Con la crisi economica mondiale, che ormai da un decennio colpisce quasi ogni parte del mondo, gli Stati si sono affrettati a rivedere le loro priorità, riorganizzando le spese dello Stato per spendere meglio il denaro dei cittadini.
E’ opinione assodata che la guerra e le sue inevitabili conseguenze sono in ogni epoca ritenute evitabili da gran parte della popolazione e a maggior ragione in tempi di prosperità economica, oggi che la prosperità è un lontano miraggio un conflitto armato e il dispiegamento di un’esercito all’estero sembra ancora più incomprensibile.
Talvolta è però necessario per diverse ragioni che gli assetti armati di uno o più Stati, coalizzati o meno, intervengano all’estero.
L’opinione pubblica che è la diretta leggittimatrice di queste operazioni extra-nazionali si divide sempre sulla bontà di queste operazioni all’estero, aprire nuovi scenari operativi infatti vuol dire impiegare soldi pubblici che potrebbero coprire spese dello Stato spesso considerate più necessarie e importanti in un periodo così nero per l’economia.
La soluzione sembra arrivare dal passato anche se è una soluzione solo apparente che limita l’impatto emotivo sull’opinione pubblica: le milizie di sicurezza private stanno prendendo sempre maggior potere all’interno delle missioni internazionali, non solo per la parte Combat ma anche per il supporto logistico alle truppe.
Da diversi anni ormai, il ritorno in auge silenzioso e spesso osteggiato delle Milizie di Sicurezza Private (da ora in avanti MSP) porta esperti e analisti militari a spaccarsi su lecito utilizzo di questi uomini – quasi sempre ex militari – che in cambio somme di denaro consistenti, formano dei veri e propri mini eserciti al soldo di chi meglio li retribuisce.
E’ più che tramontato dunque il vecchio stereotipo del mercenario individualista e avventuriero, la scena internazionale è stata conquistata da altri protagonisti decisamente più influenti e meglio organizzati.
Sono nate vere e proprie ditte, a volte quotate in Borsa, che offrono i più disparati servizi, tecnologie o conoscenze in campo militare, spesso in settori molto particolari come quello della bonifica per gli ordigni esplosivi improvvisati o l’addestramento di personale locale in paesi come Iraq e Afghanistan.
Queste sono operazioni che richiederebbero costi ragguardevoli e temi lunghissimi per l’Esercito regolare, ma più economicamente vantaggioso per le milizie private.
Ne troviamo centinaia sparse fra Stati Uniti , Europa, paesi dell’Est e Sud Africa con un giro d’affari di decine di miliardi, nella maggior parte dei casi queste Imprese sono fondante e gestite da ex membri delle forze armate congedati con un grado piuttosto alto – in gran parte Ufficiali – che hanno anche una forte influenza sul mondo della politica nazionale per la Difesa, ottenendo così più facilmente appalti per la gestione della sicurezza all’estero e non solo.
Sul mercato globale, da queste imprese si può acquistare di tutto non solo trasporti anche intelligence, pianificazioni strategiche, squadre di commando, addestramento di reparti militari, mini-eserciti e forze aeree con tanto di piloti “combat ready”.
Tutti immaginano che solo Stati deboli e vacillanti ricorrano a imprese di sicurezza private, ma in realtà non è affatto così.
In Iraq, il secondo contingente per forza numerica dopo gli americani, non sono stati gli inglesi con circa 10.000 uomini al culmine del loro impegno, ma le Imprese Militari Private con quasi 15.000 soggetti schierati. Sotto contratto con il Pentagono, queste ditte si occupavano un po’ di tutto dalle mense delle basi militari ai trasporti, dalla protezione degli impianti petroliferi alla manutenzione di ogni genere di armamento fino alla scorta di personalità politiche o di convogli umanitari.
Tutto questo dispiegamento di forze private indubbiamente ha un costo elevato, ma più basso di quanto potrebbe averne schierare eserciti regolari per compiere azioni che non portano nessun vantaggio strategico allo Stato che gli schiera.
Altro vantaggio – decisamente più discutibile, ma con un peso notevole – è quello derivato dalla morte dei contractors.
Le MSP infatti non sono tenute a comunicare tutti i decessi che avvengono all’estero. Essendo in tutto e per tutto aziende private, non sono tenute a dare conto all’opinione pubblica di nessuna delle loro azioni interne o delle perdite subite.
