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Questi volumetti di "prime lezioni" hanno, per linea editoriale, un carattere poco sistematico (mi è capitato di notarlo anche in altri casi): per intenderci, non sono una "guida dello studente", bensì pretendono di immergere il novizio con il mondo di una disciplina presumibilmente nuova per il lettore. Su ciò, appunto, mi interrogo: chi sarebbe il destinatario di questa prima lezione di diritto? L'esposizione è aliena dal carattere dottrinario che ci si attende in un libro di diritto e ciò fa piacere e scioglie l'ansia che i libri di codici suscitano in chi li guarda smarrito e pensa alla memoria che non basta mai. D'altro canto, lascia un po' spaesati il ragionare libero e talvolta sbrigliato di Paolo Grossi (ordinario di Storia del diritto medievale e moderno a Firenze): se anche evita di soffermarsi sull'articolatissimo lessico e sui concetti più frequenti in qualsiasi libro di diritto per novizi, l'autore non rifugge per ciò dal ragionarci su con spirito critico e indubbia intelligenza, ma con poca chiarezza sul senso finale del suo discorso e con un'insistenza su posizioni a mio avviso fuori luogo in un'opera del genere. Seguo il ragionamento che Grossi porta avanti, ma - anche ipotizzando una destinazione ai futuri studenti di Scienze politiche, piuttosto che a quelli di Giurisprudenza - non vedo la ragione per cui un lettore affamato di un nuovo orizzonte intellettuale debba leggere paragrafi su paragrafi (troppi, nell'economia del libriccino) a proposito dell'indebito predominio dello Stato in età moderna e contemporanea o delle nevrotiche contraddizioni tra diritto globale e ordinamenti scritti nazionali.
Quest'autoreferenzialità - che trovo noiosa in un lavoro divulgativo o accademico - nuoce a un discorso che ha tutti i numeri per illuminare il suo lettore: rimane il dubbio che la sostanza più valida potesse trovare uno spazio più consono in un articolo (magari, che so?, in un meraviglioso domenicale del «Sole 24 ore»). Nella Prima lezione di diritto, appunto, ci sono pagine di una chiarezza più che pregevole (immagino che Paolo Grossi sia un eccellente didatta), soprattutto laddove parla della differenza storica tra civil law e common law o su quella (in chiusura) tra diritto oggettivo e diritti soggettivi, con essenziali e acutissimi tratti che davvero gli invidio (verboso come sono). Riconosco che da queste e altre pagine il ragionare giuridico che intravvedo schiude una porta a chi vuole addentrarsi in questo campo e spero di saperne trarre il giusto profitto (e, magari, di allargare un po' i miei orizzonti di lettura).
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