Patologia: Discospondilite
Animale: Cane, Drahthaar, femmina, 3 anni
Autore: Dr. David Bettio
Nula
Generalità: la Discospondilite
(trattto da: Clinica Veterinaria Gran Sasso | >>) La colonna vertebrale è da considerarsi un’unità morfo-funzionale composta dalle vertebre, dai dischi intersomatici, dai legamenti e dai muscoli paravertebrali. I processi infettivi che si localizzano a tale livello possono coinvolgere tutte le componenti di questo complesso. In passato sono stati usati termini diversi per descrivere le infezioni a carico delle diverse parti di questo sistema, così si definiva osteomielite o spondilite un processo infiammatorio a carico dei soli corpi vertebrali, discite un processo coinvolgente il disco intervertebrale e fisite un processo almeno inizialmente confinato alla fisi di accrescimento. Attualmente per motivi di chiarezza e uniformità le diverse scuole hanno adottato il termine di discospondilite per indicare una patologia a carattere infettivo infiammatorio distruttivo e proliferativo coinvolgente i dischi intervertebrali, le epifisi associate ed i rispettivi corpi vertebrali. Il primo caso di osteomielite di cui si abbia notizia risale ad un fossile datato 500.000 anni fa di un femore di un uomo dell’isola di Giava; Ippocrate ha descritto per la prima volta sintomi riferibili a discospondilite in un uomo affetto da tubercolosi nel 400 aC. Per la prima segnalazione ufficiale in medicina umana si deve aspettare il 1887e nel cane il 1957. Nel gatto il primo caso segnalato risale al 1979 e, a tutt’oggi, si tratta di una patologia rara in questa specie.I tratti vertebrali più di frequente coinvolti sembrano essere quello lombosacrale e toracolombare ma anche la regione cervicale caudale. Possono essere colpiti un solo spazio intervertebrale o spazi multipli ed in questo caso le lesioni sono con maggior probabilità, anche se non necessariamente, a carico di segmenti vertebrali contigui.
Sono colpiti soprattutto cani di grossa e media taglia in prevalenza di sesso maschile. In questo senso è possibile che il carico funzionale imposto dalla mole possa giocare un ruolo primario tra i fattori che condizionano l’insorgere della patologia. La discospondilite si manifesta soprattutto in soggetti di età media pur essendo abbastanza frequente in pazienti giovani.
In medicina umana negli ultimi due decenni si è assistito ad una netta riduzione dell’incidenza di osteomielite acuta a carico delle estremità nel bambino, mentre la frequenza di infezioni della colonna vertebrale nell’adulto è in aumento. Tale fenomeno è probabilmente da associare alla maggior diffusione delle droghe, alla sindrome da immunodeficienza acquisita, all’incremento dei flussi migratori e all’uso indiscriminato di antibiotici, tutti fattori che causano da un lato minor capacità di difesa e dall’altro la selezione di microrganismi particolarmente aggressivi.
Anche nel cane attualmente la situazione immunitaria dei soggetti colpiti viene considerata tra i fattori determinanti lo sviluppo della patologia. In questa specie forme di immunosoppressione possono essere causate da patologie croniche, dalla somministrazione prolungata di antimicrobici, da corticosteroidi endogeni o esogeni o possono anche conseguire a stati di shock, traumi e interventi chirurgici. Diversi autori suggeriscono anche la possibilità di stati di immunodepressione su base genetica o più specificamente collegati al fattore di razza. Questo è particolarmente vero per le discospondilite da Aspergilli dove la maggior parte dei casi segnalati riguarda cani di razza pastore tedesco; gli studi condotti non hanno però consentito ad oggi di rilevare anomalie nel corredo immunitario di questi soggetti.
Dal punto di vista eziopatogenetico si distinguono forme in cui la propagazione dell’infezione alla colonna vertebrale si instaura per via ematogena e forme in cui la via di propagazione è rappresentata da diffusione per contiguità. Nel primo caso la patologia consegue a condizioni di batteriemia a partire da foci settici a distanza ed in particolare a livello del tratto genito urinario, della cute e dell’apparato respiratorio, nel secondo caso deriva direttamente da foci settici contigui. Infezioni a sede paravertebrale possono essere causate da migrazione di corpi estranei vegetali o dall’impianto diretto degli agenti patogeni a causa di ferite penetranti causate da morso, da armi da taglio o da armi da fuoco. Infezioni per contiguità sono considerate anche quelle conseguenti a manovre anestesiologiche o di chirurgia spinale.
