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Disaster recovery, l’assicurazione IT scelta dai CIO europei

Da Giovak86 @giovak86

Disaster recovery Disaster recovery, lassicurazione IT scelta dai CIO europei
Il patrimonio informativo è un bene strategico in continua crescita per ogni azienda e tutelarne l’integrità e la qualità è sempre più prioritario per CIO e IT decision-maker. La società di ricerca IDC ha calcolato che entro dieci anni il numero di dati e file posseduti da un’impresa aumenterà il proprio volume fino a 75 volte, richiedendo alle organizzazioni di affrontare il problema della loro gestione e conservazione. I dati, infatti, non sono mai al sicuro: incendi, terremoti, temporali, interruzioni di corrente, rotture di componenti hardware, errori di sistema, errori del personale o altri eventi eccezionali li mettono costantemente a rischio o li rendono temporaneamente inaccessibili, causando gravi danni per la produttività e l’efficienza dell’azienda.
Le organizzazioni spendono molto tempo e denaro nello sviluppo e nella gestione di piani di disaster recovery (l’insieme delle misure tecniche e organizzative adottate per assicurare all’organizzazione il funzionamento dei sistemi IT a fronte di eventi che ne provochino indisponibilità prolungate), con l’intento di ridurre il downtime e minimizzare l’impatto sul business in relazione a possibili danni legati alle loro infrastrutture IT. Sebbene oggi sia sempre più diffusa la consapevolezza del loro valore, non sempre le aziende sono preparate a proteggere queste preziose risorse, nonostante abbiamo implementato piani per affrontare eventuali indisponibilità di accesso ai dati. Un errore comune che moltissime imprese commettono, avverte Gartner, è di non circoscrivere il proprio piano di ripristino a un obiettivo specifico per i servizi IT, invece di definire a priori e in modo chiaro metodologia, gestione e finalità.
È tempo di rivedere le strategie di disaster recovery
Mentre nuovi trend come big data, tecnologie mobile, cloud, virtualizzazione e social media trascinano il mercato dell’information technology mondiale, quello dei software di disaster recovery è in piena crescita: nel primo quadrimestre del 2012 (fonte IDC) ha fatto registrare un incremento del 8%, con numeri in ascesa per il futuro (la società ABI Research ha stimato che nel 2015 varrà circa 40 miliardi di dollari).
In Europa, il 49% delle aziende sono obbligate da policy assicurative o normative ad avere un piano di disaster recovery: l’accordo internazionale di vigilanza prudenziale Basilea II, entrato in vigore nel 2007, ha introdotto il concetto di rischio operativo legato anche alla ridotta operatività in caso di fault dell’IT. Basilea III, a regime dal 2015, utilizzerà criteri ancora più stringenti, richiedendo una maggiore attenzione alla sicurezza informatica come asset per garantire alle aziende un risparmio sui costi assicurativi, un miglioramento del rating, un abbassamento del costo del denaro e l’agevolazione per ricevere prestiti da parte di banche e istituti di credito.
Quali sono le principali cause di indisponibilità dei servizi IT?
Come ha messo in evidenza la ricerca “European Disaster Recovery Survey 2011”, commissionata da EMC e condotta dalla società di ricerca indipendente Vanson Bourne su 1750 aziende europee, la stragrande maggioranza dei motivi (84%) che provocano l’interruzione di servizi IT sono pianificati e schedulati per la manutenzione ordinaria dei sistemi. Per il restante 16%, invece, il discorso è ben diverso: il 15% delle volte in cui si verifica un disservizio dovuto a guasti imprevedibili e per l’1% causato da disastri naturali.
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I problemi IT sono più frequenti delle calamità naturali

La ricerca evidenzia chiaramente che non servono eventi straordinari per creare problemi di continuità del business, che hanno interessato oltre la metà delle imprese coinvolte nella ricerca (54%). A causare maggiormente perdita dei dati e downtime intervengono:

  • problemi a livello hardware (61%);
  • interruzioni di alimentazione (42%);
  • problemi a livello software (35%).
Ma correlando la probabilità del verificarsi di una tipologia di disastro e la gravità delle sue conseguenze, gli eventi imprevedibili sono i più pericolosi:
  • evento naturale (79,1%);
  • errore di sistema (69,7%);
  • evento eccezionale/sciopero (32,9%);
  • interruzione di corrente (14,2%);
  • incendio (4,5%);
  • intervento IT (2,1%);
  • infiltrazioni d’acqua (0,2%).

Quali sono gli effetti sul business?

Le interruzioni dei sistemi portano perdite nei profitti davvero ingenti. La ricerca ha individuato alcuni tipi misurabili di impatto sul business, che maggiormente preoccupano i CIO europei:

  • perdita di produttività dei dipendenti (43%): con oltre 400 GB di dati persi ogni anno, circa 10.000 documenti di Word;
  • perdita di profitti (28%);
  • ritardi nello sviluppo di prodotti (27%).

Le interruzioni di sistema per le aziende intervistate sono risultate essere mediamente di due giorni lavorativi persi, che equivalgono a circa 7.098 ore di lavoro per un’azienda con 500 dipendenti.

Cosa fanno le aziende europee per proteggersi?

La ricerca ha rilevato che le imprese stanno spendendo, in media, il 10% dei loro budget IT in attività di backup e ripristino (in Italia il 12%), il 30% delle aziende non crede di spendere abbastanza, mentre un 10% di queste non si preoccupa di spendere troppo per garantirsi strumenti efficaci. Il 44% delle imprese intervistate ha rivisto e modificato le procedure di backup e recovery solo a seguito di un incidente. Inoltre, sempre a seguito di un disastro, il 27% delle aziende hanno aumentato la spesa in backup e recovery per il futuro.

Prevenire le interruzioni di accesso, quindi, non è solo possibile, ma necessario. È come un’assicurazione dell’azienda sul rischio di perdere l’accesso ai propri dati. Se da un lato gli IT manager sperano che danni e calamità non potranno mai influenzare l’andamento del business, è comunque necessario essere sempre pronti a interruzioni di routine o incidenti più gravi. Il concetto è molto semplice: il costo della soluzione di disaster recovery è direttamente proporzionale al beneficio e all’effetto: meno spendo, più elementare è la soluzione, più elevato è il tempo di ripristino dei servizi. Più elevato il costo, meno prolungato sarà il downtime. Prevenire è meglio che curare, non solo in termini di efficienza, ma anche in ottica di ottimizzazione dei costi: aumentando la conoscenza dei problemi più comuni che affrontano le aziende oggi e le relative conseguenze economiche, le imprese possono rivedere proattivamente le proprie strategie di backup e recovery per garantire risposte di business sempre più efficaci e rapide.
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