Perché
Sanremo è Sanremo? Anche quest'anno, cari lettori, la Domanda delle
domande torna prepotente a squillare nel cuoricino di tutti noi (Sanremo
2015 inizia questo martedì, 10 febbraio).
La
risposta probabilmente non la sapremo mai (solo Pippo Baudo la sa, e la
custodisce gelosamente). Dunque ogni anno non possiamo far altro che
lasciarci travolgere dalla febbre sanremese, che di solito attraversa
tre fasi cliniche piuttosto precise:
1. L'attesa
2. La schizofrenia di sensazioni (fino al puntuale collasso negli ultimi dieci minuti di quasi ogni infinita puntata)
3. La delusione cosmica, detta da taluni il diludendo.
Fase 1 - L'attesa
Non è
forse vero che "l'attesa del piacere è essa stessa piacere"? No. O
meglio, non del tutto: del resto, c'è un motivo per cui l'attesa si
chiama "attesa" e non "piacere".
L'attesa
del festival è comunque in parte dolcissima: ci si riempie di
aspettative, si ignorano pervicacemente i nomi che preannunciano il
Sanremo più noioso del secolo e si continua a fantasticare sui nomi
forti, sul ritorno di Al Bano e Romina tra i fiori, su Conchita Wurst
che manterrà alto il sopracciglio incredulo degli abbonati RAI rimasti a
quando il palco di Sanremo era tutta campagna. E ci si immagina la gara
tra la strana coppia Biggio - Mandelli, meglio noti ai più come "I
soliti idioti" (loro malgrado, o forse no) e la ancor più strana coppia
Grazia Di Michele - Mauro Coruzzi, meglio noto ai più come Platinette.
Fase 2 - Schizofrenia/collasso
Poi
Sanremo inizia, e si è così carichi di adrenalina, si passa il tempo a
entusiasmarsi e criticare qualsiasi cosa, dalla scalinata ("Facciamola
sempre più alta, mi raccomando: l'anno prossimo le vallette le mandiamo
giù con gli SWAT dall'elicottero!") ai vestiti (e qui se ne dicono
davvero di ogni: troppo lunghi, troppo corti, troppo casti, troppo
"vedo" e poco "non vedo"), tutto. Tranne i fiori, forse. Quelli son
sempre belli, piacciono a tutti, anche quando col resto della
scenografia non c'entrano niente. Evviva.
Alla
fine, però, tutta quest'adrenalina cala all'improvviso, e si rimane
totalmente privi di energie; così, puntualmente ci si perde l'ultimo
quarto d'ora di quasi ogni puntata (qualcuno, stremato, si perde
addirittura la proclamazione del vincitore). "Chi ha cantato? Eh?
Bravi!" si biascica svegliandosi di soprassalto agli amici del gruppo
d'ascolto che sono rimasti svegli, e che per questo dovranno sottoporsi
ai test anti-doping.
La fase
più bella, però, forse è proprio questa. Che lo si ami o lo si odii,
ignorare Sanremo è un peccato: anche a odiarlo ci si diverte parecchio,
forse anche più che ad amarlo incondizionatamente.
Fase 3 - La delusione cosmica (o Il diludendo)
Era
sempre meglio l'anno scorso, punto. Anche quando l'anno scorso ci era
sembrato di toccare il fondo con tutto. In generale, comunque, era
meglio quando c'era Pippo Baudo: con quest'affermazione, non si sbaglia
mai.
Quest'anno
il direttore artistico, nonché conduttore per la prima volta del
Festival, è Carlo Conti e quindi - tra tutti i dischi di questi decenni
di Festival che avrei potuto scegliere, cari lettori - lascio parlare
proprio un disco suo (speriamo sia l'unico, ho preferito non indagare).
Era il 1985 e il suo nome d'arte era Konty.
Che lo aspettiate o speriate di sfuggirvi anche quest'anno, buon Sanremo a tutti.