Vi starete domandando che c’azzecca un post su Disneyland Parigi in un blog dedicato all’Australia…ma fossi in voi non ci farei troppo caso dai…riguarda sempre la sottoscritta che per poco non rischia l’infarto….un po’ di pietà vi prego!
Allora, dopo circa una settimana di permanenza in Italia, ho pensato fosse ora di cambiare aria perché mi stava prendendo una tristezza infinita….allora io e mia madre abbiamo deciso di fare le fighe, le Carrie e Samantha (io sono Samantha, eheheheheheheh) in un Sex and the City in salsa francese e ce ne siamo andate, indovinate un po’ dove?
A Paris!
Quattro giorni tutti per noi. Un caldo boia a Parigi e, se volete un consiglio personale, non prendete l’aereo per andarci: l’aeroporto Charles de Gaulle, almeno per la mia espereinza, è un inferno.
I giorni a Parigi sono trascorsi in maniera piacevole: Museo D’Orsay (da brivido), la cara Gioconda al Louvre (ci ho fatto la foto con il mio faccione vicino, manco fosse una celebrità..), le donnine con i seni al vento del Moulin Rouge (è da vedere, ci sono anche maschietti ballerini che valgono il biglietto…) cioccolata, gelati e schifezze varie e la puntatina ai magazzini Lafayette che non fa mai male ed è un must per ogni donna che passi dalla ville Lumière.
E poi arrivò l’idea malsana: io e mia madre passeggiavamo sugli Champs-Elysées, quando a un certo punto finiamo davanti il Disney Store che esponeva in vetrina, vista l’imminente uscita nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, tutti i personaggi di Toy Story 3
E l’idea diabolica arrivò: Carrie e Samantha esclamarono “Perché non andiamo a Disneyland domenica?”.
Una persona sana di mente avrebbe risposto: “Magari non è il caso, siamo in estate e di domenica sarà un massacro!”
Ma noi no, non volevamo cedere. Eravamo ormai immerse nell’entusiasmo parigino, eravamo sicure che sarebbe andato tutto bene.
Abbiamo rischiato di non tornare a casa. Tutto per colpa di una tartaruga!
La fatidica domenica ci siamo alzate presto, abbiamo fatto la nostra ricca colazione a base di croissant, marmellata, nutella, pain au chocolat e girelle con uva sultanina. E l’orribile caffè francese. Fa veramente schifo, loro lo sanno ma si ostinano a non fare nulla per cambiare le cose… La Grandeur…..la grande testa di minchia mi viene da dire, ma vabbè…
Prendiamo il nostro metrò che ci porta dritte dritte a Disneyland. Roba che in Italia te lo sogni.
A Parigi, con 40 minuti di metropolitana arrivi nel parco da ogni punto della città.
Alla stazione incontriamo un uomo strano e inquietante che si propone di prendere per noi i biglietti della metro dalla macchinetta automatica: andava solo con carta di credito e noi non ne ne avevamo. “Italiennes, pas de problème! Belles belles, J’y pense, j’y pense!” urlava quel tipo.
Io non capivo se era francese o un italiano furbo furbo furbo. E si agitava su quella macchina come un forsennato per paura che ce ne andassimo, così lui ha usato la sua carta e noi lo abbiamo pagato in contanti. Carrie e Samantha devono averlo sconvolto, perché era talmente fuori che ha sbagliato a darci il resto, così alla fine abbiamo pagato 5 euro anzichè 26.
E io che lo avevo giudicato male…vedi sti italiani come sono pieni di pregiudizi…
Questo per noi era il segno definitivo che la giornata sarebbe andata TROPPO bene!!!
Seeee
Arrivate nel parco, siamo come diventate bambine. Non eravamo più le focose protagoniste di Sex and the city, ma Alice nel paese delle Meraviglie (io) e la Bella Addormentata nel bosco (mia madre).
Per chi manca da un bel po’ di tempo deve sapere che oggi Disneyland ospita due parchi: il parco a tema classico e gli Studios.
Per il resto, è tutto magicamente uguale: le canzoni dei cartoni animati più famosi in sottofondo, i colori pastello, le linee tonde da cartoon. Tutto diventa un film d’animazione. A cominciare dalle biglietterie tutte rosa, il castello della della Bella Addormentata ( a mia madre piaceva moolto) che introduce al mondo Fantasy del parco, quello per i più piccoli. Il più emozionante per me. Lì torni davvero bambina, con la zucca di Cenerentola formato reale e la casetta di Alice (a me piaceva mooltooooo)
Ma, vinte dalla curiosità, ci siamo dirette subito negli Studios.
