Disgaea 4: A Promise Revisited – Recensione

Da Videogiochi @ZGiochi
Recensione del 23/08/2014

PS Vita TESTATO SU
PSVITA

Genere: Gioco di Ruolo Giapponese

Sviluppatore: Nippon Ichi Software

Produttore: NIS America

Distributore: Namco Bandai Partners

Lingua: Inglese

Giocatori: 1

Data di uscita: 28/08/2014

PSVITA

EUR 39,99

VISITA LA SCHEDA DI Disgaea 4: A Promise Revisited

Immenso, profondo, praticamente infinito + 1 Potete dire addio al vostro tempo libero e alla vostra ragazza

Forse l’episodio più riuscito della serie nonché un’ottima “rivisitazione” portatile Probabilmente all'inizio i neofiti lo troveranno assai difficile

Le incertezze della visuale sono state levigate

Da un po’ di tempo a questa parte pare che gli sviluppatori abbiano introdotto nel proprio vocabolario, nel chiaro tentativo di massimizzare i guadagni col minimo sforzo, le tre espressioni d’oro ossia “porting”, “remake” e “remastered”. Il mondo videoludico ne è ormai saturo e, bisogna ammetterlo, inizia ad esserlo anche la nostra pazienza. A distanza di quasi un anno dal Secondo Avvento, ovvero della ennesima tanto decantata “next generation”, di veramente “next” si è visto davvero poco. Al contrario, si sono susseguite copiose le uscite di produzioni già ampiamente viste, ma tirate a lucido per stare al passo coi prodigi della tecnologia. Molti potranno obiettare il fatto che sinché non si esaurirà il ciclo vitale delle vecchie console questo trend si pone quasi come obbligato per il mercato. Questo non corrisponde esattamente a verità ed anzi, ad avviso di chi scrive, denota invece un certo lassismo dovuto con molta probabilità alla stagnazione dell’intero settore.

La critica – costruttiva e speranzosa per il futuro – ovviamente non è rivolta solo alle console casalinghe, ma anche agli handheld dei due competitor che si contendono la particolare fetta di mercato. Nintendo e Sony hanno indubbiamente attraversato un periodo assai difficile con le loro nuove portatili ma, mentre la prima è riuscita a riprendersi alla grande dominando costantemente le classifiche hardware e software, Sony non ha mai avuto (o non ha mai dimostrato interesse ad avere) una politica chiara per la sua “piccola” creatura, che si è trovata spesso in balia degli eventi e delle dichiarazioni mirabolanti degli alti papaveri della Kabushiki Kaisha i quali raramente avevano una reale idea di ciò che stavano dicendo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. L’handheld Sony dal 2011-2012 ha giusto potuto beneficiare dell’arrivo di poche nuove IP o di qualche episodio originale, poi il nulla. O meglio, dato il disinteresse (ai limiti dello snobismo) palesato dalle grandi software house, PS Vita è divenuta terreno fertile non solo per il “sottobosco indie” ma anche per un costante senso di déjà vu.

Fortunatamente può anche capitare che il “già visto” (in assenza di altro, s’intende) possa risultare anche una gradita sorpresa. Abbiamo avuto la possibilità di parlarne anche lungo la recensione di Hyperdimension Neptunia Re;Birth1, altra serie ruolistica giapponese per console maggiore che ha subìto la conversione al mondo handheld con un discreto risultato finale. Forse è un po’ troppo affermare che tali operazioni commerciali possano contribuire a salvare PS Vita ma, se non altro, possono darvi un buon motivo per togliere quello strato di polvere che si va lentamente accumulando. Con il ritorno di Disgaea potete star certi che per un bel po’ di tempo i vostri handheld non rischieranno di finire dimenticati in un cassetto.

FULL METAL PRINNY, DOOD!

