Magazine Salute e Benessere
“Non abbiamo occhi che per il nostro prossimo,lo critichiamo e lo condanniamo, lo vogliamo migliorare ed educare.”(Carl Gustav Jung)
Uno degli ostacoli maggiori alla nostra realizzazione spirituale è la tendenza ad affermare aggressivamente la personalità. Questo è il pericolo che sottintende il monito dei più grandi maestri spirituali sul rischio d’inflazione dell’ego. Il difetto viene molto incoraggiato anche dalla nostra società post-moderna, anche se non è l’unica tendenza negativa che ci stimola la nostra società malfunzionale. Le caratteristiche di un'affermazione prepotente si mostra non sempre chiaramente o esplicitamente. Possiede anche altre forme molto più subdole e insospettabili. L’affermazione prepotente può assumere forme fisiche impulsive oppure può avere forme mentali. Le affermazioni fisiche aggressive sono mostrate negli scoppi di collera, nel risentimento astioso, nella condanna oppure con le critiche eccessive. L’ira e la collera sono aggressioni fisiche rivolte a quello che si oppone al nostro obiettivo. L'ira e la rabbia diventano nemici molto insidiosi, perché ci fanno agire senza tener conto del nostro vero benessere. Gli atti di collera o di rabbia funzionano come boomerang che si rivolgono contro chi li lancia, perciò ritornano sempre contro di noi. Ogni sentimento rabbioso oppure risentito svolgono un’azione che ci avvelena, perché il nostro corpo viene inondato da sostanze nocive. E questo riguarda la struttura biologica, ma anche la sfera emotiva e l’ambito spirituale. È la conferma veritiera del detto tradizionale cinese secondo cui, ogni volta che la rabbia ci fa sputare verso il cielo, lo spunto ricade sulla nostra testa. Ci sono anche altre tendenze insidiose che mostrano la tendenza distruttiva delle persone. La tendenza negativa più diffusa è il criticismo e la tendenza a giudicare in modo malevolo l'operato degli altri. Oggigiorno si vede una tendenza a criticare e la continua svalutazione del nostro prossimo, perciò la maldicenza si potrebbe definire quasi un'attività alla moda. Vediamo molte persone che provano piacere nel denigrare e nel trovare difetti negli altri. A costoro non piace il nostro modo di fare, ti giudicano e decidono che ogni cosa che fai, ti viene male. Vedono come ti vesti, e decidono che ti vesti con troppi fronzoli. Oppure dicono che usi pochi fronzoli perciò in tutto il tuo essere c’è un difetto, perciò loro lo trovano. Si può vedere che è costoro provano molto piacere nello scovare un difetto oppure una pecca in tutto. Gli psicologi dicono che la tendenza a fare troppo critiche soddisfa l'istinto di affermazione personale, perciò anche il gossip è in questa casistica. In pratica, la tendenza a osservare con scrupolo solo la vita degli altri per scoprire le debolezze e i difetti che hanno, gli offre un senso di superiorità. Si prova molta consolazione e soddisfazione nel vedere che “anche i ricchi piangono.” Osservare le carenze altrui solletica la vanità. Le insoddisfazioni personali vengono scaricate sugli altri. E ci si consola delle proprie carenze, poiché agli altri non va meglio. E anche quando le cose gli vanno molto bene, il criticone trova sempre un motivo, una sfumatura oppure un difetto minimo che può guastare tutto. E se gli si fa capire che non si apprezzano le loro critiche, quelli continuano imperterriti, perché sentono che agiscono per il nostro bene. I critici sono delle persone che si sentono utili, perché vivono per far notare agli altri i loro difetti. Ma quando le persone ricevono solo delle critiche aggressive, il loro primo istinto è quello di difendersi perché sentono l’aggressività che è mascherata da critica. La prima reazione è sempre la difesa, perciò il criticone ottiene l’effetto opposto a quello che cerca. E non vede nessun cambiamento negli altri. Il cambiamento non è mai dovuto a un attacco aggressivo, ma è sempre prodotto da un’attenta riflessione unita alla persuasione interiore che è necessario cambiare i propri atteggiamenti. Un criticone non ha la pazienza e neppure l’umiltà di confrontarsi con il proprio prossimo. Ancor peggio, lui dimostra una totale mancanza di affetto per l’altro. Una persona che vuole bene all'altra e la vede sbagliare, le fa notare il difetto, e la invita a riflettere. Gli offre il suo affetto, la sua pazienza e la sua comprensione: non usa l'aggressività della critica. Invece, i consigli dati dai criticoni insensibili sono detti così, tanto per dirli, perché loro devono sfogare l'insoddisfazione personale. Scaricano le loro frustrazioni sugli altri e spesso la loro critica distruttiva vorrebbe sembrare innocua, come si vede bene in chi usa il pettegolezzo e la maldicenza. Ma, anche se non lo sembra, l'eccessivo criticare dimostra, anche se in modo poco nobile, che non possiamo