Magazine Diario personale

Discorso semiserio di un italiano sulla rottura di palle che è LVMH

Da Hermes
Un giorno, tornando a casa, troverò un post it attaccato al frigo. Uno di quelli che si attaccano sotto i magnetini kitsch, quelli così kitsch ché quando viene un amico a casa li nascondi nel guardaroba sotto strati e strati di mutandine e boxer di pizzo flou.
Sul nostro post it -che da ora chiameremo "comunicato stampa"- campeggerà la dichiarazione che LVMH avrà comprato il 99,9% dell'utero di mia madre, in nome de, cito il comunicato stampa, "lo sviluppo di sinergie d'eccellenza in continuità con una governance ininterrotta da x (sostituire x con l'età di vostra madre) anni". 
Più o meno così è andata con Loro Piana.
Stavo scrivendo un altro post, quando ho deciso di prendermi una pausa (bloggare logora) e, entrato sul sito del Corriere, mi sono trovato come notizia d'apertura la vendita del brand piemontese. Così ho mandato a putt in malora il vecchio post e mi sono messo a scrivere questo pezzo dal sapore leopardiano (sì, il titolo è la parafrasi di un'opera di Leopardi, non sono così matto da scrivere normalmente così).

Partiamo dal fatto: LVMH compra l'80% di Loro Piana, per 2 miliardi di euro.  

L'antefatto: LVMH compra la pasticceria milanese Cova. E Prada fa causa alla famiglia proprietaria del locale (con mia grande gioia). 
L'antefatto dell'antefatto: LVMH prova a comprare tutto il comprabile (prima o poi sarà il turno dell'utero di mamma). Le uniche con cui, finora, non gli è andata bene, sono Gucci (finita a Pinault) ed Hermès (che, anzi, gli sta dando filo da torcere).
Così le aziende italiane autonome si contano sulle dita di una mano. E presto, probabilmente, saranno anche meno: non è un mistero che Versace stia cercando un investitore esterno.

Non sapete che fastidio che mi può dare. Non è solo una mera questione di patriottismo, intendiamoci (certo, se poi Arnault si fosse chiamato Arnoldi, non mi sarebbe mica dispiaciuto). E' anche un discorso di qualità, o meglio, di mercificazione del lusso.

Senti che Berluti (LVMH) espande la fabbrica di scarpe di Ferrara, e ti viene da esultare, ma poi vedi che maglioni di Cèline (sempre LVMH) in cashmere da 1490 euro sono sì fatti a mano, ma in Cina. 
Questo perchè il gruppo LVMH mira unicamente ai soldi, e mi chiedo come ciò possa convivere con un'azienda che sul "ben fatto" ha costruito la sua fortuna. Poco consolatorie le parole di Sergio e Luigi Loro Piana: 
"La nostra famiglia è fiera di associare oggi il nostro nome al gruppo LVMH, quello maggiormente in grado di rispettare i valori della nostra azienda, la sua tradizione ed il desiderio di proporre ai suoi clienti dei prodotti di qualità ineccepibile. Associandoci al gruppo LVMH, costruito intorno ad un insieme di marchi storici, Loro Piana trarrà beneficio da sinergie eccezionali, sempre preservandone le tradizioni".
Non capisco come ora possano garantirmi che la qualità rimanga proprio la stessa del Loro Piana di ieri. LVMH, poi, mi sta decisamente antipatico per via dell'atteggiamento da squalo dei mercati  di Arnault.  E non è possibile, aggiungo, che tutto quello che compro, da un capo all'altro di via Condotti, vada ad aumentare il loro profitto. Non capisco, vi parlo da figlio di imprenditore (piccolo, ma sempre imprenditore), perchè vendere.Non regge la scusa della piccola azienda in difficoltà (come Brioni). Loro Piana è un colosso. Non regge la scusa della difficoltà di fare impresa in Italia: stiamo parlando di una multinazionale. Allora mi immagino come sia andata la conversazione tra i due LP e Arnault lo squalo:A.l.S: "Scusate, vorrei comprare la vostra società"!LP*2: "Ah sì, e per quanto"?A.l.S: "Facciamo due miliardini, ok"?LP*2: "Ah, fantastico, avevamo proprio bisogno di due miliardi per comprare qualche isola greca, corrompere due o tre governi africani, regalare alle nostre mogli 100.000 birkin e ristrutturare attico e superattico a Quarona, grazie mille"!A.l.S: "Ok, bella, ci becchiamo stasera da Cova".(forse "bella" e "ci becchiamo" non l'ha detto, ma per il resto deve essere andata così).Inizialmente, dopo aver letto la notizia, ho pensato che avrei boicottato LVMH. Poi, però, ho realizzato che forse il mio embargo non li avrebbe proprio messi in ginocchio (strano). E, soprattutto, ho ridato una letta a tutti i brand del portafogli di Vuitton: posso rinunciare a Donna Karan (peccato per quel bel vestitino al ginocchio in seta che avevo visto alla Rinascente l'altro ieri...ops!) Pucci, ma Cèline (non si sa mai), Loewe, Dior... mi si chiedeva troppo.Però, di una cosa possono stare certi: il malloppo di euro per il maglione di baby cashmere da me se lo scordano (ma forse il discorso del "tanto lo puoi comprare anche la prossima stagione...che fretta c'è?" non dovrei farlo più). E, soprattutto, ora mi sentirò meno "moralmente in colpa" a comprare Cucinelli ed Hermès. E' una forma di "consumismo premiativo/punitivo", dovrebbero farci degli studi sopra. Anzi, andiamo a fare un giretto sul sito di Brunello (mentre si legge pensare a me con occhi lucidi con sguardo da folle)...

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