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Distopia: Quattro recensioni

Creato il 05 aprile 2013 da Girasonia76

Distopia: Quattro recensioni

Dopo un'assenza più o meno lunga (dipende dai punti di vista) ritorno con un bel bagaglio di libri letti che corrispondono a una pesante valigia di libri da recensire. La pila non finisce mai, i numeri superano sempre il massimo che mi vorrei imporre e non so come fare. I libri si fanno leggere più velocemente di quanto si facciano recensire. Mi battono sempre. Ecco perché questo ritorno vedrà un accorpamento delle recensioni: sia per smaltirne un po', sia perché ci sono alcuni romanzi di cui vorrei parlare in una sola volta, a causa del genere che li accomuna.  Si tratta di ben quattro romanzi che potrebbero essere etichettati tutti come distopici. O aspiranti tali. Ormai la distopia ha soppiantato il vampirismo e ogni romanzo (rigorosamente YA) tenta disperatamente di rientrare nel nuovo trend.  Protagonisti di questa recensione saranno pertanto: un primo volume di una dualogia (sperando che nel frattempo l'autrice non abbia deciso di allungare il numero dei sequel), The Selection dell'americana Keira Cass; Hybrid, primo volume di una trilogia della sino-americana Kat Zhang; il secondo volume di una trilogia, Memoria - Multiversum, dell'italiano Leonardo Patrignani; e infine il quarto e ultimo volume della quadrilogia The Giver Quartet, Il figlio, dell'americana Lois Lowry.
Sono ben lontani i tempi in cui ci si limitava al volume unico, a quel raro esemplare autoconclusivo che oggi non sembra essere in linea col contenitore ya. Ricapitolando: quattro saghe, di cui tre in corso e una conclusa. Tre americani e un italiano, anche se a onor del vero devo dire che la saga di Patrignani non rientra a pieno titolo nella distopia, in quanto non è iniziata come tale, ma incrocia a un certo punto il genere narrativo e chissà che non diventi tale con l'ultimo volume.
La struttura delle recensioni sarà per questa volta diversa: non troverete né la trama né i dettagli del libro per non appesantire troppo il post. Appena riprenderò le recensioni singole torneranno tutti gli elementi che le hanno contraddistinte finora. 
The selection  di Kiera Cass Distopia: Quattro recensioni Partiamo dal romanzo più deludente dei quattro: The Selection. Le premesse per la delusione c'erano tutte, devo ammetterlo, eppure mi sono voluta comunque dedicare ad esso, perché ogni tanto devo soddisfare il mio fabbisogno di letture trash. Il romanzo è inconsistente: ambientazione, personaggi e situazioni descritte non hanno efficacia, non hanno forza. Manca di quel realismo che serve ai distopici per presentare una società agghiacciante ma concreta. Uno dei problemi principali di questa società descritta risiede essenzialmente nelle idee poco chiare dell'autrice. Probabilmente non aveva ben chiaro come questa dovesse essere strutturata, perciò si è limitata a inserire una serie di caste numerate, una coppia di regnanti apparentemente tranquilli e affidabili, un principe in cerca della sua principessa. La divisione tra caste non viene spiegata né motivata: si va dalla prima alla sesta, dove la prima vive in ricchezza e la sesta ai margini della società. Da ognuna di queste caste verranno scelte delle ragazze per partecipare alla selezione: una sorta di reality show il cui premio finale è il matrimonio col principe. Le ragazze verranno pertanto portate a corte, sottoposte a trattamenti estetici, verranno vestite e curate da cameriere personali e avranno l'obbligo di trascorrere il tempo chiacchierando col principe o con le altre concorrenti. Sarà poi il principe a scegliere la sua compagna ideale.
Questa la trama.
Una storia che lascia basiti per la sua inconsistenza.
La divisione in caste, (distretti, unità o comunità) sembra ormai un must della distopia. Prendiamo una società, dividiamola in settori e creiamo possibilità di attrito tra questi. Che poi l'autrice non si perda in - utilissime - chiacchiere per spiegarci cause ed evoluzioni di queste caste ci fa solo pensare che non sia altro che una sorta di cliché introdotto senza alcuno scopo.
