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Disraeli Gears & Safe as Milk (recensioni doppie)
Creato il 03 settembre 2015 da 79deadman @79deadmanCream - Disraeli Gears
Captain Beefheart & His Magic Band - Safe as MilkAppena otto settimane separano la pubblicazione di questi due album, da settembre a novembre 1967. Entrambi furono registrati pochi mesi prima in America (a New York Disraeli Gears, a Los Angeles Safe as Milk).Sono album divergenti, che si incrociano lungo la strada e poi continuano il loro viaggio in direzioni opposte, senza guardarsi indietro.Entrambi sono di dichiarata ed esplicita matrice blues. Blues bianco, suonato da giovanotti borghesi, benestanti e mediamente istruiti, cresciuti sui dischi della Chess, di Otis Rush, di Howlin' Wolf, Albert King, Muddy Waters e Little Walter.Un approccio al blues di “seconda generazione” mediato dal revival di metà anni '60 e appunto dai 33 giri dei grandi maestri, piuttosto che dal contatto diretto.Da una parte, i Cream sullo scheletro blues si fanno costruttivi, variopinti, risentono del polline della stagione dei fiori (a partire dalla copertina fino allo psycho rock di SWLABR) costruiscono abbellimenti sovraincisi e ricami d'oriente (Dance the Night Away); si dimostrano il primo vero supergruppo; di virtuosi più che di autori. Dall'altra parte, la Magic Band scava ulteriormente quello scheletro, lo lascia sbiancare al sole, ne fa macerie e fossili, cerca di riallacciare il filo non tanto con il “revival”, ma direttamente con la sorgente della musica del Delta (Plastic Factory in tutto il suo primitivismo), un'involuzione che guarda almeno 30 anni indietro (tale Son House, non so se avete presente). Sure 'Nuff 'n Yes I Do, e tutto ciò che segue, è del resto un blues del deserto, laddove quella dei Cream è musica urbana, uscita dai club di una “Swinging London” che stava dettando la moda. Safe As Milk, volutamente, non segue per nulla la moda e nulla ha a che spartire con la stagione dei fiori e dei loro figli. Lo spettacolo dei Cream è pirotecnico, tutto proteso a liberarsi nell'assolo spaziale, morbido e modulato dagli effetti; sono giocolieri di scale e ritmi supersonici, virtuosi avvenenti, con capelli lunghi, caffettani retrò, camice preraffaellite.La Magic Band a confronto è piuttosto una galleria di curiose bizzarre bestie licantrope, pur in giacca e capello curato, deformate dalla laringe horror di Beefheart e dalla furia animalesca del gruppo che si sublimano nella temibile tirata per slide di Electricity. Questo è il blues dell' hobo errante che mendica un whisky e nulla ha da dimostrare, l'altro è quello raffinato degli allievi di Mayall che usano una strabiliante perizia strumentale per divagare un po' paternalisticamente grazie alle possibilità di improvvisazione offerte dalle 12 battute. Van Vliet è fuori dal tempo, suonablues per un'esigenza spirituale, artistica e forse biografica; i Cream, e Clapton per il resto della carriera, sono certo “in time” e utilizzanoil blues come veicolo mondano per la propria maestria. Il che non significa che lo suonino peggio né che la loro musica sia svalutata (vedi Outside Woman blues...); però è così, mettiamoci l'animo in pace. Ecco che il riff memorabile di Sunshine of Your Lovemarchia di diritto le classifiche di quell'annata magica, mentre quello altrettanto memorabile di Drop Out Boogieecheggia oggi come un protopunk d'antologia, senza nessuna eco commerciale. Eppure riemergerà più volte in anni recentissimi, anzi sta riemergendo ancora adesso; chiedere ai Black Keys se abbiano mai ascoltato quest' album.A dimostrazione di quanto la musica blues sia sfuggente ed elastica, di quante soluzioni offra e di quante suggestioni si nutra.All'epoca i Cream divennero superstar proprio grazie a Sunshine, mentre Van Vliet faticava a trovare contratti e litigava continuamente con i discografici. Disraeli Gears fu in top 5 tanto in USA che in Inghilterra; Safe As Milk non entrò nemmeno in classifica.Oggi chi si sognerebbe di fare una cover di Tales of Brave Ulysses piuttosto che di Zig Zag Wanderer?Per una volta, vince la sincerità.
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