Una notte che non passa mai, come se dal proprio centro
oscuro producesse una colonna che spinge la sua base direttamente sul cuore, piedistallo
di questo nero cosmico, sul cui perno entropico ruotano lente e impassibili stelline
troppo pallide per illuminare il mondo circostante. Il Cosmo, il vortice che mi
opprime il precardio, un tempo si espanso nel big bang ed è giusto che in
questi tempi miserevoli cominci inesorabilmente a contrarsi, tornando
indietro come una palla andata troppo in alto che ora può solo cadere, tornare alla sua origine terrena, sempre più rapidamente. L’accorpamento
è un segno inconfondibile della veridicità di questa teoria.
Accorpamenti
giudiziosi è la novella parola d’ordine del muffito Belpaese italionico.
Accorpiamo dunque liberamente, come novelli Frankenstein, degli ircocervi,
delle grottesche, delle chimere, degli sgorbi. I comuni con i comuni, Napoli con Milano, così forse nascerà la pizza-panettone e il caffè sarà migliore e arriverà in orario. Provincia con provincia, Terni con Perugia, l’Abruzzo
col Molise. Accorpiamo Brunetta con la Carfagna e forse otterremo una nana stupidissima
o forse semplicemente risparmieremo uno stipendio. Accorpiamo i deputati del
PdL in un solo Briareo monoblocco dalle cento bocche spalancate, hanno sempre agito
guidati da un’unica volontà e dunque perché concedergli molteplici
individualità assortite?
Accorpiamo i paesi europei che già hanno una moneta comune, ma per il resto si rifiutano di spartire altro. Accorpiamo gli americani e i cinesi, che decidano una buona volta di regolare le loro economie, magari esce fuori una Cina più democratica e un’America che sa cucinare decentemente. Accorpiamo il mio io con il mio inconscio che non si capiscono mai e litigano e già che ci siamo accorpiamo anche i miei sogni con la realtà. Accorpiamo infine il mio cervello con il cuore e aggiungiamoci anche i genitali per soprammercato, che per una volta vadano tutti nella stessa direzione, quale che sia, purché si possa risparmiare in contraddizioni.