di Martina Zardini
Sono giorni che cerco il modo e le parole giuste per iniziare a scrivere qualcosa su quest’argomento: L’assistenza domiciliare indiretta per le persone disabili e anziane. L’argomento è scottante e dibattuto perché in questo nostro amato Paese in recessione si è tagliata, tragicamente, la spesa sociale e i comuni veicolano le spese del sociale, con il budget residuo (molto residuo), laddove si crede più congruo destinarle. È sotto gli occhi di tutti che le decisioni seguono logiche incomprensibili ai comuni mortali, e molti di noi disabili leggono “tra le righe” dei capitoli di spesa, spiegati con motivazioni tutt’altro che legate al buon senso, per non dire chiaramente che questi sono veicolati da logiche di “palazzo” per favorire questo o quello. I motivi a volte si suppongono, altre volte si riescono anche a identificare, ma tutti gli scontenti – disabili, famiglie, movimenti – si sentono impotenti e non tutelati. A rimetterci sono i destinatari dei fondi: i disabili (e le loro famiglie), che debbono rinunciare all’assistenza o sono costretti ad accettare un’assistenza (magari diretta) non voluta e per niente adeguata (molte volte) alle loro esigenze.
L’argomento, come dicevo, è discusso e bruciante, lungi dal risolversi per una moltitudine di questioni. Trattarlo lungamente sarebbe stancante e mi viene in aiuto un bellissimo articolo comparso ieri, 29 maggio 2013, su la Repubblica.it nel blogautore di Carlo Chianura. L’articolo è breve e incisivo, sintetico ed esaustivo. Leggerlo ci aiuta a capire questa situazione che dovrà essere affrontata e risolta.
I soldi ci sono, ma non per l’assistenza indiretta
di Carlo Chianura
Sulle disgrazie si costruiscono fortune? Nel mondo della disabilità questa affermazione rischia di diventare banale luogo comune. Il tema è quello dell’assistenza indiretta, il meccanismo grazie al quale famiglie con disabili gravi a carico ottengono un contributo dai Comuni di gran lunga inferiore a quello che costerebbe mensilmente il ricovero della persona con disabilità in una struttura o l’assistenza diretta nella propria abitazione. Accade che, poiché tra le famiglie circola una maggiore informazione sui propri diritti, il ricorso alla “indiretta” è divenuto una risorsa sempre più utilizzata. Ma questo movimento ha provocato la reazione di chi evidentemente si sente toccato da queste novità, e che chiameremo genericamente privato sociale. Scattano così misteriosamente le chiusure di linee di credito nei confronti delle famiglie che magari si sono impegnate assumendo badanti e operatori. Le famiglie cadono in crisi finanziaria, non sanno più come pagare il servizio e chi ne viene colpito è naturalmente il disabile.
Quello di Fiumicino, segnalatoci da Luigi Giuliani e altri familiari, sembra in questo senso un caso di scuola. Tutto parte con una delibera di gennaio che riduce l’assistenza indiretta.
“Il Comune di Fiumicino”, scrivono nella loro denuncia pubblica i familiari, “afferma che la riduzione del budget per l’indiretta consentirà l’accesso ai servizi di un numero maggiore di utenti. Ma questo motivo non è convincente: infatti, il tipo tradizionale di assistenza, quella diretta, erogata dalle cooperative non è stata penalizzata, nonostante 217 utenti con 1300 ore di assistenza settimanale e 206 persone in lista di attesa. Mentre si è tagliata l’assistenza indiretta ai 22 utenti, disabili gravi, con 360 ore e 40 disabili in lista d’attesa. Come mai il comune di Fiumicino usa questi criteri? Così mette in forte difficoltà 22 disabili gravi solo per racimolare pochi soldi, senza toccare il budget a disposizione delle cooperative”. “Casualmente” accade che lo stesso Comune bandisca una gara di assistenza diretta per il periodo 2013-2017: importo di base quasi 6 milioni di euro. Ergo: i soldi per un servizio che produce meno ore di assistenza a un maggiore costo si trovano, i soldi per le famiglie vengono tagliati senza pietà. Anche questa è Italia.
Commento di Marina Cometto
L’assistenza domiciliare INDIRETTA, permetterebbe alle persone che già patiscono la realtà con la malattia di rimanere nel contesto familiare, di avere il conforto e il calore della famiglia, ma perché invece si predilige l’assistenza diretta? Perché ci sono interessi enormi dietro, lobby e personaggi che sui dolori altrui hanno fatto ricchezza. Perché pagare a una cooperativa 150-250 euro al giorno per una persona disabile giovane, peggio ancora se minore, e non riconoscere la medesima cifra per pagare assistenza domiciliare? È ovvio che non è per l’interesse delle persone disabili o anziane, ma per far fiorire “fraticelli” precisi e noti. È una vergogna che nessuno in Parlamento prenda atto di questo e avanzi proposte. Senza parlare poi dei soldi spesi dalla collettività per questi ricoveri impropri e venire a conoscenza poi dei maltrattamenti, abusi e crudeltà verso chi è indifeso. Non c’è la volontà politica di offrire vera assistenza personalizzata, la malattia, la vecchiaia, la disabilità hanno diritto oltre alle cure, all’affetto della famiglia, al rispetto dei loro desideri, rimanere nelle loro casa fino alla morte. Ma sono pochi quelli che veramente si impegnano per questo e i nostri cari e noi famiglie ne paghiamo le conseguenze. I soldi per il ricovero in RSA CI SONO, ci saranno sempre, i carrozzoni di fine vita continueranno a esistere, toglieranno il diritto a avere un’assistenza domiciliare, cosi aumenteranno sofferenza al dolore della malattia e saranno pochi che resisteranno a queste disumane regole burocratiche e potranno offrire il calore della famiglia ai propri cari … e mi fermo qui, sono molto arrabbiata per questo.
Ci deve essere possibilità di scelta, quindi quando si stanziano fondi non si deve stanziare 100 all’istituzionalizzazione delle persone e 20 alla domiciliarità, non è equo, non è umano, e non è neppure responsabilmente e economicamente conveniente per la collettività. A me sembra cosi ovvio! Ma già, la logica nelle istituzioni è bandita.
Commento di Patrizia Calvani
l’Umbria nega totalmente quanto dispone la legge 162 del 1998 … cioè la possibilità di ricevere da comuni e asl un contributo per assumere un assistente personale … di libera scelta, che il disabile accetta e con il quale concorda l’assistenza sia sotto il profilo degli orari che delle mansioni