Se estendiamo l’illimitata tolleranza
anche a coloro che sono intolleranti,
se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti,
allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi.
da La società aperta e i suoi nemici – Karl Popper
(c) Yousuf Nasir
LA CROCE DEL MUSULMANO
Nell’attentato contro la rivista “Charlie Hebdo” i due uomini gridavano, in arabo, “Allah Akbar” (Dio è grande), e altre frasi tra cui ho distinto la parola “colonizzatore”, forse era una specie di invocazione contro il colonialismo. I due musulmani gridavano anche “abbiamo vendicato il profeta”. Io penso che la loro vendetta è caduta proprio sul Profeta dell’Islam, che ora dolente guarda da lassù. Guarda probabilmente a questi francesi, ma anche ai due egiziani che sono rimasti uccisi, che di mattina hanno salutato i loro bambini, andando a procurarsi del pane. E invece si trovano ad affrontare il loro destino. Che Dio doni loro la pace, la pazienza e la forza ai loro familiari.
Appena mi sono svegliato, come al solito, ho acceso la mia fidata TV araba che mi fornisce corrette notizie, ho acceso il fornello per mettere il caffè, e successivamente con il caffè ho acceso la mia sigaretta mentre ascoltavo la notizia. Guardo la TV araba, irachena per la precisione, per procurami notizie su quello che succede un po’ nel mondo arabo, soprattutto nel mio paese, da più di sei mesi giace sotto un regime di guerra e attentati terroristici. Non mi aspettavo di certo un evento del genere. Appena ho saputo la notizia dell’ attentato a“Charlie Hebdo” e ho visto i filmati, non ho acceso più niente, è dentro di me che si è acceso un vulcano ed è scoppiato di rabbia e di parole. Appunto, la parola! E’ l’unica arma che ho e che assolutamente preferisco, per difendermi, per combattere, per cambiare e per fare ogni cosa. Ho soltanto la parola, contro il quale l’attentato di oggi , soprattutto, era rivolto. La penna libera, la parola libera, il pensiero libro erano l’obiettivo dell’attentato di oggi.
Dunque, ragionavo sui primi anni dell’avvento dell’Islam, quando il Profeta aveva ancora pochi compagni. La loro gente li trattava con violenza. Ogni forma di violenza era lecita: torture, prigione, uccisioni, espulsioni, e ancora molto altro. Successivamente, quando il Profeta e i suoi seguaci sono diventati tanti, più forti e sono riusciti persino a controllare la Mecca, la città dove prima venivano torturati, non si sono vendicati, anzi il Profeta aveva perdonato tutti, e aveva fatto regnare la pace. Nella prima guerra tra musulmani e non musulmani, la vittoria è stata dei musulmani. Essi sono riusciti a prendere in ostaggio settanta persone. Il Profeta, a quel tempo, ha diviso gli ostaggi tra i suoi compagni, raccomandando loro di trattarli con la massima bontà. E in effetti i musulmani davano loro la precedenza nel cibo, li trattavano con rispetto e con bontà, seguendo gli ordini del loro Profeta, fino alla loro libertà risarcita dai familiari. Non voglio difendere il Profeta e l’Islam, ma voglio soltanto fare una distinzione tra due pensieri diversi. Oggi giorno, invece, gli estremisti musulmani, l’ISIS, al Qaida ecc., non hanno niente a che fare con questi ordini del Profeta. Solo in Iraq, alcuni mesi fa, l’ISIS ha preso in ostaggio 1700 studenti di una accademia militare. Di questi 1700 nessuno è rimasto vivo, sono stati uccisi tutti in modo orribile e a sangue freddo. Chi sono dunque le prime vittime dell’ISIS e dei terroristi? Se si dà uno sguardo al bilancio dei morti nei paesi musulmani in cui si trovano questi movimenti estremisti non si può assolutamente negare che le prime vittime sono proprio i musulmani. Migliaia e migliaia di musulmani uccisi nei modi più crudeli e incredibile, che è l’arte di uccidere di questi estremisti: esplosioni, autobombe, asinobombe, kamikaze, attentati, rapimenti, …Se ne potrebbero scrivere liste a non finire. Nel mondo ci sono più di un miliardo e mezzo di musulmani e solo poche migliaia di loro sono estremisti che, tra l’altro, uccidono anzitutto la stessa maggioranza musulmana. Cosa hanno in comune il Profeta, i primi musulmani, e oggi questa maggioranza pacifica musulmana, con gli estremisti e i terroristi? Soltanto il nome: Islam.
