Viste le considerazioni precedenti, bisogna credere al Purgatorio. Non crederci sarebbe un rischio troppo grande per noi e per i nostri cari. Riflettendo sui vari motivi per cui nel ventunesimo secolo si preferisce non parlare più di Purgatorio o di vita eterna, non è solamente la concezione che tali credenze siano riportabili ad una dottrina punitiva o superstizioni di un tempo ormai passato, ma penso ci siano altre motivazioni. Uno di questi è “la non conoscenza di Dio”. Non si attribuisce più a Dio la santità che gli conviene. Un tempo Dio era considerato l'inavvicinabile, oggi il gran dimenticato. Si entra in chiesa come se fosse un mercato, senza rendersi conto che, come esseri umani, per i nostri stessi meriti, non dovremmo essere degni di stare alla sua presenza, un po' come l'atteggiamento di Pietro quando assisté al miracolo della pesca di Gesù. Avevano provato a pescare per tutta la notte senza prender pesci. Arriva Gesù che ordina loro di gettare nuovamente le reti in mare e tirano su una grande quantità di pesci. La reazione di Pietro è immediata: “Allontanati da me che sono peccatore”. Potremmo riflettere a tal proposito anche sull'atteggiamento del pubblicano di fronte a Dio. Egli non si sente degno di stare davanti a Dio... Èsolamente il perdono di Dio a renderci degni di stare alla sua presenza, il sacrificio di Gesù sulla croce. Se vagliassimo sinceramente quello che siamo, temo che ci terremo lontani dal Santissimo Sacramento. Gesù ci rende grandi con la sua misericordia e perciò di riceverlo nel Sacramento.
Troppo facilmente mescoliamo il pensiero orientale con le suddette pratiche con il cristianesimo. Basti pensare alla New Age. Eppure gli Ebrei esclamavano: “Chi è pari al nostro Dio Creatore dei cieli e della terra?”