Prendiamo poi delle ragazze, ovviamente adolescenti, e buttiamole nelle grinfie di un reality show. Il premio è la corona, è la possibilità di essere le future regnanti: non ne va della vita o della morte come in Hunger Games, ma cavolo, ci si aspetterebbe delle ragazzine agguerrite pronte a tirare fuori gli artigli e i loro assi nella manica. Ci si aspetterebbe meschinità, atteggiamenti subdoli e voltafaccia. Niente di più lontano: non c'è invidia né cattiveria. E' tutto un fair play. E' tutto un appiattimento della storia.
Aggiungiamo allora il triangolo, immancabile anche nei distopici, e nell'eventualità che questo non bastasse a calamitare l'attenzione, inseriamo lo spauracchio di una guerra-ribellione che non fa paura a nessuno, visto che è inspiegata. Otteniamo un volume che non è né carne né pesce, che si conclude a metà, come se l'autrice avesse scritto tutta la storia e poi avesse deciso di tagliarla in due. Il risultato è un romanzo senza senso. Ci possiamo solo augurare che acquisti maggior valore con la lettura del seguito. Ma viste le premesse, non ci contiamo troppo.
1 stellina
Memoria - Multiversum di Leonardo Patrignani
Distopia: Quattro recensioni Passiamo a un altro romanzo che mi ha lasciata alquanto perplessa, e un po' anche dispiaciuta. Parlo di Memoria, il secondo capitolo della trilogia Multiversum che tanto mi aveva affascinata al suo esordio. Il primo volume mi aveva incantata per il tema, per l'avventura, per il viaggio nel tempo e negli universi. Mi aveva trasportata in altri mondi e altri tempi facendomi vivere un'esperienza che non era solo di carta e inchiostro ma di fantasia e voli mentali. In Memoria l'incanto è svanito, non c'è stato alcun volo. La lettura mi ha tenuta ancorata a terra, senza farmi mai venir voglia di decollare e sognare.
Un inizio - che purtroppo ho trovato noioso (mi sa che questa recensione sarà condita da tanti purtroppo, perché ancora non riesco ad accettare che non mi sia piaciuto quanto speravo) - che riprende lì dove si concludeva Multiversum. Jenny, Alex e Marco sono intrappolati in Memoria, cercano risposte e magari una via d'uscita da quella situazione fin troppo statica. Un girare e rigirare attorno alle stesse domande che si protrae fin troppo a lungo, tanto da farmi pensare: se non cambia qualcosa, mollo la lettura qui. Ma fortunatamente, anche se comunque in ritardo rispetto ai miei desideri, qualcosa cambia. Anzi, tutto cambia: c'è un vero e proprio stravolgimento della storia. Dimenticate i multiversi e i viaggi nel tempo: qui si è alle prese con qualcosa di ben diverso. Una realtà futura, una dimensione - parallela o meno - che non ha più i connotati della società da cui Alex e Jenny provengono ma presenta i tratti tipici di una società distopica.
Da qui comincia allora il lungo viaggio di Jenny alla ricerca di Alex (non vi racconterò alcun dettaglio) e il ritrovamento del vecchio amico Marco.
Cosa mi ha fatto storcere il naso:
- innanzitutto i personaggi. Li ho sentiti assenti. Vuoti. Piatti. Alex e Jenny mi risultano personaggi fittizi, senza profondità. Non apprezzando loro, ho trovato difficile apprezzare la narrazione costruita intorno a loro. E il Marco che mi era apparso così simpatico e intraprendente in Multiversum, qui non mi ha per niente colpita. Anzi. Anche il suo personaggio mi è sembrata una forzatura.
So di andare contro tutti i lettori della trilogia, che si sperticano in lodi e complimenti soprattutto rivolti a questo personaggio, ma sottolineo che si tratta della mia esperienza con la storia e delle mie sensazioni al riguardo. Nessuna analisi obiettiva: solo considerazioni soggettive. Ogni mio legame o coinvolgimento coi personaggi è svanito nel nulla.
- la svolta che ha preso la storia. Sia perché mi suonava di già letta, solo poche settimane prima, in un altro distopico (Across the universe di Beth Revis) sia perché non mi aspettavo che la storia prendesse questa piega così di moda ora. Insomma, mi è sembrato un cambiamento di rotta non necessario.
- alcune frasi che io definisco buffone: "dimmi qualcosa che non so" o " - Stai firmando la tua condanna a morte, vecchio. - No, ho appena firmato la tua - ". Quando ho letto queste due frasi mi sono fatta una mezzora di risate. Mi son suonate così presuntuose e ridicole che leggerle ha fatto perdere dignità alla scena in cui sono state inserite.
