Anche il mago Gandalf, nonostante i suoi poteri e la sua provata rettitudine, deve lottare con se stesso per non cedere alla medesima tentazione di cui è preda Galadriel. Come Merlino, egli è spesso sopraffatto da timori e preoccupazioni, si spazientisce con chi ne sa meno di lui e ha un affetto particolare, dolce e paterno, per i piccoli hobbits indifesi.
Vladimir Propp sostiene che nella fiaba popolare contano più “le funzioni” che non gli “attori” che le compiono, cioè il nucleo di tutta la narrazione fiabesca risiede nella trama.
In polemica con Propp, Claude Levi-Strauss, in un intervento inserito nell’edizione italiana di Morfologia della fiaba (Propp), ritiene invece che i personaggi delle fiabe non siano arbitrari bensì fondamentali nella loro unicità.
Tolkien si avvicina più a Levi-Strauss che non a Propp, poiché dà una fondamentale importanza all’oggetto specifico, all’attore più che alla funzione. Possiamo riassumere l’operazione tolkiniana in una formula: tipicità più unicità. I personaggi archetipici della fiaba popolare e della mitologia, vengono rielaborati in modo da farne delle figure uniche per aspetto fisico e psicologia, senza per questo snaturarne le caratteristiche fiabesche tradizionali.
Come dice Ruth Noel
“Tolkien conosceva bene le potenzialità delle creature da lui descritte, e ha loro restituito parte della maestà che avevano prima che decadessero a babau e folletti delle favole. Ha altresì dato loro motivazioni che possono venir comprese dagli umani.”
Tolkien stesso conferma che
“the actors are individuals. They each, of course, contain universals, or they would not live at all, but they never represent them as such.”
Come abbiamo visto, Tolkien, tramite il processo subcreativo, inserisce i personaggi della fiaba popolare in modo coerente nel suo mondo immaginario. I suoi elfi e i suoi nani acquistano consistenza, ne vengono chiarite le origini e la diffusione sulla terra, la statura media e la corporatura, le casate dinastiche, la storia, le tradizioni.
Tolkien compie quell’operazione che Northrop Freye, nel suo studio sul romance, definisce “displacement”, cioè traslazione, spiegazione di eventi soprannaturali, loro inserimento nel quotidiano.Il risultato è un’impressione di familiarità e stranezza insieme, che è una delle maggiori fonti di diletto che il libro procura.
In the Lord of the Rings compaiono molti oggetti di natura magica comuni alla fiaba popolare: l’anello, i palantiri, il bastone di Gandalf, la fiala di Galaldriel, la spada “Sting”, la corda elfica, la porta di Moria, lo specchio di Galadriel, etc. Tutti questi oggetti però subiscono, come i personaggi, un’operazione di “displacement”. Di ognuno di essi viene spiegata l’origine in modo da inserirlo in maniera “naturale” all’interno del mondo della Terra di Mezzo.
continua…