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“Le circostanze oggettive sono sempre neutre. È il modo in cui reagisci che le fa apparire tristi o felici.” (Paramhansa Yogananada)
L’organizzazione del nostro cervello e la struttura del nostro sistema nervoso ci spinge a definire tutto quello che proviamo in base a due tonalità affettive: buono o cattivo. Questo funzionamento ci accomuna agli organismi più semplici con cui condividiamo un approccio alle sensazioni che è basato sulla divisione in positivo o in negativo. Gli studiosi dicono che questa struttura istintiva ha lo scopo di facilitare la specie e di difenderla dai pericoli.
Secondo i neuroscenziati, l’origine dei nostri stati d’animo è dovuta al fatto che ci offre un vantaggio evolutivo. Il nostro cervello è stato programmato come quello degli animali ma, in seguito, gli uomini sono diventati più sottili e complessi. Secondo le teorie evoluzionistiche tutto quello che esiste nel fisico e nel mentale possiede una utilità finalizzata alla sopravvivenza della specie. E la questione che emerge da questi studi è quella che esistere una predominanza delle sensazioni negative perché sono molto più efficaci nella sopravvivenza della specie.
La negatività sembra avere una necessità primaria, infatti molte lingue hanno molte più espressioni dedicate alla descrizione delle sensazioni negative piuttosto che a quelle che descrivono le emozioni positive. Esprimendoci in modo più semplice, possiamo dire che il nostro cervello sembra strutturato in modo da farci percepire e individuare più velocemente i pericoli e le situazioni ostili. Sappiamo vedere meglio quello che è negativo, infatti lo vediamo molto più velocemente e abbiamo una reazione di maggiore intensità.
Sembra confermato che il cervello dei soggetti a cui vengono presentate delle situazioni emozionali e delle situazioni neutre reagiscono maggiormente nelle situazioni che hanno un valore più emozionale. Davanti a quest’ultime si producono delle reazioni più significative e sentiamo un maggiore impatto, perciò sentiamo delle emozioni e degli stati d’animo più intensi e persistenti. Noi siamo “cablati” per rispondere con maggiore attenzione, con più intensità e con un ricordo più persistente nelle situazioni che producono delle reazioni e emozioni negative?
Siamo condannati dalla macchina cerebrale a diventare dei depressi pieni di angoscia? Ma altri studiosi affermano che il cervello umano ha la capacità di analizzare meglio le informazioni positive facendolo in modo più veloce rispetto a quelle negative. E allora cosa dobbiamo credere? La verità è che le informazioni positive non sono percepite come minacciose, perciò non abbiamo bisogno di avere una vigilanza eccessiva. Per analizzarle possiamo avere più tempo, perché non siamo vincolati a produrre una reazione veloce come accade per le situazioni negative.
Le idee e le immagini positive sono più facili da memorizzare, infatti la memoria trattiene più volentieri le cose positive rispetto a quelle negative. Le emozioni ci spingono a percepire, in modo più istintivo, la paura e la tristezza. Ma i nostri stati d’animo mutevoli possono salvarci se sappiamo agire bene su di loro. Secondo alcuni studiosi, saremmo degli animali con un’istintiva attitudine a percepire meglio le cose negative, ma il mutare dei nostri stati d’animo può farci riflettere sulla vera natura delle nostre emozioni.
Gli automatismi che ci spingono a percepire maggiormente il lato negativo possono avere anche un'origine diversa. E questo si vede nel famoso “effetto Zeigarnik” in cui si vede che abbiamo una tendenza a ricordare meglio le azione che non abbiamo completato perché fummo interrotti mentre le facevamo. La psicologa sovietica Bluma Zeigarnik fece un famoso esperimento in cui chiese a un gruppo di circa 20 bambini di fare dei piccoli lavori con la pasta da modellare, con le perline e con altri tipi di materiali. Ma la studiosa fece in modo che alcuni lavori fossero completati mentre impedì che altri lavori fossero completati.