I piogeni Gram positivi sono i germi di più frequente riscontro in corso di infezioni della colonna vertebrale anche se in medicina veterinaria non di rado vengono segnalate forme non piogeniche in particolare causate da Aspergillus.
Per l’instaurarsi dell’infezione non è sufficiente la sola presenza degli agenti patogeni ma, perché il processo possa avere inizio, all’invasione microbica deve associarsi un disturbo dell’apporto ematico al tessuto osseo. Assumono particolare importanza in questo senso macro e micro traumi alla colonna vertebrale, e questo spiega la maggior incidenza in soggetti di grossa taglia e la maggior frequenza con cui vengono interessati dalla patologia i tratti di colonna vertebrale più dinamicamente sollecitati. Tra le differenti forme di discospondilite la più frequente nel cane è senza dubbio quella ematogena. Due sono le sedi favorite dalle condizioni emodinamiche per lo sviluppo di un infezione: la zona compresa tra
epifisi e metafisi vertebrale e il disco intervertebrale. I germi patogeni raggiungono le vertebre principalmente attraverso le arteriole nutritive determinando l’occlusione dei rami terminali delle stesse e successivamente la comparsa di un infarto osseo, condizione necessaria per la moltiplicazione batterica e quindi per lo sviluppo di un focolaio di osteomielite.
In corso di infezione la genesi del danno tissutale è attribuibile solo in parte agli effetti citolesivi diretti dell’agente patogeno. L’innescarsi del processo patologico è principalmente legato ai continui tentativi dell’ospite di isolare e contenere l’infezione, utilizzando i meccanismi dell’immunità cellulo mediata, che induce un processo flogistico, danneggiando inevitabilmente il tessuto nel quale si realizza. La successiva evoluzione della patologia è condizionata dall’equilibrio tra le difese dell’ospite e l’aggressività dei microrganismi coinvolti. Una risposta efficace determina la scomparsa del patogeno ed una guarigione più o meno rapida di solito con esiti modesti; se invece il patogeno non viene
completamente eliminato la risposta tende a cronicizzare ed il danno tissutale è di notevole entità.
Il quadro sintomatologico dei soggetti affetti da discospondilite è estremamente variabile e caratterizzato dalla coesistenza di sintomi riferibili all’infezione locale e di sintomi indicativi di una patologia sistemica. Abbastanza costanti sono depressione del sensorio, ipertermia, anoressia e soprattutto dolore, spontaneo o evocabile alla palpazione della colonna. Se la discospondilite non viene riconosciuta e curata in queste prime fasi possono insorgere sintomi indicativi di complicanze di ordine neurologico quali meningite, mielite, paratopie discali e fratture.
Nella diagnosi di discospondilite è necessario considerare due fasi: la prima, volta a svelare la lesione discospondilitica, è affidata alla diagnostica per immagini, la seconda, indirizzata all’identificazione dell’agente eziologico ed alla sua sensibilità ai chemioterapici è gestita dalla diagnostica di laboratorio. La diagnosi di infezione della colonna vertebrale mediante esame radiologico convenzionale è tardiva in quanto i primi segni di osteolisi e alterazione dello spazio intersomatico compaiono di solito dopo 2- 3 settimane dall’esordio clinico della sintomatologia. Dopo circa 10-12 settimane si instaurano alterazioni rappresentate da sclerosi ed eburneazione vertebrale.
La TAC consente una diagnosi più precoce ma soprattutto permette di definire meglio l’estensione dell’interessamento osseo grazie alla possibilità di ottenere immagini multiplanari. Nelle fasi precoci i focolai osteolitici appaiono come aree ipodense nel contesto della spongiosa nelle fasi tardive si evidenzia distruzione della spongiosa stessa all’interno della quale è possibile apprezzare aree di sequestro. La TAC consente inoltre di valutare l’estensione del processo flogistico al canale spinale ai tessuti molli paravertebrali e ai muscoli. In caso di formazione di raccolte ascessuali può anche essere utilizzata con finalità terapeutiche per effettuare drenaggi TAC guidati.
