Zara, H&M, Levi's, Benetton, Only, Vero Moda, Lack&Jones, Gap, MAngo, Armani, Calvin Klein, Tommy Hilfiger, Diesel, Esprit, Blazek, C&A, Victoria's secret, Marks&Spencer, Metersbonwe, e Vancl.
Sono certa tutti conoscono almeno tre di questi marchi, ne adorano almeno uno e dall'armadio fanno capolino parecchi abiti che riportano queste etichette. Magari tra loro ci sono i nostri capi preferiti, quelli che indossiamo tutti i giorni, di cui non potremmo e non sapremmo fare a meno, acquistati proprio nei maxi store dove ci rechiamo ogni giorno per svagarci o cercare conforto dopo una giornata no.
Shopping. E' rilassante, liberatorio, consolante e appagante. Se fino a ieri si credeva che l'unico pericolo fosse mandare in rosso il conto in banca... invece...
Chi avrebbe mai pensato che i nostri amati abiti potessero rivelarsi un serio PERICOLO per la nostra salute? Preoccupante.
Il passaggio da fashion victim a vittime della moda potrebbe essere un traguardo davvero molto vicino da oltrepassare.
L'ultimo rapporto di Greenpeace Toxic threads – The fashion big stitch-up, ha dato risultati davvero scioccanti. L'associazione ha acquistato 141 capi dei suddetti grandi marchi, realizzando poi approfondite analisi. Due terzi dei campioni analizzati rivelano che all'interno di filati e coloranti sono contenute sostanze tossiche e nocive, che se rilasciate nell'ambiente, possono provocare cancro e disturbi ormonali.
I nonilfenoli etossilati sono prodotti chimici usati come detergenti in diversi processi industriali e nella produzione di tessuti naturali e sintetici. Una volta usati e scaricati, si decompongono in nonilfenoli, un sottoprodotto molto tossico considerato un interferente endocrino.
Di 25 campioni su cui sono stati eseguiti i test, non si è neppure venuti a capo dell'origine. Se pensate che sia poco, pensate al numero totale di abiti realizzati ogni anno (che si aggira intorno agli 80 mila!). Forse è il caso di tirare due somme e chiedersi cosa entra nelle nostre case.
Già nel 2011 Greenpeace aveva pubblicato due rapporti che dimostravano come i fornitori dei grandi gruppi tessili avvelenassero le acque di alcuni fiumi cinesi con sostanze chimiche ritrovate poi nelle fibre dei prodotti venduti.
Bandire semplicemente tali sostanze è a questo punto insensato, visto che basta una lavatrice per riversarle nell'ambiente. Il nostro "sicuro" ambiente quotidiano, dall'altra parte del mondo...