Un vantaggio strategico e comunicativo notevole, da sempre infatti una bara avvolta nella bandiera nazionale – di qualsiasi Stato – scortata da velivoli militari e che riceve gli onori in un aeroporto pubblico ha un impatto fortissimo sulla popolazione – che è il cuore dell’opinione pubblica – il pianto di un familiare per la morte di un parente caduto all’estero smuove le coscienze collettive e fa tendere l’ago della bilancia verso il “non dispiegamento delle truppe all’estero” delegittimando le operazioni in corso e di conseguenza demotivando i soldati ancora presenti fuori area.
Secondo i dati ufficiali, sono stati uccisi in Afghanistan più contractor di compagnie militari private statunitensi che soldati dell’esercito statunitense, si suppone che siano molti di più proprio in virtù del fatto che le compagnie non hanno l’obbligo di rendere pubbliche le morti dei loro dipendenti. Lo stesso avviene per i feriti, il cui numero supera quello dei morti.
Oltre agli indiscussi successi economici l’ennesimo punto a favore delle MSP lo riscontriamo nel fatto che in caso di operazioni delicate in territorio ostile questi soldati mercenari non sono in alcun modo riconducibili ad un singolo stato: non portano un simbolo di nazionalità e non hanno un regolare contratto che riporti le responsabilità delle loro azioni ad uno Stato regolare.
Proprio il concetto di responsabilità ci porta al problema che affligge il settore della sicurezza privata ormai da sempre: non avendo responsabilità verso gli Stati che li hanno ingaggiati, queste aziende e i loro operatori sono liberi fondamentalmente di svolgere le operazioni come meglio credono opportuno. Tutto questo non vuol dire che le MSP compiano azioni al di fuori della legalità o peggio che nell’eventualità che queste si presentino rimangano impunite, ma in un’analisi coerente questa possibilità deve essere vagliata.
Ed è proprio su questo punto che gli esperti si dividono: come risolvere il problema della responsabilità individuale rispetto alla responsabilità dello Stato che assolda truppe mercenarie? Malgrado molte Conferenze internazionali che coinvolgevano anche esponenti del mondo militare “tradizionale” questo punto è rimasto un dibattito aperto.
Alcuni supportano la soluzione per la quale sarebbe importante aumentare la sensibilità negli Stati tenendo conto che sono proprio loro che firmano i contratti e sono loro che possono imporre clausole e condizioni, per costituire un sistema di controllo internazionale.
Altri appoggiano la fondazione di una nuova branca del diritto internazionale affinché si legiferi in maniera chiara sull’uso delle milizie private in ogni parte del mondo, regolandone non solo l’uso ma anche i diritti di coloro che prendono parte alle operazioni.
Una forma diversa di regolamentazione la troviamo nella teoria del “soft law” con la costituzione di un comune codice di condotta europeo in materia di contractors.
Tutte sono idee valide ma rimane sempre come punto di partenza la volontà degli Stati di iniziare questa lunga battaglia per la regolamentazione.
Traendo le somme, sotto moltissimi punti di vista le MSP sono un argomento nebuloso e ostico che coinvolge non solo l’arte della guerra allo stato puro, ma politica, economia e Dritto sia internazionale che dei singoli Stati.
Facendo una previsione per il futuro si può pensare che i contractors saranno una realtà sempre più presente – nonostante il forte dissenso che milita intorno al loro impiego - e saranno affiancati a eserciti regolari e coalizioni, tuttavia è necessario in virtù di questo impiego crescente legiferare circa la responsabilità dei singoli operatori in caso di errori o violazioni di leggi internazionali.
Ogni violazione è una lesione importante a tutte quelle agenzie che lavorano in modo serio e competente in giro per il mondo, ottenere dalle istituzioni una codificazione delle regole di ingaggio per i soldati a pagamento avrebbe un notevole impatto sull’opinione pubblica e un’influenza migliore sul loro lavoro all’estero.
Quello di cui non dovremmo dimenticarci è che questi uomini e queste donne – nonostante siano spesso associati a episodi poco chiari e spesso controversi – rischiano la vita per mantenere ordine e sicurezza in alcuni dei luoghi più pericolosi al mondo, permettergli di fare il loro lavoro in un contesto legislativo chiaro e limpido è dovere di ogni Stato democratico.
Denise Serangelo
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