L’indagine attualmente ritenuta di prima scelta nell’identificazione della lesioni discospondilitiche è però la risonanza magnetica che trova indicazioni in particolera nelle fasi precoci della malattia in cui gli studi radiografici convenzionali, ma anche la TAC, possono dar luogo a falsi negativi. La RM presenta notevoli vantaggi anche nella fase conclamata della malattia poichè permette di valutarne la diffusione grazie alla possibilità di acquisire immagini multiplanari ed alla capacità di visualizzare sconfinamenti epidurali e paravertebrali; permette inoltre di dimostrare compressioni midollari e di riconoscere eventuali focolai di mielite secondaria. In fase acuta il focolaio infettivo in sequenze T1 appare come un ipointensità nella spongiosa di due corpi vertebrali adiacenti al disco interessato con irregolarità delle limitanti somatiche che sono mal definibili. La riduzione di segnale è dovuta all’aumento del contenuto idrico legato, sia alla
presenza di alterazioni vasali che a fenomeni di neovascolarizzazione oltre che alla presenza di essudato infiammatorio. In sequenze T2 il focolaio lesionale, per le stesse ragioni, presenta segnale iperintenso così come il disco corrispondente. Dopo somministrazione di mezzo di contrasto vi è un marcato “contrast enhancement” che consente di apprezzare la reale estensione del processo patologico.
Dal punto di vista clinico e rispetto alla diagnostica per immagini, le principali patologie che devono essere prese in considerazione nella diagnosi differenziale sono le neoplasie, le forme degenerative discali e le spondilomielopatie degenerative cervicale e lombare.
La seconda fase diagnostica è indirizzata all’identificazione degli agenti patogeni ed alla definizione della loro sensibilità agli agenti antimicrobici disponibili. Gli esami di laboratorio utilizzati sono rappresentati dall’esame emocromocitometrico, dagli accertamenti ematochimici , dall’esame dell’urina e del suo sedimento e dagli esami colturali eseguiti su sangue, urine ed eventuale tessuto patologico prelevato direttamente a livello della lesione. I campiono prelevati per gli esami colturali devono essere sottoposti a coltura in aerobiosi, anaerobiosi e su terreni per l’isolamento di miceti e, se positivi, ad antibiogramma.
La terapia infatti prevede la somministrazione di un chemioterapico selezionato in base all’esito degli esami colturali accompagnato da antinfiammatori ed analgesici. Nel caso in cui il risultato degli esami colturali fosse negativo si consiglia di iniziare una terapia antibiotica per Staphylococcus aureus e, in caso di mancato miglioramento, di procedere al prelievo ed alla coltura di materiale prelevato direttamente in sede di lesione.
Viene attualmente ritenuto essenziale mantenere il rachide il più stabile possibile mettendo il paziente a riposo assoluto. Di rado risultano necessari interventi di stabilizzazione vertebrale. La prognosi è influenzata principalmente dalla precocità di diagnosi e trattamento e dal grado di coinvolgimento neurologico.
Caso clinico:
Nula viene sottoposta ad una serie di indagini diagnostiche perchè presenta una forte algia al treno posteriore, accompagnata da zoppia grave dell’arto posteriore destro e atrofia dei muscoli, dimagrimento generale (guarda il video 1 su you tube
Esame Radiografico: dalle proiezioni LL e VD del rachide lombare si rilevano delle sclerosi delle epifisi dello spazio intervertebrale L7-S1 con erosione dell’epifisi caudale di L7 ed epifisi craniale di S1.
Esame Ecografico: organi addominali nella norma. Linfonodi iliaci presentano spot iperrcogeni. Il profilo del passaggio lombo-sacrale appare irregolare.
Esami ematici: RBC 5.980, WBC 20.8 (+++), HGB 15.4, HCT 37.4, MCV 62.5, RDW 16.2, MCHC 41.2 (+), PLT 187, BIL TOT 0.06, ALT 8, GGT 4.4, GLU 63, UREA 14.3, CREA 0.38, ALP 154 (+), PT 8.33 (+), ALB 2.7, GLOB 5.54 (++).
