È notizia di questo weekend la decisione di adottare la licenza Creative Commons da parte de La Stampa e, ovviamente, del Secolo XIX che, come noto, fa parte dello stesso gruppo editoriale.
Se di fatto, quel tipo di licenza Creative Commons, è assimilabile a quanto introdotto con le modifiche all'art.70 sul diritto d'autore nel 2008 ed è comunque la più restrittiva tra tutte quelle possibili, limitando fortemente la possibilità di utilizzare i contenuti dei due quotidiani, ragione per la quale i contenuti di DataMediaHub sono pubblicati invece con licenza Creative Commons Attribution 4.0 International License, è indubbiamente un primo segnale positivo di apertura, limitato ma positivo.
Infatti nella licenza adottata dalle due testate: "CC By Nc Nd Alcuni diritti riservati", come spiega il neo con-direttore del quotidiano torinese Massimo Russo, Nc significa che non si possono utilizzare i contenuti per scopi commerciali, quali ad esempio per guadagnare attraverso la pubblicità o la vendita.
Così non è, per parlare delle due testate online che da sole concentrano un'ampia quota del traffico online verso siti d'informazione giornalistica, per Repubblica.it e Corriere.it che invece, come molte altre testate, al fondo dei loro articoli continuano a proporre la dicitura tradizionale: © Riproduzione riservata.
Ebbene entrambe le testate prelevano con regolarità i video di Crozza e senza alcuna remora apparente li propongono con il loro marchio sui video. Si veda, ad esempio, qui e qui.
Repubblica e Corriere nei loro siti hanno decine di questi video e tutti sono con un codice per embeddare "proprietario", diverso dal codice originale del video, segno che i video vengono scaricati, in un'operazione al limite della pirateria, e poi ricaricati, marchiandoli appunto con il proprio logo e proponendo, ad adbundatiam, la dicitura © Riproduzione riservata.
Maurizio Costa presidente di FIEG & RCS, in un'intervista pubblicata su Milano Finanza di sabato, tra le varie cose dichiara: "Innanzitutto va tutelato il diritto d'autore [...] La battaglia contro lo sfruttamento gratuito del lavoro altrui è uno dei cavalli di battaglia della FIEG".
Si tratta di ipocrisia e malcostume che, per stare al gioco di parole del titolo, conduce diritti all'inferno.
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