Appuntamento giovedì 1° ottobre presso l'Università degli Studi Milano Bicocca per il convegno di presentazione del volume "L'attrazione speciale".
Separare, dividere, classificare, identificare. A seconda della tipologia e dell'intensità della disabilità vengono erogati servizi sempre più specializzati in base alla "tipologia" e alle condizioni di salute della persona. Una visione segmentata della persona con disabilità, che punta sempre più all'assistenza ed è sempre meno orientata all'inclusione.
Quello che stiamo vivendo negli ultimi anni è un processo culturale e organizzativo che non riguarda solo i servizi sociali, ma che rischia di investire anche il mondo della scuola italiana che sperimenta (spesso con successo) da quasi 40 anni un modello inclusivo. Perché anche nel mondo della scuola continuano a persistere le scuole speciali: oggi, solo in Lombardia, sono attivi 16 plessi (per un totale di 24 scuole) frequentati da quasi 900 tra bambini e ragazzi.
"Disabilità: separare fa male ? ... anche a scuola?" è il titolo del convegno che si svolgerà giovedì 1° ottobre 2015 dalle ore 14 alle ore 18 presso l'Università degli Studi Milano-Bicocca (aula Pagani, Edificio U7 - via Bicocca degli Arcimboldi, 8 Milano) organizzato in collaborazione con il Corso di Laurea in Servizio sociale sanitario, Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale.
Punto di partenza del dibattito è la ricerca condotta da Giovanni Merlo (direttore di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità) che ha portato alla pubblicazione del saggio "L'attrazione speciale - Minori con disabilità integrazione scolastica, scuole speciali, presa in carico, welfare locale" (Maggioli editore). Nel volume si ripercorrono le strade che hanno portato oggi alla separazione della vite dei bambini e dei ragazzi con disabilità dal resto dei coetanei. A fare da guida in questo racconto sono le parole dei genitori che hanno scelto per i loro figli la scuola speciale. Il loro sguardo e le loro parole permettono al lettore di osservare in controluce il peso che la mancata presa in carico globale della famiglia, l'inerzia dei servizi specialistici e la fatica della scuola a mettersi in discussione, hanno per orientare e giustificare queste scelte.