Esame colturale urine: positività a Staphylococcus aureus.
Ricovero Nula il 7 Settembre. Da 9 giorni è sottoposta a ICF Vet 1000 ® 1 cpr q12 (per 6 settimane), Onsior 40 mg ® 1 cpr q24, riposo assoluto. Ma Nula non ha alcun segno di miglioramneto. Aggiungo alla terapia indicata Bryonia 200 k 3 granuli q12 e Arnica 200 k 3 granuli q12. Il 10 Settembre sospendo tutti i farmaci e i rimedi omeopatici e valuto il caso in senso omeopatico.
Prendo in considerazione questi sintomi: SINTOMI GENERALI – CARIE – Osteiti; SINTOMI GENERALI – FRAGILITÀ ossea; SINTOMI GENERALI – OSTEOMALACIA, rammollimento osseo; SCHIENA – DOLORE – Lombare, regione; SCHIENA – DOLORE – Lombare, regione – movimento – durante; SCHIENA – DOLORE – Lombare, regione – movimento – migl.; SCHIENA – DOLORE – Lombare, regione – colonna vertebrale; SCHIENA – DOLORE – Lombosacrale, regione; MENTE – COMPAGNIA – desiderio di.
Diagnosi differenziale dei rimedi: calc., sulph., puls., calc-p., phos., sil., lyc., ph-ac., bell., sep., merc., asaf.
Somministro Calcarea phosphorica 30 CH 3 granuli q12. Dopo 3 giorni di cura non ci sono miglioramenti. Il dolore rimane il medesimo. La caratterstica del suo dolore è migliorata dal movimento.
SCHIENA – DOLORE – Lombare, regione – movimento – durante; SCHIENA – DOLORE – Lombare, regione – movimento – migl.; SCHIENA – DOLORE – Lombosacrale, regione; SCHIENA – DOLORE – Sacrale, regione – camminando – migl.; SINTOMI GENERALI – MOVIMENTO – affetta, della parte – migl.; SINTOMI GENERALI – MOVIMENTO – continuo – migl.; ESTREMITÀ – DOLORE – movimento – migl.
Diagnosi differenziale tra rimedi: Rhus-t.; Puls.; Agar.; Lyc.; Sulph.; Sep.; Valer.; Kali-c.; Ferr.; Rhod.; Aesc.
Somministro Rhus Toxicodendron 7 CH 3 granuli q8. Il giorno seguente Nula è molto abbattuta, stenta ad alzarsi dalla cuccia, beve molto, presente febbre elevata 41.6°C ma mantiene l’appetito. Sulla regione della cresta iliaca si forma una fistola dalla esce materiale purulento, senza dolore. La fistola è in corrispondenza della zampa posteriore destra, la zampa con la zoppia grave. Prescrivo Bryonia 200k monodose. Il giorno seguente la febbre rimane costantemente alta 41.5°C, mucose nella norma.
Esami ematici: RBC 5.53, WBC 18.7 (++), HGB 13.1, HCT 36, MCV 65, MCH 23.8, MCHC 36.6, RDW 13.3, PLT 226, MPV 8.7, PCT 0.195, PDW 14.2, ALP 57.5, BIL TOT 0,3, CREA 0.2, UREA 12, GLU 109, GOT 27.8, GPT 21. Dall’esame ecografico dell’addome non emergono segni riferibili a patologie a carico degli organi
Nella piena conferma della Legge di guarigione di Hering, Nula riprende velocemente la sua attività. Il dolore alla colonna vertebrale è fortemente diminuito tanto che non si lamenta più quando si alza dalla cuccia e quando cammina, si siede e si alza senza apparente dolore. Il movimento è molto più fluido anche se ancora non va al galoppo. La zoppia all’arto posteriore destro è scomparsa. Nula è un cane molto affettuso, ricerca la compagnia, molto obbediente, socializza normalmente con gli altri cani e i gatti, mangia con molto appetito e viene volentieri in passeggiata anche per 2 ore di seguito senza mostrare dolori, tremori o debolezze agli arti posteriori.
Ho realizzato questi video (video 2 e video 3 su youtube
Ringrazio Valentina, Alice e Cesare.
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