La tematica del viaggio è centrale nella poesia di Dino Campana. Partendo dal dato biografico, da quel periodo di estremo nomadismo antecedente la scrittura e successiva pubblicazione dei Canti Orfici, tale tematica si dilata a dismisura, fino a permeare quasi completamente l’intera opera poetica del marradese. La geografia confusa delle vicende biografiche si confonde ulteriormente con la geografia del naufragio interiore. Un nomadismo spirituale, dovuto alla sua doppia condizione di disagio psichico e di poeta emarginato, emerge dalle nebbie della memoria. Poesia di viaggio o, come la definì Montale, poesia di fuga: fuga dal proprio disagio, dal conformismo, dalla mediocrità, dall’omologazione totalitaria della modernità.
Così, se in Viaggio a Montevideo, la geografia biografica appare tratteggiata, siappure sotto la coltre di una nebbia metafisica che già apre ad altri piani di significanza, in Passeggiata in tram in America e ritorno, lo stesso episodio biografico naufraga già nel titolo in un nonsense surreale, assurdo. La geografia fisica abbandona completamente il campo e la dimensione interiore spadroneggia, con la sua potenza simbolica, visionaria e plurivoca.
Ma il viaggio campaniano è anche peregrinaggio spirituale, particolarmente nei luoghi di San Francesco. Un disperato tentativo catartico, compiuto nella speranza di ritornare ad una primigenia purezza d’animo, per oltrepassare la dimensione del disagio interiore.