Alla fine, quando la dottoressa chiese ai bambini di ricordare quali lavori avessero svolto, potè verificare che i lavori incompiuti si ricordavano nel doppio dei casi rispetto ai lavori che erano stati finiti. L’ipotesi della Zeigarnik fu che la piccola tensione indotta dalla sensazione di avere molti lavori da svolgere non veniva sempre placata dalla realizzazione del lavoro stesso. La conclusione fu che la realizzazione del lavoro comporta un oblio cosciente e non certo inconscio, e che questo costruisce un apporto interiore positivo.
Si confermò così il detto che il ricordo dei successi avuti nel passato forma un prezioso deposito di esperienze positive che può farci comodo avere a nostra disposizione nel futuro. Se non riusciamo a completare qualcosa tendiamo a memorizzare la tensione che è legata a ciò che resta incompiuto, perché l'ansia non viene placata dal piacere del successo. Questo è il fattore che associa il ricordo all’emozione negativa e che facilita il suo riaffiorare alla coscienza. Questo meccanismo sostiene anche il rancore e il rimuginare interno che è così comune nella scontentezza.
Questo è meccanismo perverso investe, condiziona e riguarda tutta la vita moderna, perché la nostra vita è piena di molte tensioni e frustrazioni. Le persone svolgono troppe attività diverse perciò sono sottoposte a molte interruzioni e frustrazioni di cui non sono assolutamente consapevoli. L’eccessiva frammentazione delle nostre attività ci sottopone ad uno stress eccessivo, perciò tendiamo a indugiare negli stati negativi che ci fanno soffrire. E c’è anche da riflettere sul fatto che le persone sanno piangere forte quando la vita li fa soffrire, ma non sanno ridere convinti quando si sentono felici.
Siamo incapaci di vedere le occasioni di felicità che esistono nella vita. Tendiamo a vedere meglio le occasioni di infelicità e di disagio piuttosto che quelle che rendono felici. Forse dovremmo imparare a rendere grazie per la bellezza che ci circonda, e dovremmo imparare a fare ogni giorno questo semplice esercizio di felicità. Sembra che, all’origine degli stati d’animo negativi più forti e persistenti ci siano degli eventi molto stressanti. Invece, all’origine degli stati positivi c’è un benessere corporeo e delle interazioni sociali positive piuttosto che eventi positivi notevoli o memorabili.
È chiaro che poter avere eventi positivi intensi e memorabili è importante, ma i grandi avvenimenti non sono necessari per essere felici. Si è provato che, a lungo termine, è più importante avere la percezione di un insieme di benessere fisico e di benessere nel trascorrere dei momenti belli con gli altri esseri umani. E questo ci porta ancora all’atteggiamento umano che è basato sulla polarità positiva o negativa. Gli stati mentali positivi vengono associati all’avvicinamento, mentre quelli negativi vengono collegati all’evitare e al ritrarsi.
Questa è la chiave per capire la funzione che si attiva in modo preferenziale, per capire qual'è il primo riflesso che attiviamo nelle situazioni di disturbo o in quelle molto improvvise. Sappiamo che gli stati d’animo legati all’avvicinamento sono la curiosità, l’interesse, l’entusiasmo, mentre quelli associati al ritrarsi sono l’irritazione, il disprezzo e il disgusto. Se accade che le nostre reazioni vengono collegate a esperienze passate in cui l’avvicinamento ha causato gioia, piacere e buon umore avremo con maggiore facilità un approccio positivo. Se in passato abbiamo avuto dei fallimenti e delle frustrazioni reagiremo con tristezza, rabbia e rancore.
L’approccio positivo amplia il nostro sguardo sul mondo, invece quello negativo ci fa vedere prima quello che porta i problemi e le preoccupazioni. Se osserviamo il mondo con uno spirito aperto, fiducioso e curioso troveremo le cose più belle e più buone. Se guardiamo il mondo con uno sguardo chiuso e timoroso troveremo solo cose brutte e paurose. Se guardiamo tutto con sospetto diventiamo degli esseri limitati e infelici, perché solo la positività ha il potere di allargare il mondo.
