Interferenza in onde acquose
Come effettuare una misura gravimetrica con precisione estrema rappresenta una questione a cui è difficile rispondere, in quanto la misura di una massa è affetta da un certo numero di problemi che vanno ad inficiare direttamente sul sistema di misura, il quale è perennemente sottoposto ad un meccanismo di comparazione che trascina con se altre incertezze rilevanti.
La pesata è una delle operazioni più frequenti del laboratorio, una delle sporadiche situazioni in cui è possibile avvertire il “peso” del problema della precisione. Le moderne bilance analitiche oggi riescono a garantire una riduzione dei tempi di misurazione e una precisione ottimale grazie all’elettronica sofisticata e ad un sistema di taratura periodico che certifica la “bontà” della misura entro certi termini di confidenza. Tuttavia esistono problemi collaterali dovuti a influenze fisiche (evaporazione, variazione del contenuto di umidità) o a forze esterne (magnetismo, cariche elettrostatiche) da non sottovalutare che potrebbero essere interpretate come variazioni della massa effettive quando in realtà dipendono da fattori diversi.
Una bilancia analitica
Per questi motivi nel tempo sono stati escogitati sistemi sempre più sofisticati per misurare la massa, come tavolini antivibranti, camera di pesata con paratie scorrevoli per limitare influssi ambientali e altri accorgimenti volti a eliminare cause di errori ”ambientali” che altrimenti sarebbero determinanti. Ad esempio l’accuratezza e la riproducibilità di una pesata sono direttamente correlati al luogo di installazione della bilancia. Ai tecnici è noto che bisogna evitare le correnti d’aria di qualsiasi tipo, anche quelle del passaggio casuale di una persona nelle vicinanze, come anche qualsiasi tipo di vibrazione, per le quali è consigliabile piazzare lo strumento preferenzialmente in un angolo del laboratorio, in quanto questi sono i luoghi con minori vibrazioni di un edificio e meno soggetti al traffico pedonale. Evitare raggi luminosi diretti, sia solari che artificiali se provenienti da lampade a incandescenza, stabilire un condizionamento il più possibile stabile (sia in temperatura che per umidità relativa) e provvedere a regolare la messa in bolla al centro esatto della livella tramite i piedini regolabili comprendono i principali accorgimenti per ottenere la massima precisione possibile dall’apparecchiatura in uso. Per il resto molti automatismi elettronici provvedono a stabilizzare e compensare agevolmente persino l’errore di altitudine.
Tanto per fare un esempio pratico, prendete nota del fatto che pesando un semplice foglio di carta che non sia in perfetto equilibrio con l’ambiente circostante, si noterà facilmente un valore visualizzato sul display estremamente mutevole e instabile, se non solo dopo qualche tempo, e mai completamente. Infatti basta misurare con precisioni dell’ordine del decimo di milligrammo (0,0001 g) per accorgersi che l’ultima cifra oscillerà indefinitamente a causa del continuo tentativo delle sensibilissime fibre cellulosiche di (ri-)equilibrare la propria umidità interna con l’ambiente, anche per variazioni infinitesimali, appunto dell’ordine di un decimilligrammo.
Peso campione di 1 kg
Tornando alla questione del confronto, è risaputo che per ottenere con precisione assoluta la massa di qualcosa, si rende necessaria una comparazione con un pezzo di metallo molto particolare come quello definito ad esempio dal prototipo internazionale del chilogrammo: un cilindro retto composto da una lega di platino e iridio, è conservato al Bureau International des Poids et Mesures (Ufficio internazionale dei pesi e delle misure) presso il Pavillon de Breteuil a Sèvres, Francia.
Purtroppo però, oltre al fatto che il chilogrammo è l’unica tra le unità di misura del Sistema Internazionale ad essere definita in relazione ad un manufatto e non a una proprietà fisica, questa pratica non risente solo delle imprecisioni implicite in un sistema fin troppo tradizionalistico, ma comporta anche cause di errori funesti come quelli riscontrati di recente che denunciano, ultimi di una lunga serie, insostenibili variazioni di massa dovute a depositi che impercettibilmente fanno “ingrassare” il campione di qualche milionesimo di grammo, e anche se la variazione è piccola e trascurabile nelle applicazioni pratiche, non lo è affatto in quelle scientifiche e di alta precisione.
