Dopo anni, il rebus della discarica di Malagnino non è risolto, anzi. Il piano di recupero ambientale proposto da Aem non è sufficiente e si è beccato una diffida con le prescrizioni del Servizio Ambiente della Provincia (ente di cui si sente la necessità per le funzioni che svolte). Trova inoltre una clamorosa conferma a distanza di due anni un’indiscrezione raccolta dal giornale Cronaca pochi mesi prima della chiusura del prezioso quotidiano stesso.
I guai della discarica s’infittiscono, tra ricorsi al Tar e diffide. La discarica, vecchia e superata destinazione dei rifiuti solidi urbani, doveva essere raddoppiata, secondo la volontà dell’Aem, sviluppandosi anche sul territorio di Vescovato. Si arriverà al Consiglio di Stato: l’amministrazione provinciale ha deciso di non costituirsi in giudizio. Sono invece contrapposti l’Aem e due agricoltori.
Mariagrazia Bonfante, di Salviamo il Paesaggio, osserva che ci vogliono controlli sistematici e indipendenti “dal momento che dal 2009 la regione ha deliberato una profondità di maggiore tutela dalla falda prevedendo i cinque metri, quindi migliorando il limite dei due metri, previsti dalla normativa nazionale, quale sistema di monitoraggio sistematico è in corso e indipendente? Il prof. Civita Massimo idrogeologo – aggiunge Mariagrazia Bonfante – giusto sabato al convegno di Bordolano ha definito terre vulnerabili quelle di Cremona e Crema, nulla di nuovo certo, ma ricordiamo cosa significa: ogni sversamento in superficie va direttamente in falda. Questa è sicuramente una questione urgente sulla quale in tanti hanno spento le luci”.