venerdì 25 maggio 2012 di Michele Scarpinato
Dio è morto. Queste tre parole evocano come prima cosa nella mente Nietzsche o Guccini, a seconda dell’inclinazione intellettuale: borghese o popolare.
Nietzsche viene studiato come ultimo tra i filosofi moderni o il primo dei contemporanei e, proprio per questo, viene designato come antesignano del postmodernismo, proprio perché vive all’interno del cambiamento sociale cogliendone lo spirito.
Alla fine del XIX secolo, infatti, la figura dell’uomo moderno si era già ben configurata e delineata: non ha più legami forti con il mondo rurale della campagna, piena di tradizioni viventi nei riti quotidiani. L’uomo moderno vive le tradizioni in maniera storica e pertanto distaccata.
Nietzsche denuncia con l’espressione “Dio è morto” la presa di coscienza della perdita di un trascendente a cui rivolgere il valore delle nostre azioni.
La canzone del cantautore modenese esprime in poche parole e con il trasporto della musica il concetto profondo del filosofo tedesco e, per dirla con le sue parole, l’uomo metropolitano, moderno-contemporaneo ha come fine quello dell’auto da prendere a rate e il valore delle sue azioni sono appiattite nel viver tranquillo.
Inoltre, Dio e le religioni erano già state condannate a morte dal materialismo definendoli come “l’oppio dei popoli” o, come li definirà Bonhoeffer, “Dio tappabuchi”. Ovvero non più entità ideali e perfette, alla cui perfezione deve tendere la nostra morale e la nostra vita, ma come placebo per i nostri mali esistenziali.
L’idealismo viene così bistrattato nella sua forma di spiritualismo e nella sua forma politica di ideologia. Molti, oggi, nonostante non si predichino atei, stanno lontani dal pensiero spiritualista, come molti altri che pur facendo politica (magari anche all’interno di un partito) rifiutano le ideologie, presentandole come qualcosa del passato, senza che vengano sostituite da qualcosa di nuovo.
Così, se le teologie (gioco forza per aver cassato le religioni) vengono cassate, non c’è più alcuna guida etico-morale a prenderne il posto. Facciamo finta che Kant e la “Critica della ragion pratica” non siano mai esistiti e con Croce condanniamo la religione tout court però la riteniamo necessaria da insegnare a scuola (le religioni, non le teologie!) come regola universale per una moralità.
L’altra forma dell’idealismo più pratico, quello incarnato dalla politica, l’ideologia, ha avuto in epoca contemporanea le due facce di una stessa medaglia: comunismo e fascismo. In entrambi i casi erano gli ideali a guidare le scelte politiche (o almeno nella loro prima versione): ideali pratici quelli del comunismo, ideali spiritualisti quelli del fascismo. In ogni caso ideali, concetti perfetti che facevano da Primo Motore Immobile e da Fine ultimo delle azioni politiche stesse.
Con il fallimento del fascismo e le delusioni del comunismo sovietico, quegli ideali diventano parte del contenitore di ideologia che oggi suona come sinonimo di credenza bigotta, tale e quale a quella religiosa.
Come scrive meglio Guccini: Mi han detto che questa mia generazione ormai non crede in ciò che spesso han mascherato con la fede, nei miti eterni della patria o dell’ eroe.
Persi gli ideali politici e persi i riferimenti religiosi, cosa rimane all’uomo per orientare le sue azioni? Quale sarà la sua bussola quotidiana? Siccome “l’uomo” come entità non è astratta, ma siamo noi stessi, proviamo a chiedercelo: qual è la causa è il fine delle nostre scelte e delle nostre azioni? Nelle nostre intenzioni a cosa tendiamo?
Quando nel nostro intimo ci troviamo davanti a queste domande normalmente troviamo solo un vuoto esistenziale dal quale proviamo a fuggire quotidianamente cercandoci le mille cose che abbiamo da fare. Questo probabilmente perché il nostro agire è regolato da leggi socialmente imposte nella nostra educazione e le compiamo come come ci hanno insegnato a farlo. Nel nostro agire quotidiano siamo degli zombie sociali, degli automi, che seguono spesso percorsi che non hanno scelto.
Ora chiediamoci perché il mondo sembra andare a rotoli. Perché si è smarrito il senso del Bene? Perché si è smarrito il senso del Bene sommo raffigurato da Dio, che è stato sostituito da leggi (finto)morali per reggere il Potere.
Perché la politica fa così schifo? Perché non hanno più un’ideologia e i loro programmi sono un’insieme di proposte demagogiche senza un progetto vero che le guidi verso un’idea di società futura.
Sempre per unire sacro e profano, quello che manca ai partiti di oggi è quello di cui Guccini parla nella canzone già citata: un mondo nuovo e a una speranza appena nata, ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi, perché noi tutti ormai sappiamo che se dio muore è per tre giorni e poi risorge, in ciò che noi crediamo dio è risorto.
La prova di quanto finora scritto sta sulle pagine di cronaca dei media di informazione: la reazione dell’uomo di fronte a se stesso sta nel cercare nel passato la soluzione, infatti vincono sempre più i partiti “estremisti” (ovvero, le cui ideologie non si sono annacquate), le religioni riprendono il potere politico nel Medio Oriente e in Occidente si diffondono le sette cattoliche e le confessioni cristiane più ricche di ritualità rispetto la sbiadita cattolicità comune.
Queste sono reazioni, nel senso di scelte reazionarie. Oggi noi dovremmo tendere a rivoluzioni, nel senso di rivoltare il presente come un calzino e trovare nella società attuale delle bussole ideali a guidare la nostra prassi.
Dovremmo lavorare insieme ad un progetto di bene collettivo futuro, cominciando con una nuova definizione di Bene.
E’ un lavoro che richiede tempo e grande sforzo, ma preferireste che a guidare la vostra vita fosse una progetto basato su un bicchiere di vino e un panino?
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