22 SETTEMBRE – Nell’Estremo Oriente al largo dell’isola di Taiwan, dalle acque del Mar della Cina Orientale emergono le cinque isole e i tre scogli che compongono quelle che i giapponesi chiamano Senkaku Shotō: le Isole Senkaku. Questo gruppo di isolotti nel bel mezzo del nulla, abitati esclusivamente da albatros, talpe e capre, è salito agli onori della cronaca negli ultimi mesi a causa delle tensioni fra Giappone e Cina, scaturite dal contenzioso su chi spetti la sovranità delle Senkaku, Diaoyu in cinese.
Le schermaglie fra i due Paesi per il possesso delle isole si sono acuite in quest’ultima settimana a seguito della nazionalizzazione, l’11 settembre scorso, di tre isole da parte del Giappone comprandole dalla famiglia Kurihara che ne era proprietaria. A seguito di quello che la Cina ha definito un “atto illegale”, talune manifestazioni si sono susseguite in cento città cinesi secondo l’agenzia Kyodo. Le proteste hanno preso una piega assai più violenta martedì scorso, 18 settembre. Nel giorno dell’81esimo anniversario dell’incidente di Mukden, quando nel 1831 una bomba distrusse la ferrovia nipponica e fornì al Giappone il pretesto per invadere la Manciuria, a Pechino l’auto dell’ambasciatore Usa, Gary Locke, è stata attaccata all’esterno dell’edificio della rappresentanza americana, che si trova proprio vicino all’ambasciata giapponese. Fortunatamente in questi scontri nessuno è rimasto ferito. Tuttavia, nello stesso giorno cinque cittadini giapponesi sono stati aggrediti da un uomo a Hong Kong, riportando lesioni a testa e gambe. Queste proteste anti-nipponiche in ogni parte della Cina hanno portato nei giorni scorsi diverse aziende giapponesi, tra cui Toyota, Nissan, Panasonic, Canon e Honda a sospendere, parzialmente o completamente per alcuni giorni, le attività nei loro stabilimenti in Cina, in quanto la sicurezza del personale giapponese non poteva essere garantita.
La disputa per isole Senkaku risale ad oltre un secolo fa ed è legata a doppio filo ai rapporti tradizionalmente tesi fra Cina e Giappone. La storia di queste isole è costellata da guerre, annessioni e passaggi di proprietà. Nonostante ora le Senkaku siano parte della prefettura di Okinawa e siano amministrate dalla città di Ishigaki, la sovranità su di esse è contesa non da due, bensì da tre stati: Giappone, Repubblica Popolare Cinese e Repubblica di Cina (Taiwan). Già sulla scoperta ed esplorazione delle isole, le versioni proposte dai tre Paesi divergono completamente. Secondo fonti cinesi, le isole sarebbero state scoperte e misurate nel 1403 dai Cinesi e considerate parte dell’odierna Taiwan, che nel 1683 venne annessa dalla Cina stessa. Tuttavia, Taiwan, per la quale il nome delle Senkaku è Tiaoyutai, sostiene che quest’ultime erano già sotto la sua sovranità, quando l’isola non faceva parte né del Giappone né della Cina. Un fatto certo è che dopo la sconfitta cinese nel 1895 nella prima guerra sino-giapponese, Taiwan e le isole vicine passarono sotto il controllo del Giappone. Nonostante ciò, il paese del Sol Levante afferma che al momento dell’annessione di Taiwan le isole Senkaku non appartenevano a nessuno e vennero esplorate e inglobate nello stato giapponese durante quello stesso anno, indipendentemente da Taiwan. Nel 1945 a seguito della sconfitta giapponese nel secondo conflitto mondiale, Taiwan e le isole Senkaku vennero occupate dagli americani e amministrate da quest’ultimi, rimanendo comunque sotto sovranità nipponica. Nel 1951 con il Trattato di San Francisco – peraltro mai riconosciuto da Cina e Taiwan - il Giappone rinunciò alla sovranità su Taiwan, che nel frattempo era diventata la Repubblica di Cina, mentre le isole Senkaku rimasero sotto controllo statunitense fino al 1972, quando vennero restituite definitivamente al Giappone.
L’interesse per le isole Senkaku non è mosso da un velleitario sentimento romantico o patriottico che ha come obbiettivo il ricongiungimento della madrepatria con un suo antico territorio. Il vero motivo che sta alla base di questa lotta fra potenze è da ricercarsi nei mari delle isole Senkaku, che, oltre ad una grande quantità di pesce, offrono ricchi giacimenti di petrolio e gas. Quindi è chiaro come l’eventuale sovranità su un territorio ricco di risorse sia un’occasione che Giappone e Cina, le prime economie al mondo, non si lasceranno certamente sfuggire.
Un’altra caratteristica che rende le Senkaku così allettanti agli occhi dei Paesi asiatici coinvolti nella disputa è la loro posizione geografica. Infatti, questo piccolo arcipelago si trova al centro delle rotte commerciali nel Mar Cinese Meridionale e Orientale, nonché in una posizione strategica per le basi militari e per l’approvvigionamento da sud del Giappone.
Le Senkaku/Diaoyu non sono le uniche isole nei mari d’Oriente ad essere oggetto dicontesa, a causa della loro ricchezza di materie prime e di giacimenti. Le isole Spratly, un arcipelago formato da piccoli isolotti e atolli sparsi su 425mila chilometri quadrati di oceano, sono ricchissime di risorse energetiche, in particolare di giacimenti petroliferi, e, proprio per questo motivo, sono contese da Vietnam, Filippine, Cina, Malaysia, Taiwan e Brunei. Il mare delle isole Parcel, oltre ad essere molto pescoso, è anch’esso ricco di giacimenti di petrolio e di gas naturale, attirando le mire di Cina, Vietnam e Taiwan. Giappone e Russia, invece, si contendono le quattro isole meridionali delle Curili, Chishima rettō “l’arcipelago delle mille isole” in giapponese, un gruppo di sessanta isole restituite all’URSS dopo la seconda guerra mondiale ma rivendicate dal Paese del Sol Levante. Infine, Tokyo e Seul si litigano la sovranità sulle isole Takeshima (Dokdo in coreano) nel Mar del Giappone. Risulta chiaro quindi, da tutte queste dispute geopolitiche, come i paesi dell’Estremo Oriente stiano iniziando a muovere le loro pedine per prepararsi a future battaglie navali che avranno come posta in gioco l’accaparramento di materie prime e di risorse energetiche, nonché l’egemonia sui mari e sulle rotte commerciali.
Laura Fontana