Generalmente si dice che l’accellerazione, l’apertura e l’espansione sono le naturali conseguenze della nostra positività. Perciò le persone positive sono adatte agli ambienti sicuri e sanno vivere in pace. La positività ci dona molte altre virtù, infatti ci consente di avere un migliore autocontrollo sulla nostra vita. Ci possiamo porre degli obiettivi più a lungo termine con la fiducia di poterli perseguire. Invece le persone che restano coinvolte solo nelle situazioni dolorose rischiano di fare delle scelte che sono al di sopra delle loro forze e delle loro capacità.
Esistono molte idee sbagliate come quelli di alcuni leaders che pensano che il buonumore e il benessere può causare il lassismo perciò impongono ritmi troppo stressanti credendo che il lavoro migliora con un clima molto competitivo. Ma la scienza dice che il benessere attiva meglio la memoria, rende più aperti alle critiche e stimola un maggiore amore per il proprio lavoro. L’unica cosa che ci rassicura è sapere che, se più siamo consapevoli e informati su questi meccanismi, non saremo abbindolati dagli ignoranti che ci vogliono condannare a essere una struttura immutabile.
Sappiamo che il negativo ci fa fissa sui dettagli, che ci fossilizza sulle inezie e che favorisce la mania per le verifiche eccessive. Perciò è il negativo che stimola lo sviluppo di comportamenti ossessivi e compulsivi. Se le persone vengono spinte a rallentare l’interesse per il mondo, vengono spinte anche a prendersi minor cura di loro stessi perciò trascurano anche la loro salute. La tristezza ci induce a cercare stimoli allettanti nel cibo, nell’alcool e in altri piaceri che vengono percepiti come “piaceri proibiti.”
Lo stato depressivo ci spinge verso comportamenti autodistruttivi che sono seguiti dai sentimenti di colpa. E, un senso di colpa inconscio o cosciente, ci rende ben poco indulgenti verso noi stessi e molto più inclini a punirci duramente per tutte le nostre trasgressioni: questo è il rischio innescato dalla negatività. Il rischio è quello di restare invischiati nel circolo vizioso dell’autopunizione e avere un'aggravarsi del male. Per tutte queste ragioni non dobbiamo trascurare di coltivare ogni minimo piacere che ci viene anche dalle cose semplici come una bella passeggiata oppure la compagnia dei nostri più cari amici.
E dobbiamo farlo, soprattutto se pensiamo che stiamo cadendo nella malinconia. Al contrario di ciò che si pensa, la sensazione di star male non ci impedisce di avere momenti molto positivi. Molti stati d’animo sono fatti di un misto di negativo e di positivo. Al contrario di ciò che si crede non è strano sentire la vita con un misto di sensazioni di benessere e di malessere. Per molti anche lo stress diventa un'occasione per sentire delle sensazioni eccitanti seppure anche molto logoranti.
La felicità non è mai una condizione fissa e statica. Il benessere è anche l'alternarsi di benessere e di malessere molto intensi. Al contrario di quello che sembra è la bassa tonalità di percezione che ci porta al vuoto dell’apatia. Per fortuna la vita ci offre più facilmente degli stati d’animo fluttuanti piuttosto che emozioni molto intense, e questa è la nostra maggiore benedizione.
È una gran fortuna poter vivere una vita che ci permette di costruire una visione sensibile e acuta con avvenimenti poco stressanti. Avere un approccio delicato con la vita e saper costruire una percezione sottile e acuta è una vera rarità. Per questo motivo tutti i maggiori maestri ci raccomandano di imparare ad accogliere anche gli stati più negativi, perché saper accettare e coltivare tutti i propri stati d’animo è una enorme fonte di ricchezza.
Buona erranzaSharatan