Dischi parlanti: Love Wins!

Da Farmacia Serra Genova
Con una decisione storica, il 26 giugno 2015 la corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito che le leggi che impediscano a persone dello stesso sesso di contrarre matrimonio sono incostituzionali. In tutti e cinquanta gli Stati.
Non si tratta semplicemente di "un grande passo per l'umanità", non è una concessione alle persone omosessuali. È molto di più: viene fatto espresso divieto di limitare la libertà altrui, ivi inclusa quella sacrosanta di amarsi e di decidere di passare la vita con qualcuno e con tutte le tutele legali del caso, indipendentemente dal sesso di chi prende questa decisione.
La differenza è sottile, ma sostanziale: concedere un diritto è importante, ma è ancora più importante – e significativo – tutelare un diritto inalienabile contro chi cerca di cancellarlo. È come se l'America avesse detto "Non discutiamo neanche che le persone possano sposarsi anche se dello stesso sesso, questo è pacifico; vi diciamo piuttosto che guai a chi prova a vietare che questo accada".
Barack Obama, dal suo profilo Twitter "personale" (le virgolette, riguardo al concetto di "personale" applicato a un Presidente degli Stati Uniti, sono sempre d'obbligo) ha comunicato il suo entusiasmo, con il più bel cuoricino arcobaleno di sempre.

Sono felice anche io, cari lettori, tantissimo, e per il motivo più semplice del mondo: si tratta di amore, libertà, e basta; il resto è fuffa derivante da (pre)concetti che non portano a nulla di buono e a nulla di buono hanno mai portato nella storia.
Vorrei che provasse questo, chi nasconde la propria omofobia dietro tanti "ma" ("Ho tanti amici gay, ma", "Per me possono fare quello che vogliono, ma", "Non dico che sono malati, ma"): provate a pensare che la legge non vi consenta di passare la vita con la persona che amate, che se dovesse succedervi qualcosa questa persona non avrebbe alcuna voce in capitolo (e, già che ci siete, provate a immaginare di sentirvi dire "fate schifo" – o peggio – ogni volta che vi tenete per mano o date un bacio in pubblico alla persona con la quale state).
La mia felicità è velata da questo: io non vivo negli Stati Uniti, vivo in un Paese dove i miei amici non possono esultare al cento per cento, perché è un Paese ancora troppo pieno di "ma", dove il massimo diritto concesso all'amore è "far l'amore in tutti i luoghi, in tutti i laghi, in tutti i mari".
Il disco che faremo parlare oggi, però, non è di Valerio Scanu, ma è di Sly & The Family Stone. Fa parte della colonna sonora di "Milk", film di Gus Van Sant che racconta la storia (vera) del primo omosessuale dichiarato a essere eletto a una carica politica negli Stati Uniti (film da vedere, per inciso).

È una canzone leggera, perché – sebbene in Italia siamo ancora invischiati in una intricata e pesante cotta di maglia medievale – questo è pur sempre un passo davvero importante, e un segnale di speranza. E poi, nella leggerezza di una canzone, e in un testo che sembra una filastrocca, c'è riassunto un bel po' di quello che avrei ancora potuto scrivere in questo post, se non fosse che sono i dischi a dover parlare.
Makes no difference what group I'm in
I am everyday people, yeah, yeah
There is a blue one
Who can't accept the green one
For living with a fat one
Trying to be a skinny one
Different strokes
For different folks
And so on and so on
And scooby dooby dooby
Oh sha sha
We got to live together
(Non importa in quale gruppo sto
Sono la gente comune, yeah yeah
C'è uno blu
Che non accetta quello verde
Perché vive con un grasso
Che prova a essere magro
Ognuno ha i suoi gusti
E così via e così via
E scooby dooby dooby
Oh sha sha
Dobbiamo convivere)
CODICE:

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :