti" dal sindaco. Vengono poi sottolineati i gravi ritardi di cui è vittima il centro presilano che non possono essere più ignorati. Alternativa democratica parla di "paralisi amministrativa" e di questo sono ritenuti corresponsabili tutti i consiglieri di maggioranza. Le principali pecche sono per la minoranza i tecnicismi che ancora impediscono l'approvazione del P. S. A. ex piano Regolatore, l'arroganza del sindaco e la mancanza di una politica ambientale. Tante accuse con una sola conclusione: la richiesta di dimissioni. Restituire quindi il mandato agli elettori, i primi delusi per Alternativa Democratica, è la soluzione a tutti i mali. Una richiesta forte che non è passata inosservata in una bella domenica di fine febbraio, ma che cela anche una certa difficoltà da parte degli stessi richiedenti la cui intraprendenza politica non è che faccia tanto da contraltare! Se è vero che mancano iniziative da parte della maggioranza altrettanto possiamo dire della minoranza che fin dagli esordi ha perso una componente e che non è mai riuscita a dare particolari segni di vitalità. Pentone non ha bisogno di beghe puramente domenicali e di manifesti di botta e risposta. L'elettore che è poi soprattutto cittadino dovrebbe avere più centralità e più risposte. Pentone non ha bisogno in questa fase particolare della sua storia di schieramenti contrapposti che si nascondono dietro ad estemporanee uscite, ma di confronto e di coinvolgimento. La politica del fare e del dire deve lasciare il posto alla politica dell'agire insieme e per gli altri. Non c'è in questo momento un gruppo che ha ragione e uno che ha torto, ci devono essere obiettivi comuni di crescita, di sviluppo e di pacificazione.