E lì, Alice e Bella hanno dovuto affrontare il primo mostro: la marea di gente che per poco non ci inghiottisce. Mia madre li ha chiamati “L’esercito delle cavallette”.
Migliaia di persone, file assurde ai giochi. E la magia è svanita, l’entusiasmo se n’è andato. A me è montato un nervoso che non potete capire, ma in fondo ce lo eravamo meritate. Bisogna essere imbecilli per andare a Eurodisney in una domenica di giugno.
Bella si è intestardita. Ha visto Alice triste e non gliel’ha fatta.
Mi ha preso per il braccio e mi ha detto: “Adesso noi facciamo i giochi nuovi, capito? Non mi interessa se c’è coda, ora siamo qui. Basta con questi musi!”.
E ci siamo messe in fila per il gioco, avrò scoperto più tardi, più bello del parco.
La torre dell’Orrore.
Una figata pazzesca. Un’ora di coda, ma ragazzi ne è valsa la pena!
Si rivivono le pene provate da cinque persone, tra cui una ragazzina, che nell’ottobre del 1939 sono stati risucchiati nella quinta dimensione mentre si trovavano all’interno di uno degli ascensori dell’hotel: l’ascensore è stato colpito da un fulmine e ha cominciato a precipitare nel vuoto…
Ecco, chi sale sopra questa giostra rivive l’incubo di precipitare a una velocità assurda…solo che poi, grazie a Dio e a Disney, l’ascensore si ferma e tutti escono sani e salvi dall’hotel terrificante…
Dopo questa giostra Alice e Bella erano di nuovo cariche, pronte a sfidare l’impossbile: salire sul Crush’s Coaster.
Non fatevi ingannare dall’immagine della simpatica tartaruga. Non è una giostra per famiglie, molti bambini sono usciti in lacrime. Ma è una figata pazzesca. Qui c’è una riproduzione molto carina della giostra..
In pratica l’attrazione simula, per chi avesse visto “Alla ricerca di Nemo”, il viaggio superveloce che il simpatico pesciolino compie sulle spalle della tartaruga Crush, infilandosi in una delle tante correnti oceaniche.
Era l’attrazione più gettonata di tutto il parco. Due ore di coda, minimo. Sotto il sole cocente, tra centinaia di persone.
Ma io, dentro di me, sentivo che ne valeva la pena.
Io e mia madre abbiamo controllato più volte, siamo andati nel parco classico, abbiamo fatto qualche giostra, ma poi tornavamo sempre negli Studios a controllare che l’attesa per il viaggio sulla tartaruga fosse diminuita.
Ma manco se gli sparavi quelli si scollavano.
E io non mi arrendevo. Alle 18,40, venti minuti prima della chiusura degli Studios, Alice e Bella hanno fatto un ultimo tentativo: dopo aver corso attraverso il parco classico, sfiorando famiglie, bambini, anziani e pure topolino versione gigante, siamo arrivate con la lingua e i polmoni in gola di fronte l’entrata dell’attrazione: un omino giovane e stava chiudendo le porte ma noi, come agili gazzelle, ci siamo infilate incuranti del suo sguardo incazzato.
Rispetto al pomeriggio, la fila a quell’ora era molto diminuita. Ci sentivamo delle vincitrici di quella stupida battaglia, senza sapere che la sconfitta sarebbe arrivata, cocente, poco dopo.
La fila si muoveva velocemente. Ma a circa venti metri dai carrelli, l’avanzata si è fermata.
Un uomo ha iniziato a urlare in francese contro i tecnici: “Mio figlio ha visto la morte in faccia, vergognatevi, questa giostra è pericolosa!”.
E si è fermato tutto.
Io volevo piangere. Come i bambini, proprio così. Volevo strattonare mamma, battere i piedi, piangere e urlare che non era giusto!! Ma i miei 29 anni e il minimo di coscienza che mi è rimasta lo hanno impedito….
L’omino di prima ha cominciato ad aggirarsi tra gli sfigati rimasti col cerino in mano e a chiedere se, eventualmente, avessero voluto tornare il giorno dopo: l’entrata sarebbe stata gratuita, ovviamente. Qualcuno ha alzato timidiamente la mano e la fila si è sfoltita. Ma i reduci, Alice e Bella comprese, non si stanavano.
Tutti pensavano la stesssa cosa, e sono sicura che pensavano con l’accento romano, che fa tanto scazzato: “No, mmo me fai giocà, è tutto il giorno che aspeto, mò me fai salì sula tartaruga..li mortacci!..”.
Tutti guardavano in cagnesco i tecnici.
Dopo venti minuti, le tartarughe hanno ripreso a muovesi. La folla, dapprima inferocita, si è sciolta in uno scrosciante applauso dal sapore di vittoria.