Ecco fatto. Dove Multiversum mi aveva fatto volare, Memoria mi ha fatto precipitare. Uno è il sogno, l'altro è l'incubo. La mia esperienza di lettrice non è stata completamente negativa, perché obiettivamente riesco a riconoscere la grande fantasia di Patrignani, la sua capacità di creare nuovi mondi e una storia intricata ma logica, la sua infinita voglia di raccontare, ma stavolta mi ritrovo a non essere la sua lettrice ideale. Eppure l'anno scorso mi ero ritenuta tale. Riuscirà il terzo volume a farmi riappacificare con Alex, Jenny e la loro avventura? Voglio avere fiducia che accadrà.
2 stelline
Hybrid di Kat Zhang Distopia: Quattro recensioni E' il momento di Hybrid, romanzo d'esordio di una giovane autrice sino-americana.
Protagoniste della storia sono Eva e Addie, due anime che vivono nello stesso corpo. Ok, facciamo un passo indietro. Il romanzo è ambientato in un'America  - distopica, ma anche in questo caso il termine distopia non mi sembra propriamente calzante - in cui gli uomini nascono con due anime che convivono nello stesso corpo fino all'abbandono dell'infanzia. A quel punto solo un'anima prende il sopravvento e l'altra è destinata a scomparire. Ci sono però degli individui che riescono a conservare anche nell'età adulta l'altra anima: sono definiti Ibridi e dichiarati illegali dalla società. Se scoperti, vengono rinchiusi e privati tramite intervento della seconda anima. Eva e Addie hanno cercato di nascondere la loro essenza al resto del mondo, a partire dalla famiglia, ma l'incontro con altri ibridi le porterà a svelarsi e a subire le conseguenze della loro scelta.
Hybrid sembra godere dell'unanimità del consenso tra i lettori cui è destinato. La mancanza di recensioni negative mi ha un po' inquietata: quando un romanzo ottiene solo voti positivi non mi convince. (Ma conto sul fatto che probabilmente avrebbe ottenuto recensioni negative da chi si è astenuto direttamente dal leggerlo.) La mia valutazione al riguardo non raggiunge la soddisfazione piena. Una via di mezzo, uno di quei romanzi che non mi hanno esaltata ma neanche infastidita. Uno di quei romanzi che però non saranno mai memorabili e non lasceranno il segno. Apprezzo la fantasia dell'autrice di aver creato una società dominata da un certo tipo di persone diverse da ogni precedente. Apprezzo il fatto che finalmente il contenitore Y della Giunti si sia dedicato nuovamente a qualcosa di più consistente e profondo dei soliti fantasy tutti uguali su cui ormai stava puntando. Apprezzo infine l'assenza della centralità di temi come innamoramento e amore. La storia di per sé è anche abbastanza interessante, la voce narrante è originale nel suo porsi a volte alla prima persona singolare (quando parla a nome di Eva) a volte alla prima plurale (quando parla a nome di entrambe le anime), lo svolgimento cattura per il suo ritmo veloce e incalzante - soprattutto nella seconda parte.
Resta solo un unico enorme dubbio: che senso ha creare una società in cui le persone hanno due anime?
Solitamente i distopici nascondono una riflessione reale e matura sulla società contemporanea. Dov'è la riflessione in Hybrid? A che servono le due anime? La necessità della loro sopravvivenza ha un senso? E' una critica, un attacco, una pugnalata a uno stato di fatto che necessita un cambiamento?
Avrei capito se le due anime si presentassero con caratteristiche, principi e ideali opposti, se avessero rappresentato due aspetti imprescindibili della natura umana. Ma non è così, anzi. Sembrano interscambiabili, quindi inutili. Hybrid pertanto si presenta come un romanzo da cui ci si aspetta di ricavare un insegnamento, magari una riflessione sulla società contemporanea o una morale ma non accade nulla di tutto ciò. Il primo volume è pura fantasia fine a se stessa.
Non pensiamo che la lettura debba avere necessariamente un intento didascalico, anzi, ma questo sembra proprio un caso in cui il romanzo si pone al pubblico come tale per poi rivelarsi un inganno.
