Dischi parlanti - Mr. Spock's Music From Outer Space.

Da Farmacia Serra Genova
Questo post, cari lettori, non è per tutti. È per quelli che della morte di Leonard Nimoy - meglio noto come il signor Spock della serie televisiva "Star Trek" - sono veramente dispiaciuti.

Non è per quelli che fanno finta di sapere tutto e di essere super-nerd perché fa tanto figo; non per coloro, dunque, che continuano a chiamarlo "Dottor Spock" (il dottor Spock, Benjamin, è stato un celeberrimo pediatra ed è morto alla fine degli anni Novanta); non è per quelli che ogni volta che muore un personaggio famoso si sentono in dovere - non in diritto, eh, proprio in dovere - di fare almeno una battuta, che inesorabilmente viene malissimo. Non è, soprattutto, per quelli che pensano che dispiacersi per la morte di un personaggio famoso sia superficiale, perché "in fondo, chi lo conosce, mica era amico tuo".

È vero (e anche ovvio), non è come quando si perde una persona che è vicina nella vita reale, ma non per questo dispiacersi per questo tipo di perdita è qualcosa di risibile.
Il post di oggi è dunque per coloro che sono cresciuti sognando il futuro, e il futuro si sogna anche attraverso la fantascienza e Star Trek. Interrogarsi sui mondi possibili, perdersi immaginando gli infiniti futuri possibili, le civiltà di pianeti diversi che si incontrano e si scontrano, e apprendono le une dalle altre; tutto questo è una vera e propria ginnastica per il cervello, un corpo con tutti i muscoli in movimento.
Quindi no, mi sarebbe piaciuto ma Leonard Nimoy "non era mica amico mio", non lo conoscevo mica. Però ci siamo incontrati, in un punto della mia crescita, e qualcosa del suo passaggio è rimasto nella parte buona della persona che sono ora.
Venendo invece alla musica, forse non tutti sanno che - tra le cose che ha lasciato Leonard Nimoy - ci sono anche dei dischi (cinque, per la precisione).

Dischi nei quali non canta come Leonard Nimoy, ma proprio come "Mr. Spock". Le canzoni di un vulcaniano, che vede gli umani come strane creature illogiche; c'è molta ironia in tutto questo: se ci pensate è già di per sé ironico che un vulcaniano tutto d'un pezzo si metta a cantare (e che, cantando, esprima il suo distacco dalle emozioni, che però di solito sono alla base della musica popolare).
Oggi, però, qualcuna di queste canzoni a me suona all'improvviso anche un po' triste.

I go my way by myself, like walking under a cloud,
I go my way by myself, all alone in a crowd.
I try to apply myself and teach my heart hard to sing,
I go my way by myself, like a bird on the wing,
I face the unknown, I build a world of my own.
No one knows better than I, myself, I'm by myself alone.
I build a world of my own,
No one knows better than I, myself, I'm by myself.

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