di Rosita Baiamonte
“Dio ha insegnato a non chiamar profano o impuro alcun uomo” (Atti degli Apostoli 10,28)
Il 12 maggio, il piazzale davanti la chiesa di Santa Lucia in Palermo si è illuminata di candele, tenute in mano da chi a quel “no” ha detto no. Il no in questione è quello dell’Arcivescovo della Diocesi di Palermo, Monsignor Paolo Romeo, che ha negato l’autorizzazione a una veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia. Sua Eminenza si è appellato a un documento del 1986 firmato dall’allora presidente della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger, adesso capo indiscusso della Sacra Romana Chiesa. Tale documento recita che: “Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l’insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o anche l’apparenza di esso può dare origine a gravi fraintendimenti”. Parole apparentemente giuste e legittime, no? La Chiesa preserva sé stessa da qualsiasi accostamento ad iniziative da parte di organizzazioni le cui pratiche si discostano dalla dottrina cattolica, tutto bene fino a quando non si legge il nome del documento: “Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali”. Un attacco mirato verso le persone omosessuali, nessun fraintendimento. Per una volta la Chiesa lascia da parte le parole ambigue e punta il dito contro le associazioni gay, ritenute sovversive. Ok, i gay e la Chiesa hanno poco da spartire, no? Mai due mondi potrebbero essere più distanti l’uno dall’altro, eppure a dispetto di tutto, esistono moltissimi gay che si professano cristiani e credenti, incredibile vero? Alcuni di loro hanno anche creato diverse associazioni, la cui più famosa è “Ali d’Aquila”, che già da cinque anni opera su tutto il territorio italiano e si è fatta promotrice di diverse iniziative di lotta contro l’omofobia, decidendo di indirizzare tali iniziative in senso cristiano, con veglie di preghiera per commemorare tutte le vittime dell’omofobia.
Quando ho appreso la notizia, sono rimasta sbalordita, da credente e in passato praticante (per dieci anni ho fatto parte di un famoso movimento cattolico, i neocatecumenali), riponevo (ingenuamente) nella Chiesa un’estrema fiducia, credevo che la Chiesa fosse davvero come una madre benevola che ti accoglie a sé quando hai bisogno di conforto, credevo davvero che qualsiasi decisione io potessi prendere nella mia vita, la Chiesa e le sue pratiche mi avrebbero alleviato dalle sofferenze. Ci credevo. La mia fede non vacilla, ma la mia fiducia negli uomini di Chiesa sì. Mi direte: ci sei arrivata adesso? No, non ci sono arrivata adesso. Il percorso verso una nuova consapevolezza è stato lungo, faticoso, pieno di insidie. Non tutto è da buttare, non tutto è da salvare. Ma come considerare una Chiesa che si rifiuta di far pregare delle persone? Qual è infine lo scopo della Chiesa? Quello dell’auto-conservazione a tutti i costi? Che tipo di male vede la Chiesa in un gruppo di persone che pregano? Forse il nostro Arcivescovo si aspettava una parata degna del carnevale di Rio, con gente addobbata in maniera stramba e stravagante, inneggiante all’amore libero, o forse aveva paura che se un gay fosse entrato in chiesa sarebbe arso vivo per autocombustione, rovinando gli eleganti affreschi e le panche in legno.
Il tema dell’omofobia è serio e difficile da trattare in poche righe. Il mondo è spaccato in due, tra chi sostiene e promuove leggi contro l’omosessualità, come ad esempio in Uganda, atte a rendere illegale il fatto stesso di essere gay o difendere chi lo è, e di far pagare questo reato con la stessa vita, e chi lotta tutti i giorni contro le discriminazione sessuali, che spesso e volentieri portano ad atti di violenza inaudita e gratuita. Bisognerebbe semplicemente considerarsi umani, non tollerare o a rispettare l’altro in quanto diverso da sé, ma in quanto Uomo, e la Chiesa potrebbe avere un ruolo fondamentale se solo lo volesse, se solo non sbattesse le porte in faccia a chi umilmente chiede soltanto di fare una preghiera. L’arroganza di un gesto così lontano da qualsiasi insegnamento cristiano mi sgomenta. Gesù disse: “ bussate e vi sarà aperto”, non disse “Bussate e solo dopo un accurato controllo vedremo di aprirvi”. Nonostante tutto, il 12 maggio erano tutti lì, davanti il portone chiuso della chiesa, sul piazzale antistante la parrocchia. Erano in tanti, donne, uomini, bambini, ognuno reggeva una candela in mano, e il suono delle chitarre e dei cembali si alzava libero nell’aria fresca di una serata di primavera. E l’eco di quel suono è arrivato fin lassù, dove doveva arrivare.