Non è la prima volta che un episodio della folle serie targata Nippon Ichi Software giunge su PS Vita. Già nel 2012 i possessori della console hanno potuto apprezzare attraverso migliaia di ore di gioco, con il porting di Disgaea 3, l’irriverenza e le peripezie di Mao, un giovane demonietto di 1578 anni perso nel suo mondo ozioso fatto di manga e videogames che un bel giorno si mette in testa di diventare il più grande super eroe di sempre. Ora, dopo la particolare digressione sperimentale/action intitolata The Witcher and the Hundred Knight per PS3, i ragazzi di Nippon Ichi hanno deciso che sull’hardware portatile Sony non poteva assolutamente mancare il quarto capitolo (nonché il più riuscito) della loro saga di maggior successo. Quest’ultima, apparsa per la prima volta nel lontanissimo 2004 si fece conoscere immediatamente per l’assurdità della trama e per il particolare e profondo gameplay tattico-strategico che si ispirava pedissequamente ai grandi del recente passato come Tactics Ogre, Fire Emblem e FF: Tactics. Disgaea ha riscosso rapidamente successo ed in pochi anni, tra episodi principali e diversi spin off portatili è giunta nel 2011 al suo episodio migliore, A Promise Unforgotten. A Promise Revisited per Vita dunque, non è altro che la versione riveduta e corretta di quest’ultimo con le dovute migliorie apportate dal team di sviluppo e l’inserimento di tutti i contenuti usciti sinora e qualche piccola esclusiva.

Se nel terzo episodio vestivamo i panni del pigro e viziato Mao, ora il nostro pazzo alter ego digitale è Valvatorez, uno dei tanti vampiri del Netherworld che però, assieme al suo fido assistente Fenrich, svolge un lavoro abbastanza particolare. Addestra i Prinny, la bassa manovalanza del mondo dei demoni. Per chi non lo sapesse questi simpatici esseri rassomiglianti a degli strani pinguini non sono altro che le anime provenienti dai defunti del mondo degli umani. Il problema è che oramai nel Netherworld ve ne sono talmente tanti che la situazione sta sfuggendo di mano ed il governo ha deciso di far “sparire” un po’ di Prinny per alleggerire la situazione. Proprio durante l’ultima lezione di addestramento i Prinny sotto la supervisione dell’istruttore vampiresco vengono prelevati ed imprigionati e Valvatorez non ci sta. Non tanto perché lui è un vampiro di buon cuore, bensì semplicemente per il fatto che, scomparsi i sottoposti, non può mantenere la promessa fatta loro: ossia il diritto ad avere una sardina ciascuno! Iniziano così le Prinny Wars, ossia una sollevazione contro il governo del Netherworld, che vede come capo popolo proprio il nostro vampiro mangia sardine dalle assurde manie di grandezza.

Questo non è altro che l’incipit di una delle avventure più simpatiche, no sense ed irriverenti dell’intera serie. A dispetto della leggerezza della trama anche A Promise Revisited, così come accade per ogni episodio di Disgaea, risulta essere di una complessità tale da tenere il giocatore incollato per centinaia di ore anche solo per sbloccare la metà dei contenuti presenti. La caratterizzazione e la profondità del gameplay è il marchio di fabbrica dei Nippon Ichi che anche in questo caso non si sono lasciati sfuggire l’occasione di offrirci un gioco dalla longevità praticamente infinita per un more of the same che farà felici i più smaliziati. Disgaea 4 è, come ogni episodio della serie, un SRPG che – dicevamo poco più sopra – si ispira alle indimenticate produzioni del passato. Secondo una precisa logica il gameplay, sempre tra i più profondi ed articolati, si suddivide essenzialmente in due sezioni: la sezione gestionale e quella prettamente dedicata agli scontri. In ambo i casi, oltre ad avere una certa sensazione di familiarità in quanto ci viene presentato, v’è anche una buona dose di contenuti che variano rispetto al terzo capitolo.