Come no…
Mia madre era non poco preoccupata: “Dai, lasciamo stare, se si sono fermati vuol dire che c’era qualche problema. Ho un brutto presentimento, andiamocene”. Ma la figlia, io, non ne voleva sapere. “No mamma restiamo, ormai è una questione di orgoglio”.
Decidiamo di vedere le facce di chi va per primo. Se ne escono tutti sorridenti. Comincio ad assaporare di nuovo la vittoria. Mi sento già Nemo….
E arriva il nostro turno!
Saliamo insieme ad un altro signore. Si parte!
La giostra è una figata: una montagna russa vera e propria, ma quel papà aveva ragione, non è di certo per bambini.
E la cosa più bella e terrificanete è che è al buio. Completamente al buio.
Ti giri in tutti i sensi mentre corri giù e sù per i binari, sei come in un frullatore.
Io ero contenta come una pasqua, ridevo, urlavo, come al solito.
E poi, l’incubo si è materializzato. Una delle paure più tremende di chiunque sia salito su una montagna russa, è diventata realtà.
Mentre giravamo come trottole, la giostra, quasi alla fine della sua corsa, si è fermata. La tartaruga, per la forza di inerzia, ha continuato a girare. Subito abbiamo pensato a un momento di suspence voluto, prima della discesa finale.
Ma la tartaruga continuava a girare, sempre più lentamente e non si muoveva di un centimetro.
Il nostro Crush si era bloccato. Eravamo bloccati, su una montagna russa, al buio!!!
Io ho iniziato a urlare e ad agitare le braccia. Mia madre era silenziosa invece. si stata preparando per il commento della mamma: “TE L’AVEVO DETTO!!!!”
Poi ha sbottato: “Ma che ti agiti? Lo vedi che siamo al buio? Chi pensi ti possa vedere?”. L’uomo che era con noi era tranquillo, ha fatto solo spallucce.
Mia madre, po,i ha preso la sua decisione: “Vabbè, sai che c’è? Io me ne vado, ora m alzo e me ne vado!”.
Come no. Nel mezzo della giostra, al buio e con il blocco del sedile ben inserito. A maaaaaaaaaa!
E mentre io urlavo, mia madre cercava inutilmente di sbloccare il sedile e l’uomo oscuro seduto dietro di noi continuava a ignorare quella tragedia, qualcuno ha acceso la luce. C’eravamo solo noi in quel groviglio di binari. Più giù, verso l’uscita, c’era un’altra tartaruga che ospitava una famigliola composta da papà e tre bambine. Terrorizzate.
Il solito omino (ho avuto il sospetto che ci lavorasse solo lui in questa attrazione) è venuto verso di noi con tanto di super pinza, ci ha sbloccato i sedili e ci ha tratto in salvo.
Gli ho chiesto: “Ma che è successo porza zozza?” Porca zozza l’ho detto in italiano, ma penso abbia intuito il nervosismo.
Lui se ne esce serafico: “Niente di grave, solo un petit problème technique. Per ogni anomalia, anche se piccola, la giostra, per sicurezza, si ferma”.
E ho capito, porca miseria, ma a me per poco non viene un infarto! Io già mi vedevo un’altra tartaruga che mi si schiantava addosso. Altro che piccolo problema!
E dopo questa bella panciata di mer…ehm di paura, Alice e Bella hanno deciso che per quel giorno, poteva bastare.
Si sono dirette in una gelateria, ricompensandosi con una bella gauffre al gelato al cioccolato. Far capire al barista quello che volevamo è stata un’impresa, un totale imbecille. Ma va bene così.
Dopo, ce ne siamo tornate nel nostro piccolo, sicuro e confortevole hotel parigino.
Che paura. Che emozione.
Ma, credetemi, nonostante il quasi infarto, ne è valsa la pena. In un modo o nell’altro, quella tartaruga rimarrà nel mio cuore.
E poi Nemo e Crush vivono nella barriera corallina australiana. In un certo qual modo, mi sono sentita a casa.
COMMENTI (2)
Inviato il 17 novembre a 01:29
Ciao, anche io mi sono spaventata quando una volta si è fermata la giostra sullo space mountain, ma la mia amica che era presente e che lavora a Disney mi ha spiegato che le giostre sono tutte programmate a fermarsi in punti completamente sicuri, e ogni navetta in un punto diverso della giostra, dove ci sia qualcosa da vedere. E comunque il tizio ch eh adetto che suo figlio aveva visto la morte in faccia...forse forse aveva un pò esagerato..
Inviato il 13 agosto a 14:28
Ottimo articoloo ! Mi sembrava di essere lì! :D