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Chi lo avrebbe detto: che sarebbe stata la paura a riaccendere il nostro amore consumato dagli anni. Spento, mai. Assestato, ecco. Quella paura che mi sta addosso come una pelle, e che mi verrebbe pure da ridere, parlando di pelle, visto che la mia di anni ne ha conosciuti e questa, nuova invece, è tesa e lucente come fosse appena cresciuta. Nuova davvero. Nuova da farmi scattare, mentre mi guardo alle spalle, sorpresa dalla tosse secca e cattiva degli spari, che se proprio lo devo dire schifo mi fanno, mio caro. E la mano, ora non più rinsecchita, la mia mano si avvicina a te, come allora, e ti tocca la schiena, chiedendoti aiuto. Aiutami a cadere, senza fondo, nel fondo del fondo, ti ricordi, mi piaceva dirtelo, con le mie parole inventate che mi uscivano fuori di senno, perché un po' lo ero. Oggi ti chiedo di tenermi in piedi, di darmi la forza di andare avanti quei quattro passi ancora che ci porteranno, forse, fuori tiro. Fuggono anche le due cagne, vedi, le randagie che ci stavano dietro per un pezzo di pane senza sapore che ancora stringo nella destra, dentro la plastica che potrebbe presto avvolgere anche noi. Io, morta di paura, so che senza di te non ce la farei. Ti sono sempre più vicina. Da te mi attendo la parola che produca il nostro uscirne vivi.Magazine Società
Dispaccio numero 10 e (per ora) ultimo: sempre più vicina.
Creato il 29 maggio 2014 da Gianlucaweast @gianlucaweastPotrebbero interessarti anche :