IL PESO DEL COMANDO

Capeggiare una ribellione, si sa, non è semplice; bisogna possedere doti innate al comando e, soprattutto, una base sicura e solida da cui partire. Il quartier generale dei ribelli questa volta è Hades, un posticino ameno in cui è possibile gestire nel minimo dettaglio la composizione del party, studiare le caratteristiche dell’equipaggiamento, le skill dei personaggi e dove Valvatorez e compagni possono trovare ogni genere di servizio, dai più basilari (ovvero i vendor di armi, oggetti ed equipaggiamento) a quelli più avanzati e tra questi v’è pure qualche gradito ritorno. Innanzitutto ritroviamo l’Item World, ove è possibile potenziare i singoli pezzi di equipaggiamento e le armi attraverso un complesso sistema di dungeon generati casualmente. In buona sostanza, dopo aver scelto il pezzo che si desidera potenziare, si “entra” per così dire nell’oggetto e a seconda degli stage superati (potenzialmente infiniti) aumenterà contestualmente il livello dell’oggetto, con conseguente boost della potenza e delle stat generali. V’è poi lo shop di skill ed Evilities (speciali buff di resistenze e statistiche) che ogni personaggio può acquistare tramite una particolare moneta di scambio che nel Netherworld serve un po’ per tutto, il Mana, il quale viene guadagnato a seconda dell’esperienza accumulata sul campo di battaglia. Un gradito ritorno che non si vedeva dai tempi di D2 è il Cheat Shop in cui è possibile modificare a piacimento i parametri del gioco come boost dell’esperienza, forza dei nemici, bonus di oggetti, equipaggiamento e simili.

Come se non bastasse, ad aggiungere ulteriore profondità ci pensa una rinnovata sottosezione politico-gestionale denominata Cam-pain HQ e più complessa rispetto alla Classroom del terzo episodio che, oltre a permettere la convocazione del Senato per creare nuovi combattenti, richiedere nuove armi ed altro, consente anche di gestire i bonus e le statistiche dell’intero party tramite un “tabellone” semplificato in cui è possibile disporre edifici – gli Evil Symbol – e personaggi a piacimento, con tanto di squadra di governo formata dai ministri dell’educazione, degli esteri e della difesa i quali, a seconda dei personaggi nominati a capo dei ministeri, garantiscono ulteriori bonus.

IL POTERE DELLE SARDINE!

Così come per la sezione gestionale, anche il combat system risulta essere incredibilmente profondo e complesso, in perfetta linea con gli episodi precedenti. L’ossatura del titolo, il more of the same di cui parlavamo prima, beneficia però di ulteriori aggiunte di rilievo che svecchiano in parte una struttura comunque già ottimamente collaudata e fondata su scontri rigorosamente a turni affrontati su campi di battaglia isometrici, proprio come comanda il dogma del SRPG classico. Formula classica da cui i Nippon Ichi hanno sempre saputo prendere le distanze inserendo delle originali peculiarità difficilmente replicabili altrove. Non ci dilunghiamo più del necessario sulle caratteristiche ricorrenti della saga come, ad esempio, il grinding selvaggio (a dir poco), gli spettacolari attacchi combinati eseguibili posizionando i combattenti in caselle attigue, il ritorno del Geo System (ora più fantasioso e complesso che mai) che aggiunge una pesante componente strategica andando a modificare le statistiche, i bonus e i malus del terreno di scontro a seconda del colore e le altre migliaia di combinazioni strategiche ed abilità dei personaggi, come il Tower Attack, potente attacco combinato che diviene disponibile quando si crea una torre con i membri del proprio party. Concentrando invece la nostra attenzione sulle novità o sui graditi ritorni, abbiamo potuto constatare con una certa soddisfazione la presenza anzitutto del Magichange System, ora migliorato sotto ogni aspetto, che permette di combinare due mostri assieme per formare un mega mostro, oppure un umano ed un mostro per creare una mega arma potenziata e così via. V’è inoltre l’interessante Punishment System che consente di catturare un nemico (lanciandolo all’interno della casella di partenza) e successivamente torturarlo per estorcergli soldi ed equipaggiamento oppure “rieducarlo” per costringerlo a combattere dalla vostra parte.