Tra le numerose proposte di revisione del campione di massa, di recente ne emerge una da parte di Holger Müller et al. pubblicata su Science che sembra essere molto brillante, oltre che elegante nella sua complessità. Essa si basa su una quantità che noi riusciamo a determinare con precisione davvero elevata: il tempo! Il problema consiste nel misurare la massa di qualcosa tramite l’unità di tempo, ma vedrete che è più semplice di quanto sembri.
Qui si tratta di introdurre uno dei concetti della fisica quantistica, dove ogni oggetto può anche essere descritto da un’onda. In termini matematici, si può dire che ogni onda è rappresentabile tramite una funzione. Una delle principali caratteristiche di qualsiasi onda è la sua oscillazione, come ad esempio le increspature di una pozza d’acqua formate da una pietra che vi penetra.
La proprietà principale delle oscillazioni della funzione d’onda di un oggetto, è che la loro velocità aumenta all’aumentare della massa e questa dipendenza fornisce un collegamento diretto tra massa e tempo. Misurando la velocità delle oscillazioni della funzione d’onda di un oggetto ci restituisce la sua massa. L’unico problema che bisogna affrontare è che anche per qualcosa tanto piccolo come un atomo, queste onde oscillano così velocemente da non poter essere misurate in nessun modo, almeno non con la tecnologia attualmente disponibile.
Müller e i suoi colleghi allora hanno escogitato un trucco molto ingegnoso per acquisire tali informazioni sulle funzioni d’onda degli atomi. Isolando alcuni atomi in fase gassosa di Cesio 133 e irradiandoli con un raggio laser con intensità e pulsazioni selezionate in modo da colpire circa la metà degli atomi presenti, in modo da rimuoverli dalla loro posizione di riposo, tanto per cominciare. Qualche istante più tardi, un secondo impulso del laser riporta le particelle del gas nella loro posizione iniziale, così da riunirsi nuovamente alla metà delle particelle rimaste in quiete. Queste due operazioni provocano un’interferenza nei confronti delle onde simile a quella che si verifica lanciando una dopo l’altra due pietre in uno stagno.
Nel caso del gas atomico, gli schemi di interferenza indicano anche la differenza tra le funzioni d’onda delle particelle in movimento e quelle rimaste in quiete. La teoria della relatività di Einstein afferma che una particella in movimento possiede una massa maggiore di una a riposo. In altre parole, gli atomi che si sono spostati risentono di una maggiore velocità di oscillazione. Dato che la differenza delle velocità non è così elevata, la differenza tra le oscillazioni delle due funzioni d’onda è sufficientemente piccola da essere misurata sperimentalmente. Chiaramente ciò si verifica se e solo se misurare la massa tramite il tempo è più facile che misurare la differenza in peso con il sistema tradizionale.
Interferenza in onde luminose
Le attuali misurazioni degli schemi di interferenza tra gli atomi di un gas vengono effettuate tramite laser calibrati con estrema precisione, per mezzo di una tecnica chiamata pettine di frequenze. La precisione raggiunta misurando la massa degli atomi di cesio è già dieci volte migliore degli standard di massa esistenti, ed è paragonabile ad alcune delle migliori alternative studiate appositamente per questo scopo. Di certo definire un nuovo standard per la massa richiede ancora molto lavoro di ricerca, inoltre misurare la massa di un singolo atomo non è proprio così diretto per definire un’unità macroscopica come quella del chilogrammo. Tuttavia questo esperimento così ingegnoso rappresenta davvero un bellissimo ed interessante sistema per collegare finalmente l’ultima unità di misura campione che ancora resiste al processo di evoluzione verso una definizione ottenuta esclusivamente con grandezze fisiche determinate senza l’ausilio di un campione che potrebbe variare eludendo qualsiasi controllo, ma anche la bellezza intrinseca del collegamento tra massa e tempo, che a prima vista potrebbe sembrare incredibile!
Ispirato e liberamente adattato da “Measuring mass by telling the time” di Joerg Heber (All That Matters).
Lan, S., Kuan, P., Estey, B., English, D., Brown, J., Hohensee, M., & Muller, H. (2013). A Clock Directly Linking Time to a Particle’s Mass Science DOI: 10.1126/science.1230767