Magazine Pari Opportunità

Discorso sulla servitù volontaria

Da Leragazze

Discorso sulla servitù volontaria“Ma se cento, se mille sopportano uno solo, non si dirà forse che non vogliono e non già che non possono affrontarlo, e che non è per viltà, quanto per abiezione e mancanza di dignità”.

“Siate risoluti a non servire più ed eccovi liberi; non voglio che vi scontriate con lui o che lo facciate crollare, limitatevi a non sostenerlo più e lo vedrete, come un grande colosso cui sia stata sottratta la base, cadere d’un pezzo e rompersi”.

“Non c’è bisogno di distruggerlo; egli viene meno da solo a patto che il paese non acconsenta alla propria servitù”.

Da dove sono state estratte queste semplici eppur illuminanti parole? Chi ne è autore?

Sono tratte da un saggio scritto nel Cinquecento da Étienne de la Boétie: Discorso sulla servitù volontaria. In esso vengono analizzate quelle situazioni in cui è il popolo stesso “che si fa servo, che potendo scegliere se esser servo o libero, abbandona la libertà e si sottomette al giogo”.

Con sagacia e acutezza, si illustra anche il comportamento di coloro che stanno più direttamente a contatto con chi comanda. “Non basta che obbediscano, devono compiacerlo, devono darsi da fare, tormentarsi, ammazzarsi per occuparsi dei suoi affari; e inoltre devono godere del suo piacere, abbandonare i propri gusti per quelli del sovrano”.

E descrive l’astuzia dei tiranni nell’abbrutire i propri sudditi, facendo l’esempio del “comportamento che tenne Ciro verso gli abitanti della Lidia, dopo essersi impadronito della loro capitale Sardi. Venne  a sapere che gli abitanti della città si erano ribellati”. Per ricondurli all’obbedienza senza ricorrere a mezzi violenti, “concepì un espediente straordinario: fece aprire bordelli, taverne e sale  da gioco e fece pubblicare un’ordinanza che autorizzava i cittadini a servirsene”.

In appendice al libro, pubblicato da Chiarellettere (7 €), è inserito il Saggio sull’arte di strisciare a uso dei cortigiani di Paul Thiry d’Holbach, filosofo settecentesco, “la più difficile delle arti” che ancora oggi ha molti seguaci.

“I cittadini ingrati” osserva l’autore, “non immaginano quanta riconoscenza dovrebbero a questi uomini generosi che, pur di mantenere alto l’umore del sovrano, si condannano alla noia, si sacrificano ai suoi capricci, gli immolano l’onore, la probità, l’amor proprio, la vergogna e il rimorso”.

Niente di nuovo sotto il sole, dunque.

Un libro denso di riflessioni quanto mai attuali che consiglio caldamente.

Nota a margine. Come tanti, anche de la Boétie non perde l’occasione per infierire sugli ebrei, un tarlo per tutte le stagioni. A pagina 20, inopinatamente si legge: “Di questo popolo non leggo mai la storia senza provare un estremo disappunto, fin quasi a diventare disumano nei suoi  confronti e a rallegrarmi di tutte le disgrazie che l’hanno afflitto”.



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