Oggi è stato l’ultimo giorno ufficiale, per la ‘povna, dell’Anno Scolastico 2011/12. Che si è concluso con le consuete 13 ore passate a lavorare senza sosta: le prime cinque a scuola, tra le sue classi (e molto altro), le altre otto (con appena una pausa per la riunione idiota della commissione ambiente) barricata in aula computer insieme all’Onda, a scrivere e correggere tesine. Nel mezzo, parecchie soddisfazioni che si snocciolano. E, di diritto o di rovescio, la ‘povna oggi ha salutato proprio tutti. I Maculati, con Glauco e con Rotondo, che passano la prima ora a metterle in ordine il cassetto (finalmente!), rinvenendo dagli scavi archeologici di almeno tre anni un sacco di materiali interessanti, parecchi libri dati per persi e un paio di etti di inaspettate nostalgie. Ancora loro, con la Piccola Donna, che si affaccia tra i Pesci per chiedere conferma del viaggio in Marocco (e lasciarle i suoi saluti). I Merry Men, ovviamente, lasciati un poco a loro stessi a causa di tutti gli ex alunni che ritornano (ché quest’anno rimarrà alla storia come quello in cui la ‘povna ha avuto due classi vere e due fasulle – e il problema, ovviamente, non è il numero, ma il fatto che per la metà esatta del suo tempo si è trovata, in questo modo, a fare lezione ad orari imprevisti, tra cortile e corridoio). E poi i Pesci, che si confermano quanto meno complessi (anche se la mattinata finisce seduta per due ore con Inquieta a fare una di quelle chiacchierate ultime – così clamorosamente belle, e toste, da togliere il respiro). E infine l’Onda, che si aggira qua e là, ovunque: Corto Maltese che le riporta (un po’ di) libri, finalmente, Lupin che arriva per chiedere notizie su Lemkin, Peter Pan che le racconta del premio per l’alunno più brillante, Calvin che resta in seconda fila, e si affaccia solo per dire, rapido: “Domani ci sono!”.
Un grande caos, soprattutto. La ‘povna ha la perenne sensazione di stare in una bolla (anche perché esce all’alba e entra al tramonto, tutti i giorni, tutti i giorni, senza sosta. E ci prova gusto, pure). Ma andrebbe tutto bene, in fondo. Se non fosse per l’Orda. Con i Bufali, si sa, lei non è mai stata tenera. Eppure quello che è successo quest’anno (lo aveva accennato una volta, a proposito di Steerforth) la trova assai perplessa, perché i loro scrutini si sono consumati ieri pomeriggio, lasciando nella ‘povna il sapore amaro della tristezza per la cattiva scuola. Bisogna sapere infatti che l’Orda, da quest’anno, vive (Gelmini docet) accorpata a un’altra classe. E questo matrimonio – di per sé male assortito dall’inizio – si è rivelato particolarmente poco saggio; e ha visto sacrificare sull’altare del piùcherettismo un Bufalo dopo l’altro, fino all’amara conclusione. Così, dopo una seduta durata circa il doppio del previsto, il loro consiglio (formato – con l’eccezione di Stordita e poco altro – tutto da professori dell’altra classe, amichevolmente detta la Perfettina) fa uscire i tabelloni con sette bocciati (circa un quarto) e una metà abbondante di sospensioni del giudizio (tra i caduti, in tutto o in parte: Bufalo Buono, Gighen, Educatissimo, la Testarda, la Timida, Campanellino, Wendy e vari altri). E pazienza se la stragrande maggioranza dei rimandati fa parte dei Bufali dell’Orda (anche se, anche anche). E pazienza se le medie dei voti sono state tenute a tutti loro (che pure si sono dovuti adattare a nuovi modi di fare, nuove pressioni, nuove regole) molto basse (e sì che era noto che in certe materie venivano dall’esperienza col professore Torre). E pazienza se nessuno ha tenuto conto (così come aveva chiesto Barbie) delle attività extra-scolastiche (nemmeno a dirlo: in questa classe i Bufali totalizzano la presenza più alta, i Perfettini quella più bassa – zero spaccato col riporto – nei progetti della scuola). Perché il punto, poi, non è nemmeno quello. Il punto è stata la faccia, soddisfatta, pacifica, da ‘giustizia fatta’, di tutti i piùcheretti alla fine del consiglio. E non perché la ‘povna pensi che avessero ragione, o torto. E nemmeno che lei, o chissà chi altro, avrebbe saputo fare meglio. Semplicemente, le piacerebbe tanto che, una volta, i suoi colleghi (che di mestiere fanno gli educatori, vale la pena ribadirlo) si ricordassero che – quando un processo di fusione, annunciato e inevitabile, si avvia per una china così compiutamente disarmonica – sarebbe il caso, almeno, di fare un po’ di autocoscienza, guardandosi allo specchio. Magari rendersi conto che si è insegnanti anche e soprattutto nelle situazioni toste (e che c’è davvero poco merito nel registrare i bravi); oppure che i risultati degli alunni (didattici, così come di comportamento) sono anche (e forse soprattutto) una valutazione (nemmeno troppo implicita) del nostro lavoro.
Invece no. “Abbiamo bocciato, evviva, che si brindi!”. E ogni dubbio su quanto si sarebbe potuto fare di diverso e meglio resta impigliato, protervo, ben al di qua del tabellone.
Magazine Diario personale
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