Dino buzzati: i dolori, i rimpianti e le delusioni del nostro tempo.

Da Antonio Ragone @AntonioRagone


Dino Buzzati 1906-1972


Dino Buzzati è un letterato che ha saputo dare  voce all'assurdo dell'esistenza, mostrare il risvolto paradossale e  inquietante del vivere. Buzzati utilizza il coraggio della fantasia, espressa con un calibrato pizzico d'ironia, obbligando il lettore a pensare, a riflettere sul senso della vita in una misteriosa e opaca dimensione della realtà. Come in questo racconto, nel quale i rimpianti toccano così in profondità il protagonista, Ernst Kazirra, da spingerlo a maturare in un attimo l'idea di aver commesso troppi errori. È come se fosse al termine della sua esistenza ed è chiamato a renderne conto, a leggere il bilancio del dare e dell'avere. Egli ha improntato la sua vita alla ricerca del successo, sacrificando ogni altro valore, soprattutto i sentimenti. I tre giorni, che vengono descritti in una situazione surreale e in un forte contesto di simboli,  gli consentono finalmente di comprendere com’egli li abbia vissuti trascurando le cose sue più care, come la fidanzata, il fratello morente e il cane fedele. La scoperta, che avviene nell’ombra della notte, è agghiacciante: sono stati i giorni perduti.

I GIORNI PERDUTIQualche giorno dopo aver preso possesso della sontuosa villa, Ernst Kazirra, rincasando, avvistò da lontano un uomo che con una cassa sulle spalle usciva da una porticina secondaria del muro di cinta, e caricava la cassa su di un camion.Non fece in tempo a raggiungerlo prima che fosse partito. Allora lo inseguì in auto. E il camion fece una lunga strada, fino all'estrema periferia della città, fermandosi sul ciglio di un vallone.Kazirra scese dall'auto e andò a vedere. Lo sconosciuto scaricò la cassa dal camion e, fatti pochi passi, la scaraventò nel botro; che era ingombro di migliaia e migliaia di altre casse uguali.Si avvicinò all'uomo e gli chiese:- Ti ho visto portar fuori quella cassa dal mio parco. Cosa c'era dentro? E cosa sono tutte queste casse?Quello lo guardò e sorrise:- Ne ho ancora sul camion, da buttare. Non sai? Sono i giorni.- Che giorni?- I giorni tuoi.- I miei giorni?- I tuoi giorni perduti. I giorni che hai perso. Li aspettavi, vero? Sono venuti. Che ne hai fatto? Guardali, intatti, ancora gonfi. E adesso?Kazirra guardò. Formavano un mucchio immenso. Scese giù per la scarpata e ne aprì uno.  C'era dentro una strada d'autunno, e in fondo Graziella la sua fidanzata che se n'andava per sempre. E lui neppure la chiamava.Ne aprì un secondo. C'era una camera d'ospedale, e sul letto suo fratello Giosuè che stava male e lo aspettava. Ma lui era in giro per affari.Ne aprì un terzo. Al cancelletto della vecchia misera casa stava Duk il fedele mastino che lo attendeva da due anni, ridotto pelle e ossa. E lui non si sognava di tornare.Si sentì prendere da una certa cosa qui, alla bocca dello stomaco. Lo scaricatore stava diritto sul ciglio del vallone, immobile come un giustiziere.- Signore! - gridò Kazirra. - Mi ascolti. Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni. La supplico. Almeno questi tre. Io sono ricco. Le darò tutto quello che vuole.Lo scaricatore fece un gesto con la destra, come per indicare un punto irraggiungibile, come per dire che era troppo tardi e che nessun rimedio era più possibile. Poi svanì nell'aria, e all'istante scomparve anche il gigantesco cumulo delle casse misteriose. E l'ombra della notte scendeva.

Dino Buzzati"I giorni perduti", in 180 racconti, Milano, Mondadori. 

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