Chi è colui che risulta avvantaggiato da questo attentato barbarico e terroristico oggi, e dei diversi attacchi terroristici a nome dell’Islam? Non certo i milioni di musulmani che vivono in Occidente, i musulmani che sono fuggiti proprio da questi terroristi abbandonando i loro paesi, in cerca di una vita pacifica e tranquilla. Coloro che ricavano vantaggi sono sicuramente i movimenti occidentali di estrema destra, ancora minoranza, che verseranno la loro “rabbia” nelle campagne elettorali contro l’estremismo islamico rappresentato, secondo loro, da ogni musulmano, soprattutto in Occidente. E così succede che io, in quanto residente in un paese occidentale, mi sveglio in un giorno qualunque e mi sento una minaccia per gli altri, mi sento un probabile terrorista agli occhi di tanti. Dicevo che le prime vittime del terrorismo sono gli stessi musulmani, e infatti solo negli scorsi due mesi ho perso due cugini che combattevano contro il terrorismo, e tanti tra gli amici e i conoscenti, e migliaia di compaesani. Questo per non tornare indietro negli anni e contare altri parenti, amici e conoscenti. In un articolo che scrissi tempo fa dicevo che in Iraq, da più di dieci anni ormai, muoiono ogni giorno almeno una cinquantina di persone, vittime del terrorismo. E non è un numero gonfiato è la realtà quotidiana, misurata famiglia per famiglia. Questo per non contare le vittime degli altri paesi. Dunque io sono tra i primi che subiscono la criminalità malvagia degli estremisti e dei terroristi, eppure qualcuno mi considera un terrorista, e qui i miei cugini e tutte le vittime del terrorismo muoiono violentemente, davanti ai miei occhi, un’altra volta, e io subisco, violentemente un altro oltraggio, e mi trovo ad essere doppiamente vittima.
Cosa dovrò fare io per dimostrare la mia innocenza dall’accusa che mi sento appiccicare alla schiena? Giro per le strade e grido che “i terroristi hanno ucciso i miei familiari, e che io non potrei essere terrorista perché non sono stato io ad uccidere i miei familiari”? o forse mi metto a girare con una maglietta su cui stampare una frase del tipo “io non sono musulmano” o “io sono ateo” o magari mettere addirittura la vignetta del “Charlie Hebdo” sul Profeta! Beh, probabilmente quei terroristi mi cercheranno e mi faranno fuori come hanno fatto con i miei cugini, e come hanno fatto con i giornalisti oggi. O forse qualcuno di estrema destra, vedendo la mia carnagione, che certo non posso cambiare e che svela senz’altro la mia provenienza, dirà “questo è un terrorista che si nasconde sotto questa scritta, e certamente farà un attentato. Prendetelo!”. Così finirò chissà come e non so dove. E poi, mi domando, perché dovrei fare tutto questo? Perché dovrei negare la mia identità che è l’unica cosa che ho, l’unica cosa che mi definisce, l’unica cosa che riferisce a me delle mie origini? Negarle significherebbe negare me stesso! Negare la mia esistenza, e quindi cancellarmi!
Come fa un musulmano che vive in Occidente, come fa uno come me che ha i tratti maledettamente mediorientali, che qualcuno chiama fascino, altri chiamano terrorismo, a vivere e convivere con tutti questi sospetti, con tutte queste dita invisibilmente puntate contro di lui? Come si fa a vivere e convivere con questo peso, con questa gigante croce che solo Domineddio può portare?
Gassid Mohammed
GLI ARALDI NERI
di César Vallejo
Ci sono colpi nella vita, così forti … Io non so!
Colpi come l’odio di Dio; come se di fronte a quelli
la risacca di tutto il sofferto
s’impaludasse nell’anima… Io non so!
Sono pochi ma sono… Aprono solchi scuri
sul viso più fiero e sulla schena più forte.
Saranno forse i puledri di barbari attila;
o gli aranci neri che la Morte c’invia.
Sono le cadute profonde dei Cristi dell’anima,
di una fede da adorare che il Destino bestemmia.
Questi colpi cruenti sono i crepitii
di un pane che ci sta bruciando alla bocca del forno.
E l’uomo… Povero … povero! Gira gli occhi, come
quando una mano sopra la spalla ci chiama;
volge gli occhi folli, e tutto il vissuto
s’impaluda, come fango di colpa nello sguardo.
PADRE NOSTRO
di Nicanor Parra
Padre nostro che sei nei cieli
Gravato da ogni tipo di problema
Con la fronte aggrottata
Come se fossi un uomo qualunque
Non pensare più a noi.
Comprendiamo che soffri
Perché non riesci a risolvere le cose
Sappiamo che il demonio non ti lascia tranquillo
Disfacendo quello che tu hai fatto.
Lui ride di te
Eppure noi piangiamo assieme a te:
Non preoccuparti delle sue diaboliche risate.
Padre Nostro che sei dove sei
Circondato da angeli sleali
Sinceramente: non soffrire più per noi
Devi rendertene conto
Che non sono infallibili gli dei
E che noi altri perdoniamo tutto.
SOPRAVVIVIAMO COMUNQUE
di Dennis Brutus
Sopravviviamo comunque
e non appassisce, frustrata, la tenerezza.
Fasci luminosi indagano
come ratrelli i nostri nudi contorni inermi
accigliato ci sovrasta il Decalogo monolitico
di divieti fascisti
e vacilla verso la catastrofica caduta;
lo stivale s’accanisce contro la porta sbrindellata.
Ma sopravviviamo comunque
agli strappi, alla deprivazione e alle perdite
Le pattuglie si srotolano lungo il buio dell’asfalto
sibilando minacce contro le nostre vite,
e somma crudeltà, in ogni angolo la nostra terra sfregiata dal terrore,
resa sgraziata e inamabile;
lacerati tutti noi e l’abbandono della passione
ma sopravvive comunque la tenerezza.