Sara Mahmoud è una ragazza di 21 anni, cittadina italiana figlia di egiziani, studentessa universitaria che, come molti giovani , per non pesare troppo sulle spalle della famiglia ha deciso di fare qualche lavoretto e guadagnare così qualcosa.
Sara ha tutte le qualità richieste ma indossa lo hijab, il velo tradizionale islamico, che risulta essere un ostacolo insormontabile per molti datori di lavoro i quali le richiedono di levarlo.
Il tutto succede a Milano, dove comunque molte donne velate lavorano ormai da anni.
L’ultimo no arriva alla ragazza tramite mail nella risposta avuta da una società che cura eventi in Fiera.
È già accaduto diverse volte, in passato,che la ragazza venisse contattata da varie società e poi successivamente respinta a causa del velo che le incornicia il volto, lasciandole completamente scoperti occhi, fronte, bocca e naso. Un velo che non pregiudica la possibilità di fare un documento o di frequentare luoghi pubblici.
Sara ha così deciso di rivolgersi a uno studio di avvocati specializzati in procedimenti contro la discriminazione razziale e di fare causa per ristabilire quello che ritiene un suo diritto ovvero Portare il velo come prescrive la sua religione senza essere ingiustamente penalizzata sul lavoro e nella società. Diritto che viene anche sancito dalla Corte europea :le limitazioni che incidono sulla libertà religiosa possono essere introdotte solo a tutela di diritti personali altrettanto importanti, come la sicurezza o l’incolumità personale non certo per inseguire un presunto gradimento della clientela come scritto dalla società nella motivazione del loro no a Sara.
Fonte: qui