Di carne al fuoco ce n’è talmente tanta che in queste poche righe (anche se vi sembreranno eterne) non abbiamo potuto far altro che scalfire leggermente la superficie di un titolo praticamente infinito in tutte le sue sfaccettature. La parola d’ordine dell’intera serie è “grinding” ed in questo episodio lo si percepisce ancora di più. Come di consueto è possibile livellare ogni singolo personaggio sino al livello 9999 e le ore passate a studiare le modifiche e i bonus alle statistiche non si contano, per non parlare della immensa longevità della trama – con interessanti cammeo che scoprirete – e del fatto che questa “riduzione” portatile beneficia già di tutti (e sono davvero molti) i DLC usciti sinora, nonché dell’introduzione di un paio di digressioni nella storia nuove ed esclusive, inserite per l’occasione. Inoltre, se già possedete Disgaea 3 Absence of Detention potete accedere ai relativi salvataggi per importare due vecchie conoscenze della serie: Rutile e Stella.

UN LAVORO COI FIOCCHI

Dal punto di vista stilistico dobbiamo riconoscere, parlando sia dell’episodio maggiore che di questa controparte portatile, che i ragazzi di Nippon Ichi hanno fatto un buon lavoro rispetto ai capitoli passati, smussando anche il classico problema di tutti i Disgaea, ossia la difficile gestione della telecamera e della visuale in generale. Ora infatti risulta molto più semplice, tramite la pressione dei due tasti dorsali ‘L’ ed ‘R’ e del quadrato, ruotare la telecamera, facendola passare da isometrica a “volo d’uccello” appianando in questo modo i dislivelli del terreno di gioco e rendendo palese non solo tutti i nemici, finalmente, ma anche ogni potenziale opportunità strategica. I modelli poligonali e la grafica in-game in generale risultano maggiormente definiti rispetto al passato (soprattutto rispetto al porting di Disgaea 3: Absence of Detention) e fa davvero il suo bell’effetto sul brillante schermo di Vita con le assurde super mosse dei protagonisti e la spettacolarità degli scontri. Anche gli sprite anime style dei protagonisti della storia sono magistralmente realizzati e trasudano tutti grande caratterizzazione e personalità, ben lontani da qualche personaggio altamente stereotipato che avevamo visto in episodi precedenti. La realizzazione generale in definitiva è davvero ben curata ed in linea con l’intera produzione, a riprova del grande lavoro svolto di Nippon Ichi in questo quarto capitolo (riferendoci chiaramente a PS3 e Vita). Secondariamente, trama e dialoghi non potevano non esser citati. Meritano infatti assoluta menzione non solo per quell’assurdità e quell’irriverenza che da sempre costituiscono il tratto caratterizzante degli sviluppatori, ma anche per il fatto che anch’essi risultano ben studiati e curati grazie ad un buon doppiaggio, ad una orecchiabile soundtrack e ad una buona “regia” generale.

IN CONCLUSIONE
Disgaea 4: A Promise Revisited è, se non si fosse capito, da annoverare tra i must have per i possessori di PS Vita non tanto per l’assenza di materiale videoludico di rilievo per la console, ma per il fatto che Nippon Ichi Software ormai è sinonimo di garanzia e di qualità. Nonostante (come reca lo stesso titolo) esso sia una rivisitazione – perfetta – dell’episodio uscito circa tre anni fa per l’ammiraglia di casa Sony, risulta essere un titolo da non lasciarsi sfuggire. Cura maniacale per i dettagli, introduzione di bivi narrativi esclusivi, trama assurda ed esilarante, profondità che pochi giochi possono vantare ed una longevità praticamente infinita non sono altro che pochi semplici (ma dannatamente ottimi) motivi per provare uno dei migliori TRPG in circolazione e conoscere più da vicino una serie ormai storica che con il quarto capitolo ha fatto un bel salto di qualità. Assolutamente consigliato a tutti, sia ai fan di vecchia data che potranno gioire e trascorrere migliaia di ore a conoscere ogni minimo segreto del gioco, sia a chi non ha timore nel tentare di approcciarsi a cotanta maestosità. La fatica sarà grande, ma le soddisfazioni immense. ZVOTO 9
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