2,5 stelline
Il figlio di Lois Lowry Distopia: Quattro recensioni Concludo questo lungo post con il capitolo ultimo della saga The Giver Quartet della grande Lois Lowry. Dei quattro volumi presentati qui, Il figlio è l'unico che si è meritato il mio pieno apprezzamento non solo come romanzo a sé ma anche per essere stato la degna conclusione di una quadrilogia che ho amato in ogni suo capitolo. Sarei tentata perciò di trasformare questo tentativo di recensione in una sviolinata all'autrice, una donna che ha scelto nel lontano 1993 di far riflettere i suoi lettori facendosi aiutare dalla creazione di una società distopica, quando questa parola suonava ancora strana e sconosciuta e gli Hunger Games non erano ancora nei pensieri della Collins. La Lowry ha scritto una serie di romanzi che all'epoca non venivano definiti neanche ya ma semplicemente per ragazzi, romanzi che avevano lo scopo di intrattenere ma al contempo di insegnare. Storie che contenevano valori e principi e contribuivano alla formazione della persona.
Questi della Lowry hanno poi scatenato svariate reazioni: alcune positive, o forse positivissime, portando all'inserimento dei volumi nei programmi scolastici; altre negative, che hanno causato addirittura il bando dalla scuola. Insomma si tratta di romanzi che non finiranno nel dimenticatoio, storie e personaggi destinati a diventare letteratura.
Il figlio sembra andare a raccogliere le tessere del puzzle che l'autrice ha sparso qui e là - facendoci credere di averle perse o dimenticate - inserendole al posto giusto al momento giusto, dando vita a un quadro di una straordinarietà unica. In questo ultimo volume ripercorriamo i capitoli precedenti utilizzando nuovi punti di vista. Se in The giver avevamo camminato accanto a Jonas, scoprendo gli aspetti più difficili del vivere in una Comunità e con lui e grazie a lui eravamo riusciti a uscirne per andare incontro a un nuovo destino, qui ci ritroviamo immersi in quella stessa comunità nello stesso periodo, ma ci ritroviamo a guardare il mondo attraverso gli occhi di Claire. Ci concentriamo perciò sull'esperienza della ragazza, così diversa da quella di Jonas eppure così profondamente intrecciata alla sua, e scopriamo tutto quel che Jonas non ci aveva detto o mostrato. Ci affezioniamo a Gabe, un bambino che è in realtà non ha un nome ma è solo un numero, iniziamo a provare quelle emozioni vietate e quei sentimenti sconosciuti. E quando Jonas scapperà con Gabe mettendo fine al primo volume della saga, parallelamente anche la vita di Claire si trasformerà in fuga. Jonas parte per costruire una vita diversa e migliore. Claire parte perché sente che solo ritrovando il figlio perduto potrà iniziare a vivere davvero. La Lowry ci porta attraverso tre fasi della vita di Claire, tre fasi accomunate da un solo pensiero, un solo desiderio, un solo istinto: l'amore verso il figlio. Lì dove il primo volume aveva sottolineato la necessità della mancanza di sentimenti, questo concentra l'attenzione sulla loro centralità. Là dove la maternità non era un valore riconosciuto, qui diventa il motore del mondo. La salvezza.
Non voglio raccontare troppo, non vorrei raccontare nulla: questa è una saga che va assaporata lentamente, lasciando passare del tempo tra un volume e l'altro. Ogni capitolo ha bisogno di attecchire dentro di noi, di diventare un pezzo della nostra storia di lettori. Ogni volume ha bisogno di acquistare consistenza e profondità non solo durante la lettura, ma anche dopo la fine della stessa. Quando ci accosteremo al capitolo successivo, dovremo essere pronti per compiere quell'ulteriore passo. Pronti a farci regalare nuovi spunti di riflessione, nuove tematiche, nuove fasi da accettare. Fino ad arrivare alla fine, dove tutto trova compimento. E così anche noi. Siamo cresciuti, i nostri occhi si sono spalancati, abbiamo accettato a malincuore le perdite e accolto le novità. E abbiamo vissuto un'intera vita attraverso i personaggi che hanno vissuto per noi mille vite.
Un piccolo capolavoro, un piccolo miracolo. Da far leggere ai nostri figli quando cominceranno a essere ragazzi, da consigliare ai nostri insegnanti per il grande valore che possiedono, da custodire gelosamente nella nostra libreria perché merita un posto adeguato.
4 stelline




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