fare a meno degli altri, e che abbiamo voglia di avere una comunicazione. La cosa paradossale è che questa unione avviene nella lotta come quando persone che si riuniscono per sparlare degli altri come nel gossip. Non è edificante perché si fanno gruppi interessati, perciò sono instabili e temporanei: non sono legami positivi di affinità e affetto. È chiaro che dobbiamo saper vedere gli altri in tutti i loro aspetti positivi e negativi, e pur amandoli vanno visti in tutti i loro difetti. Ma la caratteristica peggiore del criticismo è quella di voler deridere gli altri con cattiveria. C’è molta differenza tra la critica che aiuta a migliorare costruttivamente e la derisione, perciò iniziamo bene se vediamo, per primi, i nostri difetti. E la tendenza critica deve trasformarsi in una giusta discriminazione. Se la critica è antagonistica diventa priva di comprensione, diventa crudele.La discriminazione è indulgente, è una tendenza inclusiva, è una dote comprensiva, è una cosa buona. Se la discriminazione è veramente obiettiva vede sia i limiti propri che quelli degli altri perciò diventa legittima, evolutiva e giusta. Non possiamo avere i paraocchi sulle persone e le cose, ma il nostro atteggiamento non deve diventare duro, ottuso e compiaciuto del male che vede. Un discriminatore spirituale soffre delle carenze e dei difetti altrui, perciò non si compiace o si sente superiore all’altro. Il vero discriminatore compatisce chi sbaglia perciò cerca di aiutare con affetto le persone che vede sbagliare. Soprattutto quando vede calpestare i principi in cui crede, deve manifestare il suo punto di vista ma deve agire senza acredine o rabbia. Deve dire apertamente il motivo del suo dissenso, deve ammonire e deve mettere in guardia l’amico. Perciò lui difende con coraggio le opinioni e le persone attaccate ingiustamente. Lo fa con fermezza e coraggio, ma senza usare l'acredine oppure la cattiveria. I maestri ci invitano a sviluppare qualità opposte. Queste qualità sono di due generi diversi, infatti sono qualità che usano l’inclusione cioé la bontà, la dolcezza, la generosità e l’amore. Molto spesso queste qualità sono denigrate perché si pensa alla bontà come alla qualità passiva che fa diventare ottusi. Ma questa bontà falsa è la bontà debole e sentimentale che si gloria delle apparenze. La vera bontà è potente, è una forza dinamica, è un potere energetico che ci fa diventare irradianti. Il potere della vera bontà seppe convertire con la mitezza e la dolcezza imperturbabili mostrate da san Francesco che ammansì un lupo.L’altra qualità che affina la discriminazione è la capacità di apprezzare, di lodare e di esprimere gratitudine. E questo tipo di qualità si sviluppano quando sappiamo mettere l’accento sul lato buono delle cose, degli uomini e dei fatti. E non si tratta certo di essere gli ottimisti ottusi che s'illudono sulla bontà assoluta del mondo. Non si tratta di diventare superficiali, ma di distinguere tra aspetti luminosi e aspetti oscuri celati in tutte le persone. Si devono vedere entrambi gli aspetti, ma si deve restare concentrati maggiormente sui lati luminosi e positivi. L'apprezzamento inizia quando si vede l’aspetto buono e luminoso delle cose, perciò ci si alleggerisce e ci si facilita la vita. Questo atteggiamento aiuta a liberarci dalla scontentezza, dal malumore, dal risentimento, dall’amarezza e dalla ribellione contro le cose amare e dure che offre la vita. Molto spesso siamo in guerra contro le ingiustizie, contro le umiliazioni, contro gli ottusi ma rischiamo di diventare amari e ci scagliando rabbiosi contro Dio. Jung diceva che ogni volta che uccidiamo Dio, lui risorge sotto forma di malattia e di forte disagio interiore. È inutile negare che la vita di tutti si mostra con aspetti dolorosi, meschini oppure tormentati, perciò è normale rischiare di diventare delle persone meschine e amareggiate dal dolore e dalle disgrazie. Ma non fa bene alla nostra anima restare troppo in questa condizione di tormento e scontentezza. La tradizione cabalista racconta che, mentre il Gesù Cristo camminava lungo le strade della Galilea con i suoi discepoli, incontrarono il corpo decomposto di un cane che giaceva abbandonato sul ciglio della via. Alla vista della carogna puzzolente qualcuno si otturò il naso e si allontanò disgustato, mentre altri compatirono la povera bestia. Il Cristo non fu affatto disgustato dal cane, ma restò a guardare la carcassa decomposta e poi disse ai suoi discepoli: “Venite e guardate. Guardate che meravigliosa dentatura possiede questo cane!” Questo è l’esempio di come deve guardare uno che sa vedere e che sa apprezzare la bellezza nascosta in ogni cosa della vita, anche a prescindere dalla forma nella quale, la bellezza si nasconde.Buona erranzaSharatan
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