Oggi vi lascio con la recensione del libro di uno degli autori che saranno protagonisti proprio al Salone (credo ci sia sabato), Luca Bianchini, che ha pubblicato il 12 maggio il suo nuovo romanzo Dimmi che credi al destino. Ve lo anticipo, questa recensione mi ha straziato il cuore...
Titolo: Dimmi che credi al destino
Autore: Luca Bianchini
Editore: Mondadori
Collana: Scrittori italiani e stranieri
Pagine: 264
Ebook: € 9,99
Cartaceo: € 17,00
Data di pubblicazione: 12 maggio 2015
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TRAMA
Ornella ama i cieli di Londra, il caffè con la moka e la panchina di un parco meraviglioso dove ogni giorno incontra Mr George, un anziano signore che ascolta le sue disavventure, legate soprattutto a un uomo che lei non vede da troppo tempo, e che non riesce a dimenticare. A cinquantacinque anni, Ornella si considera una campionessa mondiale di cadute, anche se si è sempre saputa rialzare da sola. Per fortuna può contare su Bernard, il suo vicino di casa, che la osserva da lontano e la conosce meglio di quanto lei conosca se stessa L'ultima batosta, però, è difficile da accettare. La piccola libreria italiana che dirige nel cuore di Hampstead – dove le vere star sono due pesci rossi di nome Russell & Crowe – rischia di chiudere: il proprietario si è preso due mesi per decidere. Lei, che sa lottare, ha imparato anche a lasciarsi aiutare, e così chiama in soccorso la Patti, la sua storica amica milanese – inimitabile compagna di scorribande – che arriva in città con poche idee e tante scarpe, ma sufficiente entusiasmo per trovare qualche soluzione utile a salvare l'Italian Bookshop. La prima è quella di assumere Diego, un ragioniere napoletano bello e simpatico, che fa il barbiere part-time, ha il cuore infranto e le chiama Guagliuncelle. Ma proprio quando la libreria ha più bisogno di lei, il destino riporterà Ornella in Italia, a bordo di una Seicento malconcia guidata in modo improbabile dalla Patti. Tra humour inglese e una malinconia tutta italiana, Dimmi che credi al destino è una storia commovente di rinascita e speranza. Ambientato in una Londra dove il cielo cambia sempre colore e l'amore brucia a fuoco lento, Luca Bianchini racconta con il suo stile inconfondibile una storia che non avresti mai pensato di ascoltare, e che assomiglia terribilmente alla vita.
RECENSIONE
Questa si che è difficile!
Io non so veramente cosa sia successo, ma in questo libro non ho trovato il solito Bianchini, quello che sa creare in poche righe un'atmosfera calda e solare, immagini fresche e vivaci, una storia che ti fa innamorare fin da subito. Questo era stato per me Io che amo solo te, un libro che mi aveva conquistato per lo stile dell'autore e la sua creatività. Dimmi che credi al destino invece, mi spiace dirlo, mi ha deluso.
La storia ha al centro Ornella, italiana oramai da anni trasferitasi a Londra, che cerca in tutti i modi di salvare dalla chiusura la libreria nella quale lavora. Per farlo chiede aiuto alla amica di sempre, Patti, che le suggerisce di assumere Diego, un napoletano giunto nella capitale britannica in seguito ad una burrascosa relazione con Carmine. Ornella però deve vedersela anche coi fantasmi del passato.
Partiamo con la storia.. Non mi ha entusiasmato. Oramai parlare nei romanzi di libri e librerie (piccole, grandi, familiari, in crisi, strane, dell'usato, ecc) è diventato di moda e in un modo o nell'altro questi romanzi finiscono col somigliarsi tutti. Si legge nei ringraziamenti che questa storia è in parte di fantasia in parte no, ispirata da un'amica libraria dell'autore. Ci possono essere mille motivazioni che hanno portato Bianchini a buttarsi su questo tipo di storia ma sta di fatto che l'idea sa di già visto e il romanzo ne risente. Inoltre è talmente pieno di luoghi comuni da far girare la testa: sugli italiani, sugli inglesi, sulle donne, sui gay. Se l'idea era quella di usarli per far spuntare il sorriso poteva funzionare all'inizio, ma dopo un po' il tempo comico inciampa e il lettore si annoia. Ora mi direte che anche in Io che amo solo te i luoghi comuni pochi non erano. Si è vero, ma erano utilizzati bene e soprattutto facevano veramente ridere.
Ci sono poi elementi che tornano in continuazione e che ad un certo punto danno quasi fastidio. Anche qui, idee per alleggerire i toni e rendere particolari i personaggi, ma che non rendono appieno lo stile solito dell'autore: l'intolleranza all'origano, il nano da giardino rubato e relativa proprietaria, le majorette (che proprio non ho capito).
Tutto da buttare? Ni. Si vede che c'è l'impronta di Bianchini, spuntano qua e là momenti divertenti, come l'idea del gatto immaginario o il trauma dei cappelli ad Ascot, ma è troppo poco.
Anche i personaggi mi hanno lasciata piuttosto perplessa, piatti, sciatti e noiosi quelli di contorno, come Bernard e Clara, irritanti e fastidiosi i principali. Non ce n'è stato uno in grado di farmi innamorare di (o almeno simpatizzare per lui)... Forse giusto il gatto immaginario... Ornella con il suo passato difficile e Diego con la sua vita sentimentale complicata dovevano essere il motore portante del romanzo, dare oltre che il divertimento anche quel pizzico di malinconia che sembra necessario, ma non ci riescono, sembrano frenati, sia in un senso che nell'altro.
Il finale... Naturalmente non posso dirvi niente ma un finale così ha confermato una volta di più il mio giudizio negativo. E credetemi, mi spiace! Ma proprio non ho trovato quel calore avvolgente di Io che amo solo te! Peccato...
Voto
Alla prossimaEliza