Nella scuola oggi si presenta come una realtà molto eterogenea, in cui si intrecciano le vite di alunni diversi per etnia, cultura, lingua e religione.
Di questo intreccio fa parte anche la disabilità. Una realtà, quella dell'alunno disabile, con la quale bisogna interagire a seconda del tipo di problematica che il singolo alunno presenta.
Dovendo far fronte a diverse esigenze, le difficoltà della scuola sono molte, come: l'eliminazione delle barriere architettoniche, la presenza di bagni e parcheggi per i disabili, la presenza di insegnanti di sostegno nelle ore di lezione (e anche per il doposcuola), ecc.
L'integrazione del disabile nella scuola (e nella società) parte dall'incontro comunicativo.
Il problema fondamentale della società contemporanea è proprio la mancanza di comunicazione. Non esiste oggi un dialogo funzionale né tra genitori e figli, né tra adulti e giovani. Tutto questo crea degli scompensi, nei giovani soprattutto, per cui non ci si sente ascoltati, e quindi non ci si sente accettati. Questa mancanza di dialogo, e di incontro (confronto) a livello comunicativo, produce disagio giovanile e malessere sociale.
Di tutto questo parlo nei miei saggi, che potete leggere in formato e-book ai seguenti link:
-Conflitto tra genitori e figli, la crisi del dialogo nella famiglia contemporanea;
-Crisi del dialogo in famiglia e disagio giovanile.
La situazione diventa più critica quando è proprio la disabilità che crea problemi per stabilire un incontro comunicativo. Un esempio è il caso dell'autismo.
Parlando di autismo nella scuola, pensiamo, quasi automaticamente, ad un soggetto che ha inibite le possibilità di comunicare e che soffre di un blocco dello sviluppo psico-mentale o, forse, psico-affettivo.
Un bambino autistico nella scuola é, per prima cosa, una sfida da compiere fino in fondo perché di lui dobbiamo fare una persona e un soggetto capace di crescere, svilupparsi e fare in modo che si sia capace di relazionarsi con gli altri.
Questa sfida inizia guardando il soggetto autistico nel primo impatto con la scuola, in cui deve affrontare la relazione tra questa ed i suoi disturbi comportamentali.
La scuola deve essere formata e preparata a lavorare in una situazione diversa da quella esclusivamente formativa-educativa, ma che presenti anche funzioni contenitive-terapeutiche.
Va considerato che il bambino autistico nell'ambiente scolastico tende ad isolarsi ed a cercare quel famoso "angolo di salvezza" che lo faccia sentire sicuro e che lo porti a calmare le sue tensioni emotive, caricate di ansia, di angoscia e anche di terrore.
Rispondere a queste misure di sicurezza che la persona autistica mette in atto, quale sistema di autodifesa, non è semplice, ma si tratta più precisamente di trovare il sistema per incanalare l’approccio con l’alunno verso una terapia specifica che permetta in seguito una integrazione di intenti tra insegnante e gruppo terapeutico.
Un lavoro non facile, ma diventa importante oggi avere educatori che lavorano nella scuola, e che propongano modelli innovativi e creativi per abbattere le barriere dell'autismo e creare un incontro comunicativo con gli alunni autistici.